sabato 7 marzo 2015

Introduzione all'ebook

Vi avevo detto che la versione precedente non era definitiva. Qui ci sono alcuni elementi in più...
 
Questo ebook si propone di illustrare un progetto e un appello per l’introduzione di una nuova moneta fiscale nazionale in Italia e nei paesi periferici dell’Eurozona. Il progetto è, nello stesso tempo, semplice ed innovativo. Proponiamo che i singoli stati emettano titoli utilizzabili per ridurre i pagamenti di tasse e di qualsiasi altra forma di obbligazione finanziaria futura verso la pubblica amministrazione nazionale. Si tratta quindi di sconti fiscali che diventano una forma di “quasi-moneta” e possono essere utilizzati per attuare politiche economiche espansive, e per portare le singole economie nazionali fuori dall’attuale condizione di “trappola della liquidità”.
L’appello nasce dalla collaborazione di un gruppo di persone provenienti da variegate attività professionali e di ricerca. Un gruppo che include docenti universitari ed economisti non accademici, operatori nel campo della consulenza aziendale e finanziaria e delle attività d’investimento, collaboratori di istituzioni monetarie e bancarie sovranazionali.
Attraverso vari percorsi, siamo stati mossi da un genuino interesse scientifico che ci ha spinto ad analizzare le cause e le possibili soluzioni dell’attuale contesto economico, riguardo in particolare all’Europa e all’Eurozona. Ma a questo interesse si è accompagnata, e va considerata predominante, la volontà non solo di analizzare ma anche e soprattutto di proporre e di agire, di dare con passione il nostro contributo per portare il nostro paese e il nostro continente ad uscire da una pesantissima, assurda situazione di disagio economico.
Assurda nel senso che non esistono fattori esterni, oggettivi, che rendano difficile risolverla. La maggior parte di noi sono sufficientemente anziani per aver vissuto gli anni Settanta, gli shock petroliferi, l’inflazione a due cifre. Anni complicati per le nostre economie e per le nostre società, dove le difficoltà avevano però un’origine ben chiara e ben identificata: la lievitazione del prezzo di una materia prima (il petrolio) di importanza chiave per i sistemi produttivi (allora ancora più di oggi).
I disagi economici nascevano da fattori geopolitici che nessun paese europeo aveva consapevolmente creato. Furono gestiti e affrontati. Non perfettamente perché nulla è perfetto. Non con la maggiore efficacia possibile, o nei tempi più rapidi. Ma si lavorava per risolvere un problema, che alla fine fu risolto.
Oggi stiamo, al contrario, attraversando una crisi deflattivo-depressiva. A seguito di una catena di effetti avviata dalla crisi finanziaria del 2008, si è venuta a determinare una carenza di potere d’acquisto e di domanda, analoga a quella sperimentata negli anni Trenta dalla maggior parte delle economie avanzate, e nata da cause analoghe.
 
