mercoledì 26 aprile 2017

Sergio Cesaratto, i saldi Target2 e la trimurti della pizza di fango


Sergio Cesaratto ha di recente elaborato un corposo documento in merito al tema dei saldi Target2, citando molti recenti articoli. Tra questi il mio, pubblicato su Micromega.

In una nota a piè di pagina, fornisce un’interpretazione alquanto curiosa delle mie argomentazioni, precisamente la seguente.

“Cattaneo non si esenta dal ribadire una proposizione di sapore MMT per cui basta stampare lire e offrirle nel mercato delle valute per procacciarsi gli euro per saldare i conti Target2: “utilizzare la sua ritrovata potestà di emissione monetaria per emettere NL (nuove lire) da convertire in euro sul mercato valutario – con i quali estinguere una parte del saldo verso BCE”. Questo farebbe naturalmente crollare il valore delle nuove lire. Peraltro, se bastasse la stampa di lire nella presunzione che essa sia una solida moneta di riserva, allora queste verrebbero direttamente accettate dalla BCE a regolazione dei saldi. Un’altra proposta è di “concordare swap di attività con BCE a riduzione dei saldi Target2”, ovvero la BCE ci dà euro in cambio di lire, e con quegli euro regoliamo i saldi T2: un evidente gioco delle tre carte, sempre euro dobbiamo alla BCE, prima come T2, ora come swap. Infine, si sostiene, si possono prendere i soldi a prestito: “acquisire finanziamenti garantiti dagli attivi”, sostituendo in debito con un altro!”

Cesaratto ha ritenuto necessario concludere la nota con un punto esclamativo, come se il rifinanziamento di un debito fosse una procedura di inusitata anomalia, invece di un’azione che aziende e governi effettuano su base quotidiana…

Subito dopo nel testo del documento, Cesaratto cita una mia proposta alternativa – “mantenere in vita Target2 per i pagamenti verso l’Italia”. E la commenta più avanti affermando che in questo modo “l’Italia perde valuta pregiata utile per le importazioni”. E quindi “buona fortuna ai cittadini italiani che vedrebbero la lira colare a picco e l’inflazione aumentare corrispondentemente”.

Allora, facciamo un po’ d’ordine. Le opinioni espresse da Sergio Cesaratto sono – con ogni probabilità lui non se n’è reso conto, ma è così – una riedizione della “teoria della pizza di fango”, cara a tanti opinionisti di quelli che una volta si definivano da bar e che oggi hanno a disposizione blog e social network per diffondere le loro opinioni con maggiore agio. La teoria, sic et simpliciter, è che la reintrodotta nuova lira sarebbe una moneta sostanzialmente senza valore, non in grado di essere scambiata sul mercato dei capitali a nessun rapporto di cambio sensato, come se non fosse l’unità di conto e di scambio di un paese da quasi 1.700 miliardi di PIL (una delle prime dieci economie mondiali, nonostante tutto).

Abbiamo naturalmente esempi di paesi il valore della cui moneta si è disintegrato per effetto di un volume di emissioni e di circolazione di potere d’acquisto abnorme rispetto alle capacità produttive dell’economia. E si inquadrano in tre casistiche:

Paesi la cui economia è fortemente dipendente da una materia prima il cui prezzo è crollato sul mercato internazionale.

Paesi funestati da violenti fenomeni di instabilità politica, ai limiti o oltre i limiti della guerra civile, con conseguente crollo della produzione economica.

Paesi in cui le medesime conseguenze sono state prodotte dall’occupazione militare straniera di una parte significativa delle proprie risorse economiche e del proprio apparato produttivo.

Insomma, la trimurti  Venezuela – Zimbabwe – Weimar, con cui gli opinionisti da bar si illudono di controbattere le tesi di chi propone manovre keynesiane di stimolo della domanda, finanziate con emissione monetaria – o di debito in moneta sovrana, o di moneta nazionale parallela quali i CCF / MF.

