lunedì 10 novembre 2014

Due riflessioni sull’eurocrisi (una corretta, l’altra no)


Simon Wren-Lewis, economista britannico che ha significativamente contribuito a far prendere al Regno Unito una decisione MOLTO appropriata (non entrare nell’euro…) nella parte conclusiva di un recente articolo afferma quanto segue:

“Le riforme strutturali possono essere, o non essere, desiderabili in molti paesi, e forse anche in Germania, ma non hanno nulla a che vedere con la necessità di incrementare il livello di domanda aggregata nell’Eurozona nel suo complesso.”

Questa affermazione è totalmente corretta.

“Per quanto riguarda gli squilibri di competitività all’interno dell’Eurozona, il problema sorge da uno shock deflazionistico avvenuto in Germania.”

Per “shock deflazionistico” Wren-Lewis intende gli effetti delle riforme Hartz e dell’introduzione dei mini-job in Germania, che hanno prodotto un contenimento della crescita dei salari al di sotto dell’incremento della produttività, e creato uno sbilancio tra competitività tedesca e del resto dell’Eurozona. Che in regime di cambi flessibili avrebbe potuto essere compensato dal riallineamento delle valute, impossibile invece nell’ambito di un’unione monetaria.

“Il posto naturale dove guardare per una soluzione non sono riforme strutturali fuori dalla Germania, ma un periodo di inflazione sopra la media in Germania, ed è nell’interesse di ogni altro paese dell’Eurozona che ciò avvenga”.

Qui invece Wren-Lewis si sbaglia, per due motivi: il riallineamento di competitività ottenuto per questa via (i) richiederebbe diversi anni, e (ii) è, comunque, totalmente inaccettabile (in primo luogo sul piano politico) per i tedeschi.

Il problema può invece essere risolto con altre azioni, di effetto immediato.

O l’euro si spezza, e si mette in atto un riallineamento dei cambi.

Oppure viene messa in atto una consistente riduzione dei costi produttivi dell’Eurozona sud, senza abbassare le retribuzioni bensì riducendo (in particolare) la fiscalità che grava sui costi di lavoro lordi (quindi sul cuneo fiscale).

Siccome è anche necessario che (vedi la prima affermazione sopra citata) la domanda aggregata totale dell’Eurozona salga, questa riduzione di fiscalità deve essere finanziata a deficit, non incrementando altre tasse o riducendo altre spese.

Come agire per ottenere ciò, lo trovate esposto in vari articoli di questo blog, per esempio qui.

Finanziamento del deficit con debito garantito dalla BCE.

Oppure con moneta emessa dalla BCE.

O, in modo autonomo e indipendente, paese per paese, mediante emissione di una nuova moneta nazionale, quali i Certificati di Credito Fiscale.

9 commenti:

  1. "Finanziamento del deficit con debito garantito dalla BCE."

    - è una svalutazione monetaria che non risolve i problemi. la fed stampa moneta ma al tempo stesso il tesoro regola la fiscalità. in europa i singoli tesori continuano ad essere separati.



    "Oppure con moneta emessa dalla BCE."

    - Draghi lo sta facendo tamponando le crisi di liquidità sul debito a corto termine ma non risolve il problema del debito a lungo termine eccessivo dei singoli paesi.



    "Mediante emissione di Certificati di Credito Fiscale".

    sono moneta in competizione con l'euro e quindi destabilizzanti. il loro stesso annuncio manderebbe in bank run l'euro. chi si fida dello stato italiano alzi la mano.

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    1. Finanziamento del deficit con debito garantito dalla BCE."
      - è una svalutazione monetaria che non risolve i problemi. la fed stampa moneta ma al tempo stesso il tesoro regola la fiscalità. in europa i singoli tesori continuano ad essere separati.
      Risposta: il deficit va finanziato al livello necessario per ripristinare adeguate condizioni di funzionamento dell'economia. Che è più alto di quello odierno.


      "Oppure con moneta emessa dalla BCE."
      - Draghi lo sta facendo tamponando le crisi di liquidità sul debito a corto termine ma non risolve il problema del debito a lungo termine eccessivo dei singoli paesi.
      Risposta: Draghi sta garantendo il debito, ma non il maggior deficit necessario a riportare le economie in corrette condizioni di occupazione delle risorse produttive. Vedi sopra. In questa situazione il problema di lungo termine non è risolto, certo: si è messo un cerotto ma si continua a impedire la ripresa.


      "Mediante emissione di Certificati di Credito Fiscale".
      sono moneta in competizione con l'euro e quindi destabilizzanti. il loro stesso annuncio manderebbe in bank run l'euro. chi si fida dello stato italiano alzi la mano.
      Risposta: il mercato ha SEMPRE sottoscritto il debito pubblico italiano quand'era espresso in moneta sovrana. Tanto è vero che siamo entrati nell'euro con il rapporto al 120%... L'Italia non è mai andata in default nella sua storia (la Germania quattro volte...)

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    2. il deficit va ripristinato alle condizioni che dite voi solo con l'unione della fiscalità. oppure ognuno torni a casa sua accettando almeno 10 anni di disastri sociali che sono peggio del default stesso.

      l'italia ha fatto moltissimi default e guerre con milioni di morti e l'ultimo default lo sta facendo fare ai redditi variabili, alle imprese, ai commercianti e ai creditori dello stato non pagati e alle banche costrette a sostenere il default dello stato provocando il credit crunch.

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    3. Ma tutto questo è la conseguenza di un sistema che manda l'economia in deflazione.
      L'unione fiscale non è politicamente accettata, quindi effettivamente ognuno deve "tornare a casa sua". Noi stiamo spiegando come è possibile farlo. Evitando, appunto, disastri sociali che altrimenti durerebbero ben più di dieci anni.

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    4. ha ragione. ma prima di arrivare ad una unione fiscale vera e politica per la quale ci vorranno "millenni", esistono varie forme di condivisione del debito senza unire i debiti nazionali ma creando un debito europeo e dando agli stati tempo di fare riforme dando loro moneta (non austerità) senza monetizzare il debito perché si userà moneta esistente ferma in bce delle banche. se non si farà questo allora vuol dire che la germania non vuole afftatto l'europa non per colpa del debito ma non la vuole comunque anche se fossimo tutti al 60%. ma a quel punto i mercati non saranno affatto pacifici col surplus tedesco. così come non lo furono coi carri armati verso la francia e verso la russia.

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    5. Quello che lei delinea si può ottenerlo con il nostro progetto, se attuato in forma collaborativa e consensuale.

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    6. non serve a niente aggirare i problemi. bisogna affrontarli. con o senza euro, i problemi italiani non spariscono. c'erano prima dell'euro e ora si sono accumulati a livello insostenibile proprio perché non risolti. l'austerità li ha solo messi in luce di fronte a tutti.

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    7. Confronti il trend del PIL di Regno Unito, Giappone e Italia dal 2008 in poi. Fino a metà a 2011, identico. Poi, loro guadagnano 5% di PIL in tre anni, noi perdiamo il 5%. Dieci punti di differenza ! Cumulati a tutt'oggi 400 miliardi di PIL buttato via dall'Italia. Che c'entrano i "problemi che non sono stati affrontati" ? gli altri hanno riempito il serbatoio, noi con l'austerità l'abbiamo svuotato. Un esempio di incompetenza autolesionistica, da parte dei politici italiani e UE, che non sarei mai riuscito a concepire se non l'avessi visto accadere.

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    8. non può paragonare una economia socialista con una di mercato. sono due mondi opposti. l'italia si basa sull'assistenza come valore mentre gli altri sul mercato) come valore sociale.

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