domenica 19 marzo 2023

Lezioni da una mancata (si spera) crisi bancaria

 

Salvo sorprese, al momento pare che SVB non stia innescando una crisi bancaria sistemica. Sta insomma avvenendo quanto prevedevo una settimana fa. Le banche centrali e i governi stanno intervenendo con l’intensità adeguata, tamponando i rischi di contagio. Non solo la Federal Reserve negli USA, ma anche la banca centrale svizzera con Credit Suisse.

E per quanto folle sia l’assetto dell’eurosistema, credo che se necessario la BCE farà quanto serve per soccorrere istituzioni eurozoniche potenzialmente nei guai. Anche perché le principali indiziate sono francesi e tedesche, per cui figuriamoci.

Quindi tutto più o meno sotto controllo, grazie al fatto che il ricordo del 2008 è troppo fresco per ricascarci oggi. Però l’instabilità potenziale del sistema rimane un dato di fatto, e la possibilità che un intervento carente o tardivo di fronte a problemi simili, in un futuro non vicinissimo, lasci deflagrare una crisi, resta un elemento di preoccupazione.

Come evitare rischi del genere ? il dato di fatto è che un sistema dove la grande maggioranza dei mezzi di pagamento in circolazione, altrimenti detto di quella che comunemente chiamiamo moneta, sono in effetti passività di istituti privati, non può funzionare senza una garanzia pubblica su queste passività, cioè sui depositi bancari.

Ma se ci deve essere garanzia pubblica, si pone il problema che gli istituti privati emettono passività a condizioni di favore grazie alla garanzia e investono in attività rischiose. Se va bene gli utili sono degli azionisti ma ancora di più del management degli istituti, se va male le perdite sono spalmate sulla collettività.

Quando succede, invariabilmente in molti pongono la domanda “perché devo pagare io per i danni fatti da altri ?” la risposta di prima battuta è “perché quando un incendio rischia di espandersi prima lo spegni, poi indaghi sulle responsabilità. Non lasci bruciare una città per “dare una lezione” a chi ha appiccato il fuoco”.

Giusto, però quello che dovrebbe andare di pari passo con la garanzia pubblica sui depositi è un rigoroso controllo sulle attività svolte dagli istituti. Che non si riesce mai ad introdurre perché troppe persone influenti profittano, almeno finché il rischio non si concretizza. Come dicevo nell’altro post, il settore pubblico ripulisce i cocci, mentre i trader i bonus milionari incassati nel frattempo se li tengono.

In effetti c’è da pensare seriamente a nazionalizzare la funzione di deposito bancario. Permettendo a cittadini e aziende di depositare presso l’istituto di emissione, e vietando invece la raccolta di depositi da parte delle istituzioni private.

Il che non implica la fine della finanza privata. Vuole dire che le istituzioni finanziarie non devono più emettere passività a vista o a breve termine. Devono investire soldi raccolti con vincolo di scadenza omogeneo alle attività di investimento o di finanziamento che pongono in atto.

Voglio fare credito ? raccolgo un fondo di durata per esempio decennale, erogo finanziamenti e a fine periodo ripartisco gli utili che ho prodotto, compresi i premi al management. E se gli utili non ci sono anzi ci sono perdite, questo è il normale rischio che si assume l’investitore del fondo. Senza però che abbia la possibilità di forzare il fondo a liquidare di colpo gli attivi perché una crisi reale o immaginaria innesca una fuga di depositi.

Si farà mai qualcosa di simile ? difficile, perché gli interessi che andrebbe a ledere sono potenti. Ma finché non si fa, si può solo sperare che i pompieri arrivino in tempo a spegnere l’incendio quando scoppia. Perché di tanto in tanto scoppia, questo è sicuro.

 

13 commenti:

  1. Marco Sartore: Praticamente lei ha dato la risposta al problema: a livello di tutti gli stati le lobby bancarie sono troppo (veramente troppo) potenti e influenti.

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  2. Giuseppe Montanini: Bisogna unire potere è responsabilità. Responsabilità e potere. Norma elementare di senso comune ma mai rispettata dallanarchia del capitale finanziario, che non vuole vincoli di sorta (ma solo aiuti statali quando gli sta bruciando casa !?)