Queste manovre funzionano se l’azione espansiva riporta la domanda a livelli allineati con la capacità produttiva del sistema economico, ed hanno quindi un senso se esiste un rilevante output gap, alti livelli di disoccupazione e sottoccupazione, pesante sottoutilizzo del potenziale produttivo delle aziende: che è la situazione dell'Italia oggi. Altrimenti produrrebbero solo inflazione, e in quel caso non mi affannerei certo a sviluppare e a promuovere il progetto CCF / Moneta Fiscale.

Ma, ci dice Cesaratto, qui non abbiamo solo il tema di emettere moneta (o suoi equivalenti) per produrre la ripresa della domanda ed eliminare l’output gap, abbiamo anche quello di gestire l’uscita dall’Eurosistema e l’estinzione del saldo Target2. Bene, si tratta appunto del rifinanziamento di un debito estero, dell’ammontare di 358 miliardi di euro a fine 2016 (sarebbero 312 al netto di alcune poste attive compensative, ma trascuriamole), equivalenti a 465 miliardi di Nuove Lire nell’ipotesi di una svalutazione del 30%.

L’Italia nel 2016 ha prodotto un saldo attivo delle partite correnti di 45 miliardi di euro (il saldo dell’interscambio di beni e servizi è ancora più positivo, 58 miliardi) e la “net international investment position” – il saldo netto tra tutte le attività e passività patrimoniali italiane verso l’estero – era passivo solo per il 15% del PIL, ovvero 250 miliardi di euro. In effetti esclusi i saldi Target2 (che sono compresi nei 250) l’Italia detiene un’eccedenza di attivi patrimoniali all’estero rispetto ai passivi.

Immaginate un’azienda che sviluppa un valore aggiunto di 1.700 milioni di euro (il PIL italiano in milioni invece che in miliardi). Se il valore aggiunto è pari al 40% del fatturato (grosso modo il dato medio per l’aggregato delle aziende nazionali) quest’ultimo (il fatturato) è pari a 4.250 milioni. Il debito finanziario netto di questa azienda “similItalia” – 250 – sarebbe circa il 6% del fatturato. C’è da gestire la sostituzione di una linea di credito da 465 milioni, l’11% del fatturato, quindi con ogni probabilità meno del suo capitale circolante netto (che tipicamente si aggira sul 15-20% delle vendite).

Sarebbe perfettamente normale per questa azienda finanziare l’esposizione con debito a breve revolving, e rinnovarlo senza nessuna difficoltà di anno in anno. La sostituzione di una linea di credito di quelle dimensioni è gestibile senza ansie. Tanto più che l’azienda in questione produce un flusso di cassa netto (e per netto s’intende dedotte tutte le esigenze di investimento, dividendi, pagamenti d’imposte ecc.) di 45 milioni annui. Quindi viaggia a un ritmo che azzera in poco più di sei anni il debito finanziario netto.

La linea di credito da rifinanziare – il saldo Target2 – tra l’altro, come argomentavo nel mio articolo, non è da estinguere dalla sera alla mattina. La soluzione più logica è in effetti a mio avviso di mantenerla in essere in un’unica direzione, rendendola cioè utilizzabile per pagamenti di altri paesi dell’Eurozona verso l’Italia (ma non viceversa). Se questi pagamenti fossero tutti per esportazioni di beni e servizi, l’estinzione della linea richiederebbe non meno di due anni: l’export italiano verso il resto dell’Eurozona è infatti pari a circa 220 miliardi (nel 2016), quindi i beni e servizi esportati sono meno della metà del saldo Target2 (465, già considerata la svalutazione della Nuova Lira rispetto all'euro).

