la Grecia, per
una serie di motivi.
Intanto, tra
dicembre e gennaio si terranno le elezioni del nuovo presidente della
Repubblica. E’ probabile che il quorum di 180 voti parlamentari su 300 non
venga raggiunto: il che comporterebbe, sulla base della Costituzione greca, lo
scioglimento della Camera ed elezioni politiche anticipate, da tenersi
probabilmente intorno a febbraio 2015. I sondaggi prevedono che la maggioranza
relativa sia ottenuta da Syriza, partito anti-austerità e anti-troika.
Poi, la
situazione economica. Attualmente (2014) il PIL greco è pari a circa 200
miliardi di euro, il debito pubblico a 350, il deficit è 3,5 miliardi
risultanti da 3,5 circa di surplus primario e da 7 miliardi di pagamenti per
interessi.
Syriza richiede
una forte taglio del valore facciale del debito, fino al 70-80% secondo alcune
voci. Va ricordato che, dopo il default del 2012, l’attuale debito è pressoché
interamente detenuto da organizzazioni sovranazionali (principalmente agenzie
dell’Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale), ha scadenze molto lunghe
e bassi tassi d’interesse (circa il 2%, in media). La Grecia oggi paga
interessi ma non rimborsa il capitale, e non emette titoli di debito pubblico
sul mercato.
La posizione di
Syriza è di non voler abbandonare l’euro, ma di rivedere tutte le politiche di
austerità in modo da effettuare azioni economiche espansive che consentano di
avviare una forte ripresa dell’economia e dell’occupazione e di contrastare le
gravissime conseguenze sociali della crisi. La Grecia ha perso un quarto del
PIL dai massimi precrisi: per tornare a quei livelli dovrebbe incrementarlo
dagli attuali 200 miliardi di euro a circa 270.
Un governo a
guida Syriza potrebbe partire dalla richiesta di sconto del 70-80% del debito
per poi concordare, come esito finale del negoziato, uno sconto inferiore, per
esempio del 50%. A tassi d’interesse invariati, questo dimezzerebbe il costo
annuo per interessi e porterebbe il bilancio pubblico in pareggio.
Continuerebbero però
a mancare le risorse per effettuare azioni economiche espansive. Queste
potrebbero essere ottenute mediante assegnazione di Certificati di Credito
Fiscale, per un importo che potrebbe essere dell’ordine di 20 miliardi il primo
anno, da incrementare a 40 miliardi il secondo e a 50 il terzo, per poi
rimanere costante a quel livello.
L’ammontare
delle assegnazioni potrebbe essere suddiviso tra integrazioni di reddito ai
lavoratori, erogazioni alle aziende per ridurre il loro costo effettivo del
lavoro (recuperando quindi competitività ed evitando di creare squilibri ai
saldi commerciali esteri) ed altre azioni di sostegno alla domanda (spesa
sociale, investimenti pubblici eccetera).
Ipotizzando un
moltiplicatore fiscale un po’ più alto dell’unità, a regime si recuperano i
livelli di PIL pre-crisi. Inoltre aumenteranno le entrate fiscali in euro e,
tenuto conto che i CCF sono utilizzabili con due anni di differimento, nel
primo periodo dell’applicazione del programma il governo greco avrà un saldo
positivo tra incassi e pagamenti in euro.
Questo saldo
potrà essere accantonato come garanzia di eventuali deficit di bilancio
pubblico che potrebbero crearsi nel momento in cui l’ammontare a regime dei CCF
in circolazione verrà utilizzato per pagare imposte. Questo avverrà solo il
quinto anno (al terzo si raggiunge il livello a regime delle assegnazioni, e le
assegnazioni del terzo anno non possono essere utilizzate prima del quinto). E’
una garanzia di cui, in effetti, non ci sarà necessità se il programma sarà
efficace, anche su ipotesi molto cautelative: comunque costituirla potrà essere
utile per dare ai partner europei, ai mercati finanziari ecc. altissimi livelli
di fiducia in merito al successo dell’operazione.
La Grecia, per
questa via, può recuperare un PIL di circa 270 miliardi di euro, riassorbire la
disoccupazione generata dalla crisi e tornare su un percorso di sviluppo
equilibrato e sostenibile.
Il debito verso
le istituzioni sovranazionali, nell’ipotesi di uno stralcio iniziale del 50%,
sarebbe pari a 175 miliardi ovvero a circa il 65% del PIL, e sussisterebbero
livelli molto alti di affidabilità in merito al suo rimborso finale.
Proseguendo con le attuali linee di politica economica (austerità / troika /
memorandum) il debito in essere è destinato, al contrario, a subire un default
pressoché totale.
ma cosa volete espandere in grecia? le spiagge?
RispondiEliminaIl turismo, le produzioni alimentari, i materiali da costruzione, i servizi di trasporto marittimo: tutti settori che in Grecia esistono. E il 25% di PIL perso può e deve essere recuperato. Prima della crisi si faceva 100, oggi 75. Non esistono argomentazioni a supporto della tesi che non si possa tornare a 100...
Eliminatutti settori concentrati in poche mani. ecco perché vanno liberalizzaati e fate leggi antitrust. che l'europa non fa perché tali settori sono gestiti da stato (partiti) e poche famiglie che pagano i governi.
EliminaUn motivo in più per staccarsi dalla UE. Istituzione che quando non è dannosa è inutile.
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