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  3. Buona sera. Trovo la sua proposta molto interessante ed in linea con una scuola di pensiero rispettabilissima che fa da Fisher ad Allais passando per Friedman (fino agli anni 50). Personalmente sono più statalista, nel senso che sono per nazionalizzare direttamente le banche ma ho un dubbio: perché quasi tutti quelli che parlano di sovranità monetaria non parlano della questione fondamentale che rende possibile l'effettivo esercizio della stessa (semplificando stupidamente: finanziare gli investimenti pubblici emettendo moneta) ovvero una disciplina vincolistica rispetto all'esportazione di capitali? È chiaro che se non si limita la volatilità degli stessi, il rischio di rovinose fughe verso economie che mantengono tassi più elevati sussiste, con tutte le sgradevoli conseguenze del caso (es: sul cambio nominale). La ringrazio per la risposta.

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    1. A me nazionalizzare le banche va benissimo. Nazionalizzare la funzione di deposito bancario come ho scritto nel post non è granché diverso. L'indebolimento del cambio francamente mi preoccupa molto meno. Crea molte più difficoltà un rafforzamento eccessivo rispetto alla forza dell'economia reale del paese in cui avviene.

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    2. Sono d'accordissimo. Quello che le chiedevo era un commento se vogliamo "tecnico": si può avere sovranità monetaria reale senza repressione finanziaria?

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    3. Sì, basta tenere sotto controllo l'inflazione e non preoccuparsi del cambio. I tassi sul cosiddetto debito pubblico (più propriamente sui depositi presso il tesoro o l'istituto di emissione) possono essere tenuti in linea con l'inflazione media, o poco più.

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    4. Senza alcuna polemica, ma mi sembra abbastanza utopistico che se il risparmio in Italia non è remunerato in termini reali, ed in Francia (sparo numeri e luoghi a caso) rende anche solo l'1% al netto dell'inflazione, non ci sia una catastrofica fuga di capitali verso titoli di Stato francesi o analoghi.
      Poi si può dire che le conseguenze della stessa non sarebbero così drammatiche, ma penso non si possa negare che una dinamica del genere è quantomeno "plausibile", con moneta sovrana o meno.

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    5. Ma la fuga indebolirebbe la lira e creerebbe surplus commerciali. Il sistema così va a riequilibrarsi.

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    6. Riequilibrio ha senso se la svalutazione è causata da un deficit commerciale.
      Se è causato da un deflusso di capitali non si riequilibra nulla, se non dal punto di vista contabile.
      L'Eurozona, che negli anni scorsi ha fortemente svalutato contro il dollaro è una dimostrazione lampante: fuga di capitali e... niente surplus commerciale.
      che può esserci o non esserci o esserci poco o essere contrastato da politiche protezionistiche o sa Dio cosa.

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    7. L'Eurozona è passata da surplus a deficit commerciale per un motivo diverso. Il prezzo del gas ha fortemente ridotto la sua competitività. 1,08 contro dollaro era un cambio troppo debole prima, adesso è troppo forte. Prima era equilibrato un 1,20, oggi probabilmente 1.

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    8. Che però non c'entra moltissimo con quanto ho scritto. Comunque ho capito il suo punto: non è necessario imporre controlli sui movimenti di capitale, in quanto la svalutazione del cambio è SEMPRE positiva. Non ho molto altro da aggiungere. Anzi, ne conosco personalmente uno che a forza di dirlo in pubblico (ma dicendo ai suoi studenti altro) è diventato senatore. Si vede che sarà vero.

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  4. Marco Cattaneo: non ho detto che la svalutazione del cambio è sempre positiva. Ho detto che una svalutazione REALE (cioè eccedente quella imputabile a un delta d’inflazione), anche se indotta da fattori non commerciali ma finanziari quali la differenza tra i tassi d’interesse risk-free dei due paesi, crea un vantaggio competitivo per il paese che svaluta, il che evita che arrivi a livelli abnormi / “disastrosi” per lo svalutante.

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