lunedì 8 aprile 2019

I CCF sono politica fiscale, non politica monetaria


Marco Mori fa notare che l’articolo 3 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) afferma (comma 1c) che, tra i settori in cui l’Unione ha competenza esclusiva, rientra la “politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro”.

Ne tra quindi la conclusione che il progetto Moneta Fiscale / Certificati di Credito Fiscale costituirebbe una violazione di quell’articolo.

Ma è una conclusione sbagliata.

La politica fiscale è l’insieme degli atti posti in essere da uno Stato per definire dimensioni e allocazione della spesa pubblica, nonché dimensioni e ripartizione del prelievo di tasse, imposte, accise, contributi eccetera.

La politica monetaria riguarda invece gli interventi sui tassi d’interesse e sul credito, nonché la regolamentazione delle istituzioni finanziarie.

E’ quindi evidente che emettere MF / CCF è un’azione di politica fiscale, non di politica monetaria.

Immaginiamo, del resto, che lo Stato emetta titoli di Stato e li assegni direttamente a cittadini e aziende, ad esempio per pagare stipendi di dipendenti pubblici e forniture della pubblica amministrazione. E che promuova anche un circuito che consenta ai possessori di titoli di Stato di scambiarseli direttamente (se lo desiderano) per regolare transazioni private.

In effetti è quello che noi del Gruppo Moneta Fiscale intendiamo fare con i CCF.

Sarebbe un’azione molto meno efficace se realizzata con gli attuali titoli di Stato e non con i CCF, in quanto non otterrebbe il risultato di evitare la formazione di nuovo deficit pubblico e nuovo debito pubblico ai sensi del trattato di Maastricht (ricordo che i CCF NON rientrano nel Maastricht Debt, al contrario dei titoli di debito).

Però potrebbe comunque dar luogo a risultati interessanti, quali (1) la possibilità di collocare debito pubblico senza costi di intermediazione da pagare al settore finanziario, e (2) l’incremento di liquidità dei titoli di debito.

E’ evidente che un’azione di questo tipo sarebbe semplicemente una diversa modalità per condurre la politica fiscale. Non costituirebbe un’azione di politica monetaria.

Tra l’altro, Stefano Sylos Labini ricorda che la tangente Enimont fu pagata in titoli di Stato. E nel caso in cui si ritenga l’esempio un po’ dubbio, visto che si trattava di una transazione illecita (Sergio Cusani si è fatto otto anni a San Vittore per questo…), a me personalmente è accaduto di negoziare più di una transazione immobiliare con pagamento in titoli di Stato.

Utilizzare i titoli di Stato, e domani i CCF, come strumento di scambio non è quindi nulla di inusitato.

Ed emettere CCF è politica fiscale, non politica monetaria.


6 commenti:

  1. Ma il fatto che il ccf funzioni come una (quasi) moneta negli scambi, non darebbe la scusa all'Ue per bloccarlo ?

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    1. Quasi-monete ce ne sono tante altre, ad esempio il Sardex, e nessuna è stata bloccata (anzi una quota della sua società di gestione è stata acquistata da una finanziaria del Ministero dello Sviluppo Economico).

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    2. Giusto ma il ccf funziona a livello nazionale non locale e riguarda cifre ben più ampie (200 mld). Infatti finora non l'hanno applicato e potevano farlo

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    3. Il Sardex ha già esteso la sua attività, tramite società collegate, a molte altre regioni italiane. Le dimensioni non sono naturalmente le stesse a cui puntiamo noi, ma se ci fosse una violazione dei trattati sarebbe tale a prescindere dalla dimensione. Il punto è che la violazione non c'è, né con il Sardex né con i CCF.

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    4. Allora diciamo che il problema è un altro: forti interessi contrari sia esterni che anche (e soprattutto) interni.

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    5. Infatti. Ma è giusto aver chiaro il quadro normativo, e confutare le affermazioni secondo cui i CCF violerebbero trattati o regolamenti UE.

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