Naturalmente l’estinzione può essere ben più rapida se – e in qualche misura sicuramente questo avverrà – una parte degli utilizzi dei saldi Target2 avvenisse a fronte di investimenti finanziari e non di acquisti di beni e servizi. Ma gli investimenti finanziari, nella misura in cui si verificano, sono appunto un rifinanziamento di parte del debito – quello che tanto spaventa Cesaratto…

In ogni caso, le esportazioni saldate con Target2 sottraggono valuta all’economia italiana, e ci sarà quindi, dice Cesaratto, il problema di finanziare le importazioni. Beh a essere sinceri questo è principalmente un problema di chi esporta verso l’Italia. Che tutto sommato non mi è mai parso così in difficoltà nel gestirlo. Esperienza mia recente: dopo parecchi anni, in famiglia ci siamo finalmente decisi a rinnovare il parco automobili (parco si fa per dire, due…). Abbiamo acquistato marche estere (non eurozoniche peraltro, una giapponese e un’anglo-indiana) e ricevuto finanziamenti per oltre il 90% dell’importo totale…

Naturalmente, post svalutazione può essere che qualche produttore sia meno competitivo sul mercato italiano, e rinunci quindi ad alcune vendite. Più Fiat e meno Lexus e Jaguar quindi (ma magari anche più Audi, Bmw e Mercedes con i tedeschi che aumentano la quota di componenti acquistati in Italia). Insomma può essere che calino le importazioni nette italiane. Il che riduce di per sé il problema di finanziarle…

In sintesi, un paese con forti attivi commerciali e poco debito finanziario estero non ha problemi a rifinanziare il debito Target2, se si trova nella necessità di estinguerlo (gradualmente) nel contesto di un’azione di rilancio dell’economia abbinata a un riallineamento del cambio reale che lascia invariato il surplus commerciale.

Che sono, tra parentesi, le caratteristiche del progetto CCF / Moneta Fiscale. Il quale però non prevede la rottura dell’euro e quindi alcun ipotetico problema a fronte dei saldi Target2. Ma che tuttavia, mi si dice, Cesaratto vede con scetticismo. Ho il sospetto che non l’abbia ancora esaminato attentamente e che quindi ritenga che sia una nuova riedizione del “principio della pizza di fango”. Non è così e lo invito alla lettura di questo documento – sintetico ma, credo, completo ed esaustivo.

Mi auguro che avremo il piacere di accoglierlo tra le fila dei sostenitori. E devo dire che mi sento ottimista al riguardo, perché Sergio Cesaratto è un eccellente economista e quindi – come disse un giorno Charlie Munger a Warren Buffett – “ you will end up agreeing with me Warren, because you are smart and I am right !”


7 commenti:

  1. Sergio Cesaratto: "Non ho molto da dire. Mi riconosco nella pizza di fango Economics (come del resto ogni economista... vorrei scrivere serio, ma non voglio offendere nessuno, ma è quello che penso e da ultimo si deve essere franchi) e ora vado al bar a fare due chiacchere di economia. Però vi invito a leggervi i passi finali di questo pezzo di Godley e Rowthorn (il primo un vostro mito, non mio) circa il vincolo estero (grazie a Ramanan): https://www.concertedaction.com/2013/01/05/wynne-godley-and-the-dynamics-of-deficits-and-debts/https://www.concertedaction.com/2013/01/05/wynne-godley-and-the-dynamics-of-deficits-and-debts/

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    1. "In a balance-of-payment constrained economy, the government debt will grow without limit because the output multiplier will be too small": guardi che questo mi è perfettamente chiaro e mi pare anche risulti evidente dall'aver scritto (io) "In sintesi, un paese con forti attivi commerciali e poco debito finanziario estero non ha problemi a rifinanziare il debito Target2, se si trova nella necessità di estinguerlo (gradualmente) nel contesto di un’azione di rilancio dell’economia abbinata a un riallineamento del cambio reale che lascia invariato il surplus commerciale".

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    2. Una frase quest'ultima che implica senz'altro di tener conto dei vincoli di bilancia dei pagamenti esteri; ma anche di aver chiare le condizioni sotto le quali il vincolo non opera. Cesaratto sembra credere, al contrario, che il vincolo operi sotto qualsiasi condizione (anche con forti surplus commerciali e NIIP positiva, situazione odierna dell'Italia).

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