A proposito della crisi degli anni Trenta, John Maynard Keynes affermava che “si tratta solo di un meccanismo inceppato. Ma se abbiamo la batteria che non funziona, non è il caso di pensare per questo che l’automobile ha fatto il suo tempo e che bisogna tornare al tram a cavalli.” (“Esortazioni e profezie”, Ed. Il Saggiatore, Milano 2011, pag. 214).
Oggi come allora, la soluzione immediata per riaccendere il motore dell’economia, farlo ripartire e risolvere il gravissimo problema della disoccupazione dilagante e delle crescenti divaricazioni economiche e sociali all’interno dell’Eurozona, è concettualmente semplice, addirittura banale: immettere potere d’acquisto nel sistema economico, con azioni di sostegno della domanda (spesa pubblica, incentivi alla spesa privata, minori tasse) finanziate da emissione di moneta. I nemici da combattere sono la depressione della domanda (la sua carenza rispetto alle capacità produttive dei sistemi economici) e il conseguente rischio di deflazione. Emettere moneta, sostenere la domanda, rimettere le risorse produttive al lavoro, ridurre la disoccupazione sono politiche attuabili con grande efficacia e senza costi.
Eppure, oggi come allora, le origini del problema vengono negate. L’Eurozona ha adottato un sistema di trattati, un insieme di meccanismi di governo delle economie degli stati membri, che sta inasprendo e protraendo, senza nessuna soluzione in vista, una crisi che poteva essere risolta da anni. Si impongono agli stati politiche restrittive della domanda come se la moneta avesse un costo di emissione, con l’effetto di distruggere potere d’acquisto e alimentare disoccupazione.
La crisi in corso viene spesso definita crisi dell’euro, della moneta unica europea. Come avviene per qualsiasi definizione sintetica, tuttavia, l’etichetta rischia di semplificare il problema all’eccesso. L’Eurozona è in crisi profonda non perché l’euro non possa essere gestito in modo da conciliare pieno impiego e stabilità monetaria, ma per fattori politici. Le politiche espansive servono in alcuni dei diciannove stati membri ma non (o non allo stesso livello) in tutti: la mancanza di accordo sugli interventi necessari a risolvere la crisi è strettamente collegata a questo dato di fatto.
Non c’è dubbio che sia possibile modificare in modo appropriato il sistema di governo economico dell’Eurozona, ma il consenso necessario appare lontanissimo dal poter essere conseguito.
E non c’è dubbio che ritornare a un sistema di monete nazionali e a un regime di cambi flessibili creerebbe presupposti adeguati a superare la crisi: ma la rottura del sistema mediante breakup è tecnicamente, operativamente, politicamente complessa e pericolosa.
Se non si riesce a far funzionare l’euro come moneta unica, e “spaccarlo” è un processo difficile e insidioso, la situazione è senza via d’uscita ?
In realtà, e per fortuna, le cose stanno diversamente.
Stefano Sylos Labini, insieme a Giorgio Ruffolo, aveva concentrato la sua attenzione sulle politiche adottate da Hjalmar Schacht tra il 1933 e il 1937, e aveva preso in considerazione la possibilità di utilizzare titoli pubblici come moneta complementare all’euro. Schacht, contemporaneamente ministro dell’economia e governatore della banca centrale tedesca, superò brillantemente i vincoli e i controlli che il trattato di Versailles imponeva alla Germania finanziando politiche di lavori pubblici e di sostegno della domanda mediante emissione di titoli (i “MEFO bills”) di natura “quasi-monetaria”, in quanto traevano il loro valore dall’accettazione da parte dello stato, anche per onorare impegni finanziari pregressi (quali le tasse) nei suoi confronti.
Indipendentemente, Marco Cattaneo, riflettendo sul medesimo episodio storico, intravide il nesso tra i “MEFO bills” e i “tax-backed bonds” (TBB) proposti a inizio 2012 da Warren Mosler e Philip Pilkington per calmierare i costi di emissione del debito pubblico nei paesi periferici dell’Eurozona. Da qui nasce la possibilità di creare una Moneta Fiscale nazionale, i Certificati di Credito Fiscale (CCF), utilizzabili per espandere domanda e occupazione nella misura appropriata paese per paese, e anche per attuare i riallineamenti di competitività che, nell’ambito di un’unione monetaria, non sono gestibili mediante fluttuazioni delle parità di cambio.
Il progetto è stato ulteriormente sviluppato con Giovanni Zibordi e con Biagio Bossone (Marco Cattaneo / Giovanni Zibordi, “La soluzione per l’euro: 200 miliardi per rimettere in moto l’economia italiana”; introduzione di Biagio Bossone, prefazione di Warren Mosler, ed. Hoepli, Milano, 2014) in particolare approfondendo le modalità di introduzione di CCF e TBB che meglio rispondono alla necessità di garantire la solvibilità dei creditori esteri dei vari stati, il potere d’acquisto dei cittadini residenti, e in generale la stabilizzazione finanziaria del sistema.
Luciano Gallino ed Enrico Grazzini hanno esaminato e approfondito i riflessi politici e sociali delle azioni di politica economica proposte, sposandone la logica e le finalità e suggerendo come ottimizzarne le valenze di equità sociale e di democratizzazione dell’economia e della politica europea. Tutto ciò, anche alla luce delle riflessioni che Gallino e Grazzino da tempo stanno sviluppando in merito ai meccanismi su cui si fonda il capitalismo finanziario oggi dominante.
Altri studiosi e professionisti stanno, in numero via via crescente, aderendo all’appello: l’ebook accoglie contributi di alcuni di loro – Maria Luisa Bianco, Massimo Costa, Guido Ortona, Richard Wood – che mettono in luce varie altre tematiche di implementazione del progetto (quali l’applicazione a politiche di sostegno del pubblico impiego) e lo esaminano inoltre sotto il profilo macroeconomico, normativo e contabile.
L’ebook contiene anche articoli di Robert Parenteau, di John Cochrane e del ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, che in modo indipendente hanno anch’essi diffuso, negli ultimi due anni, proposte in merito all’utilizzo di sconti e titoli fiscali per effettuare azioni macroeconomiche espansive.
 
