domenica 16 giugno 2013

Una conversazione con Warren Mosler


Warren Mosler è in queste settimana in Italia per il ciclo di incontri sulla Modern Monetary Theory organizzato da Paolo Barnard.
 
Un paio di mesi fa (tra il 4 e il 5 aprile per la precisione) su suggerimento di Walter Impellizzeri ho avuto con Mosler (molto cortese e disponibile, come sempre) uno scambio di opinioni via e-mail in merito al progetto Certificati di Credito Fiscale. Lo riporto qui di seguito.
 
MC Ti allego due articoli, qui e qui, relativi al progetto. L’idea è di mettere in grado l’Italia (e altri paesi dell’eurozona) di emettere strumenti monetari in grado di (i) sostenere la domanda e (ii) ridurre la tassazione del lavoro in modo da compensare la differenza di competitività tra Germania ed Europa Meridionale.
 
Questo consente di ripristinare la piena occupazione in Europa e rende sostenibile l’euro.
 
Mi piacerebbe ricevere i tuoi commenti. Sto cercando di suscitare interesse sul progetto a livello di media e nel mondo politico. Alcuni deputati recentemente eletti nelle liste M5S stanno esaminando la cosa.
 
WM Ho visto. Funzionerebbe. Il problema naturalmente è che i critici lo vedrebbero come un incremento di debito, in violazione del limite del 3% fissato dall’Unione Europea.
 
MC Grazie, quanto dici mi conferma che lo schema concettuale è corretto ! Il limite del 3% non viene violato perché non si sta emettendo debito destinato a essere rimborsato. Tra due anni, i Certificati scadranno e a parità di condizioni questo riduce gli incassi statali, ma la ripresa dell’economia produrrà maggior gettito, il che compenserà questo effetto. Le proiezioni ne tengono conto.
 
WM Chiaramente sul concetto sono d’accordo, la mia preoccupazione è solo l’atteggiamento del “pensiero dominante”.
 
MC Se per pensiero dominante intendi Bruxelles, anch’io non sarei sorpreso da una posizione critica… mi pare tuttavia che sarebbero in difficoltà nel cercare di bloccare una soluzione che evita il break-up dell’euro e nello stesso tempo consente l’uscita dell’Europa Meridionale dalla depressione.
 
WM Me lo auguro ! mi sono chiare le analogie funzionali della tua proposta con i “Mosler Bonds”, che abbiamo presentato ai ministri delle finanze sia in Irlanda che in Grecia. Erano interessati ma poi ci hanno detto di essere stati bloccati dalla Germania. Ho presentato la cosa anche a un economista tedesco del Fondo Monetario Internazionale, ma non si è più fatto sentire.
 
MC Ti hanno spiegato in che modo i tedeschi li hanno bloccati ? avevano uno strumento per farlo o è stata “moral suasion” ?
 
WM IMmoral suasion…
 
MC Continuo a chiedermi se sono immorali o semplicemente stupidi.
 
WM Un misto delle due cose, probabilmente.
 
 
I Mosler Bonds, o Tax-Backed Bonds, sono titoli di Stato che vengono emessi con una clausola contrattuale tale per cui il titolare ha la possibilità di utilizzarli per pagare imposte dello Stato emittente (in alternativa a riceverne il rimborso in euro).
 
I TBB erano stati concepiti durante la prima fase della crisi dei debiti sovrani dell’eurozona. Il problema allora emerso era il pesante incremento dei tassi d’interesse del debito pubblico di Grecia, Irlanda e Portogallo. I TBB conservano valore anche se lo Stato emittente non è in grado di rimborsarli in euro – in quanto sono comunque utilizzabili per pagare imposte. Titoli di Stato emessi con questa clausola sarebbero sicuramente più appetibili, e quindi meno costosi per l’emittente, rispetto a quelli tradizionali.
 
I TBB sono stati in effetti una delle mie fonti d’ispirazione per il progetto Certificati di Credito Fiscale: fanno infatti luce sul concetto che un titolo utilizzabile per pagare obbligazioni verso lo Stato ha natura di moneta e conserva sempre e comunque un valore.
 
Altra fonte d’ispirazione, per lo stesso motivo, sono stati i MEFO bills di Hjalmar Schacht.
 
Rispetto a questi schemi, l’aspetto innovativo dei Certificati di Credito Fiscale è il loro utilizzo per ridurre la tassazione sul lavoro, compresa la parte che grava sulle aziende. Questo consente di abbassare il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) nei paesi meno competitivi dell’eurozona, riportandolo ai livelli tedeschi.

Si risolve così un problema basilare dell’euro, la differenza di CLUP tra i veri paesi e i conseguenti sbilanci commerciali.
 
