venerdì 23 luglio 2021

L’inflazione che i mercati NON prevedono

 

Tutti i giorni si leggono articoli e commenti in merito alle terrificanti prospettive di inflazione incontrollata a cui il mondo starebbe andando incontro. Causa, le massicce azioni espansive, fiscali e monetarie, messe in atto per superare gli effetti economici del Covid.

Le banche centrali sono invece, a giudicare dalle dichiarazioni che rilasciano, molto più rilassate. Vedono un effetto transitorio, causato prevalentemente da tre ragioni.

La prima è la confusione che si è venuta a creare a seguito della rottura delle catene di fornitura prodotta nelle fasi più acute dell’emergenza Covid. Nel periodo in cui le restrizioni agli spostamenti delle merci (oltre che delle persone) erano più pesanti, si sono formati una serie di colli di bottiglia nell’approvvigionamento di materie prime e componenti. Quando la situazione torna gradualmente alla normalità, la domanda finale riparte ma i colli di bottiglia richiedono tempo per essere sbloccati. E lungo la catena, l’anello che impiega più tempo a tornare alla normalità finisce per rallentare tutti gli altri.

Poi ci sono effetti di riorientamento della domanda che creano difficoltà di approvvigionamento difficili da superare in tempi brevi. Caso emblematico, i wafer di silicio, materiali semiconduttori necessari a produrre i circuiti integrati. Durante il blocco Covid, è esplosa la domanda di sistemi di comunicazione, specialmente video, il che sul momento è stato compensato dalla drastica frenata produttiva di altri settori che utilizzano massicciamente i circuiti integrati: caso probabilmente più rilevante l’automotive.

La domanda in questi altri settori è adesso tornata grosso modo alla normalità, ma gli utilizzi nei sistemi di comunicazione rimangono invece molto elevati – quello è in larga misura un cambiamento permanente, tutti abbiamo imparato a videochiamare, e continueremo.

Risultato, i wafer al silicio sono oggi drammaticamente scarsi, bisogna costruire nuovi impianti anche per dipendere meno dall’Asia, gli USA stanno già partendo (mentre l’Europa come di consueto si contempla l’ombelico) ma i tempi sono stimabili in 3-4 anni.

Poi, c’è il cosiddetto baseline effect, che in realtà può essere definito un’illusione statistica. I prezzi di molti beni e servizi sono caduti nella fase acuta Covid, hanno recuperato poi, ma il semplice ritorno al trend precedente crea (transitoriamente) dati di inflazione anomali. Con un’inflazione al 2%, un livello 100 nel 2019 sarebbe diventato 102 nel 2020 e 104 nel 2021. Se nel 2020 siamo a un certo punto, per qualche mese, calati a 99, il ritorno al trend (cioè a 104) implica una variazione del 5% nei corrispondenti mesi del 2021: che è però, appunto, un’anomalia contabile.

Dovrebbe essere chiaro che sono tutti fenomeni transitori. Qualcuno si esaurisce in un anno scarso, qualcuno in un paio, ma nessuno implica una discontinuità permanente, men che meno l’innesco di inflazione a due cifre o di iperinflazione.

Ma i titoli di giornale e anche i report di certe banche d’affari che sparano a tutta pagina “mercati terrorizzati dal ritorno dell’inflazione !!!” che cosa indicano, allora ?

Essenzialmente, indicano che non solo i giornalisti ma anche parecchi analisti amano il sensazionalismo. Anzi alcuni analisti anche di più e il motivo si capisce: se prevedi qualcosa di sconvolgente e magari (per caso) ci pigli, diventi il nuovo Nouriel Roubini. Se sbagli, dopo poco non se lo ricorda più nessuno.

Se i mercati sono, o non sono, terrorizzati dall’inflazione non ce lo dicono i giornalisti e neanche i report degli analisti. Esiste una misura del tutto oggettiva che è la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato a reddito fisso, e dei titoli indicizzati all’inflazione. Questa differenza è una previsione molto precisa dell’inflazione futura, formulata dalla media degli operatori di mercato (che ci scommettono sopra quantità di denaro MOLTO rilevanti).

Nel caso dei titoli di Stato USA (ovviamente in dollari), i treasuries a tasso fisso a 5, 10 e 30 anni oggi rendono rispettivamente 0,72%, 1,28% e 1,91%.

I rispettivi rendimenti per i TIPS (Treasury Inflation Protected Securities) sono invece -1,82%, -1,01% e -0,28%. Tutti tassi negativi: è prevista un’inflazione più alta dei tassi nominali, quindi tassi reali sotto zero.

La stima d’inflazione implicita in questi rendimenti è: 2,59% a 5 anni, 2,31% a 10 anni e 2,20% a 30 anni.

Queste stime sono medie di periodo. Se supponiamo che per i prossimi dodici mesi l’inflazione USA si mantenga ai livelli attuali – circa 5% - si scopre, utilizzando un po’ di matematica finanziaria, che il mercato sta prevedendo, per i VENTINOVE anni successivi, che i prezzi al consumo salgano in media… del 2% all’anno, centesimo più centesimo meno.

Intendiamoci, i mercati possono sbagliarsi e il futuro potrà magari raccontarci una storia completamente diversa. È successo tante volte.

Ma nel frattempo una cosa è chiara: “i mercati in panico per l’inflazione” esistono solo nella fantasia di qualche giornalista, di qualche analista alla ricerca di notorietà, e di qualche ex ministro delle finanze tedesco. Se c’è una cosa che NON sta mandando in panico i mercati OGGI, è l’inflazione.

 

8 commenti:

  1. Luigi Secchi: Bellissimo articolo. Come osservava Schoepenhauer, tra le tante piaghe che dobbiamo sopportare...ci sono i giornali. A proposito, che pensa della discesa dell'oro dopo i grandi annunci di inflazione / futuro rialzo tassi? Mi pare proprio senza senso...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A 1.800 dollari ha perso quasi il 10% dai massimi, il che mi sembra normale appunto perché la salita precedente era spinta da aspettative di inflazione alta e persistente nel tempo (aspettative non della totalità del mercato finanziario, ma del segmento che investe in oro e beni rifugio). Aspettative che stanno scemando.

      Elimina
  2. Quali sono secondo lei le economie più sopravvalutate e le più sottovalutate al mondo se ce ne sono??

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sono sopra- o sotto-valutate le economie, ma le monete. L'euro è una moneta troppo forte per l'Italia e troppo debole per la Germania. Se ognuno dei due paesi avesse la sua, la moneta tedesca varrebbe un 20% circa in più di quella italiana.

      Elimina
  3. caro Marco come non essere d'accordo con quello che dici.
    come vedi i mercati nel prossimo futuro.

    grazie walter

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Walter ! se ti riferisci all'azionario è decisamente sopravvalutato. Come sai però le previsioni sulla borsa hanno senso solo sul lungo termine. Vedo rendimenti deludenti sulla media dei prossimi tipo dieci anni, il che implica prima o poi una correzione anche significativa, ma i tempi sono imprevedibili, non è affatto detto che arrivi quest'anno o il prossimo.

      Elimina
    2. si era ovviamente l'azionario,l'obbligazionario è flat se va bene mi pare..
      la solita sana diversificazione è la cura da quel che intendo ..


      Elimina
    3. Sottopesare l'azionario. Uscirne del tutto no perché l'obbligazionario non rende nulla.

      Elimina