E’ nostra ferma intenzione proseguire e rafforzare non solo l’attività di ricerca che si è sviluppata intorno al Progetto Moneta Fiscale, ma anche e soprattutto di divulgazione, comunicazione e sensibilizzazione delle forze politiche. Superare l’attuale crisi finanziaria ed economica e le sue pesantissime conseguenze sociali è un passaggio fondamentale per la democrazia, per il benessere e per la civile e concorde convivenza dei popoli europei.

9 commenti:

  1. anche coloro che non condividono la proposta e l'interpretazione di base di alcune teorie, inviano un caloroso sostengo all'iniziativa e un in bocca al lupo per un banale motivo, ovvero purché si parli di economia e la si diffonda va sempre bene. è un passo di civiltà. sarà poi il tempo a selezionare le teorie che si adattano meglio alle varie situazioni.

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    1. Ringrazio. E' importante avere una teoria che funzioni. La volontà di applicarla richiederà, però, un grossissimo cambiamento di assetto politico. E' sempre più urgente che avvenga.

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  2. UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA!!!!!! GRANDE DRAGHI!!!!!!!!!!!!
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  3. Secondo me, un anello importante riguarda l'aspetto fiduciario della moneta fiscale emessa dallo Stato: per evitare una svalutazione di una moneta fiscale libera 8e non obbligata) occorre far tesoro dell'esperienza storica dell'uscita dall'iperinflazione tedesca, che comportò la creazione di un nuovo marco garantito da beni terrieri e dalle proprietà industriali dello Stato tedesco. Un simile meccanismo sarebbe, a mio avviso, importante per evitare tesaurizzazione dell'euro e svilimento della nuova moneta fiscale, come tipicamente succede per la legge di Grisham.

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    1. La garanzia in questo caso sono le entrate complessive (fiscali e non) dello stato. Il progetto è di emettere CCF che arrivano a scadenza per un importo totale annuo massimo di 200 miliardi, contro 800 (attualmente, con la ripresa aumenteranno) di entrate statali, a fronte delle quali i CCF sono utilizzabili. In questo ampio rapporto di copertura sta la garanzia.

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    2. a quel punto avverrebbe la tesaurizzazione dei ccf. chi stampa ccf lo fa proprio per il motivo contrario.
      anonimo35

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    3. E perché mai ? Ciò che ha un valore a termine definito, ha un valore (leggermente inferiore) anche prima del termine. E se ha valore, circola.

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    4. perché il valore dipende dal mercato...e non è lo stato che gestisce il mercato...milioni, miliardi di persone. i cdo e i cds avevano valore ma poi in 5 minuti sono crollati...la stessa cosa avviene con le pensioni, firmo un accordo e poi lo stato me lo cambia. molti giovani pagano oggi per una cosa che non avranno domani. ma mentre il mercato ti dà la possibilità di aggiustare la tua posizione ogni giorno, lo stato no. solo all'ultimo momento saprai se sei stato fregato o no.

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    5. Veramente in questo caso è proprio lo stato che da' valore ai CCF, accettandoli in pagamento delle tasse. Salvo togliere questo valore inflazionandoli all'eccesso: ma oggi il problema è l'opposto...

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