I paesi dell’unione monetaria non possono più compensare queste differenze tramite riallineamenti valutari e la strada della deflazione salariale dei paesi in difficoltà si è dimostrata (come ampiamente prevedibile e previsto) economicamente e socialmente catastrofica.

7 commenti:

  1. Ma sai Marco,
    greci, portoghesi, spagnoli e ciprioti stanno probabilmente patendo più di noi e, nonostante ciò, per ora, non ho visto nulla che si possa neanche lontanamente paragonare ad una sollevazione di massa. I tedeschi hanno già tirato storicamente la corda e può essere che calcolino di farcela questa volta senza arrivare a punti di non ritorno come ai tempi di Neville Chamberlain. In questo caso avremmo semplicemente una mezzogiornificazione, marginalizzazione dell'Italia intera insieme agli altri paesi del sud-Europa. In caso di rifiuto della Germania a negoziare anche proposte moderate come la tua, sic stantibus rebus, mi sembra l'esito più probabile.
    Ciao.

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    1. In realtà la mia proposta è moderata appunto in quanto non chiede NIENTE alla Germania... non va negoziata ma semplicemente messa in atto.
      Quanto alla mezzogiornificazione, ricordiamoci che la si è potuta fare e sostenere per 150 anni perché nell'ambito dello Stato unitario si sono attivati i trasferimenti nord-sud. Che in Europa non si faranno. E questa, come a te è chiarissimo, è un'ottima notizia.

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    2. Certamente ci si arrivò Marco ma, purtroppo, viene spesso dimenticato -perché la storia non è in genere appannaggio dei perdenti- l'episodio del brigantaggio postunitario per il quale ti rimando alla voce in italiano di wiki. Anche allora si mandarono a mare le condizioni di molti per fare l'interesse di pochi. L'imposizione da parte dei Sabaudi di inasprimenti normativi e fiscali, la privatizzazione dei terreni demaniali ecc. potrebbero richiamare inquietanti analogie con alcune tendenze presenti ed una possibile ragione per la quale élites dominanti e miopi non necessariamente solo tedesche potrebbero opporsi anche a proposte come la tua.
      Ciao!

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    3. @Carlo quella però fu un'annessione, economicamente deleteria (per come fu condotta) sia per il Sud che per il Nord. Non per certe élites del Nord, sono d'accordo. L'Europa di oggi è diversa perché i tedeschi non hanno voglia di annettere niente. L'euro gli ha creato le condizioni per conseguire vantaggi economici che vorrebbero mantenere ma che (con l'assetto di oggi) sono insostenibili, anzi in buona parte sono già venuti meno.

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  2. Marco sentendo oggi Berlusconi ritengo la tua proposta più papabile dal PDL piuttosto che dal M5S come da un tuo articolo precedente.
    Non ti sembra?
    Ciao,Giovanni.

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    1. Se il mondo andasse a logica, dovrebbe essere papabile per chiunque - schieramenti politici italiani, stranieri, UE, BCE, USA, Germania, Cina, FMI. Io però sto ancora combattendo con il problema di farla conoscere e capire a chi può decidere...

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  3. Questo commento rimanda a un report prodotto da JP Morgan in data 28.5.2013 e il paragrafo significativo è il seguente:
    The journey of national political reform
    At the start of the crisis, it was generally assumed that the national legacy problems
    were economic in nature. But, as the crisis has evolved, it has become apparent that
    there are deep seated political problems in the periphery, which, in our view, need to
    change if EMU is going to function properly in the long run.
    The political systems in the periphery were established in the aftermath of
    dictatorship, and were defined by that experience. Constitutions tend to show a
    strong socialist influence, reflecting the political strength that left wing parties gained
    after the defeat of fascism. Political systems around the periphery typically display
    several of the following features: weak executives; weak central states relative to
    regions; constitutional protection of labor rights; consensus building systems which
    foster political clientalism; and the right to protest if unwelcome changes are made to
    the political status quo. The shortcomings of this political legacy have been revealed
    by the crisis. Countries around the periphery have only been partially successful in
    producing fiscal and economic reform agendas, with governments constrained by
    constitutions (Portugal), powerful regions (Spain), and the rise of populist parties
    (Italy and Greece).
    There is a growing recognition of the extent of this problem, both in the core and in
    the periphery. Change is beginning to take place. Spain took steps to address some of
    the contradictions of the post-Franco settlement with last year’s legislation enabling
    closer fiscal oversight of the regions. But, outside Spain little has happened thus far.
    The key test in the coming year will be in Italy, where the new government clearly
    has an opportunity to engage in meaningful political reform. But, in terms of the idea
    of a journey, the process of political reform has barely begun.
    Sarebbe il caso di chiedere al governo italiano e alle autorità UE se e in che misura si riconoscono in questa analisi... mi auguro naturalmente che si tratti del delirio etilico di un paio di giovani analisti londinesi.

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