UNO,
l’introduzione di clausole di salvaguardia (a tutela dell’eventuale insufficienza
di gettito) non riduce l’effetto espansivo della manovra, in quanto l’impatto
finanziario delle clausole coincide con il momento in cui i CCF diventano
utilizzabili per conseguire sconti fiscali, quindi a due anni di distanza dalla
loro emissione – mentre i CCF costituiscono potere d’acquisto immediato per chi li riceve. Anche
questo, tra parentesi, aiuta a comprendere perché debba esistere un intervallo
temporale tra assegnazioni dei CCF e loro utilizzabilità a fini di sconto
fiscale.
DUE,
l’accettazione dei CCF sia sui mercati finanziari che nelle applicazioni
commerciali ha tutti i presupposti per essere molto rapida. Si tratta,
certamente, di uno strumento finanziario innovativo, ma l’elemento su cui si
fonda il suo valore – l’utilizzabilità fiscale a termine – è solido e
persuasivo per chiunque. Quanto al canale commerciale, basta assicurarsi
l’accettazione da parte di alcune organizzazioni di dimensione rilevante (Eni,
Enel, aziende municipalizzate) e molte altre (catene di distribuzione
organizzata, gestori autostradali, utilities
in genere e poi esercizi commerciali anche di media e piccola dimensione) seguiranno
rapidamente.
TRE, il progetto
CCF va lanciato fin dall’inizio su dimensioni rilevanti, sufficienti a ottenere
un impatto macroeconomico apprezzabile. Un test limitato non consentirebbe di
valutarne l’efficacia. Va anche tenuto conto che i 30 miliardi di assegnazioni
da noi ipotizzate per il primo anno corrispondono in effetti (dato che si
distribuiranno uniformemente nel tempo) a 2,5 miliardi al mese. Il test sarà,
in pratica, costituito dagli impatti che si apprezzeranno entro i primi pochi
mesi.
QUATTRO, quanto ai
potenziali dubbi degli operatori di mercato finanziario, oggi il Fiscal Compact
comporta l’impegno dell’Italia a raggiungere il pareggio di bilancio, quindi a
bloccare definitivamente la crescita del debito pubblico. Questo obiettivo slitta
continuamente nel tempo per il semplice motivo che cercare di raggiungerlo ha
effetti depressivi sull’economia e quindi retroagisce negativamente sul gettito.
Introducendo i CCF, arrestare definitivamente la crescita del Maastricht Debt e
contemporaneamente rilanciare domanda, produzione e occupazione diventano al contrario
obiettivi realizzabili da subito, e sostenibili nel tempo, con altissima
plausibilità. La posizione degli investitori in titoli di debito pubblico
italiano diviene, a tutti gli effetti pratici, nettamente migliore.
CINQUE, quanto al
dubbio che emettere CCF sia uno “scivolo” verso la rottura dell’euro: il
progetto nasce per risolvere le disfunzioni dell’Eurosistema, non per romperlo.
Le difficoltà operative (ridenominazione di contratti, default tecnici o
sostanziali, turbolenze nei mercati finanziari), per tacere di quelle politiche,
di un break-up vanno ben al di là dell’esigenza
di emettere un nuovo strumento monetario (o assimilabile). Il progetto
allontana, al contrario, il rischio di rottura, che è e rimane oggi
assolutamente presente e concreto. Che poi l’esistenza e la circolazione dei
CCF attenui in qualche misura le difficoltà che il break-up causerebbe (se ci si arrivasse per altre ragioni, oggi
difficilmente prevedibili) è un’ulteriore valenza positiva del progetto. Ma va
ribadito che i CCF non producono la deflagrazione: al contrario, nascono per
rimuoverne le potenziali cause e per risolvere le evidenti, gravissime
disfunzioni dell’attuale sistema.
SEI, sulle
caratteristiche degli strumenti finanziari da emettere: il CCF è concepito come
un titolo zero-coupon che dà diritto
a sconti fiscali a partire da 24 mesi dal momento dell’emissione /
assegnazione. La decorrenza degli sconti fiscali rimane invariata qualunque sia
il numero delle transazioni intercorse nel frattempo. In pratica, a giugno 2018
ricevo titoli con utilizzabilità fiscale da giugno 2020 in poi: li vendo in
banca contro euro a qualcuno che poi li spende (perché Coop o Esselunga o altri
li accettano) eccetera. La decorrenza rimane sempre giugno 2020. Il valore di
mercato sarà il nominale al netto di uno sconto finanziario, con ogni
probabilità modesto, che declinerà via via che ci si avvicina alla data di
utilizzabilità. Si può anche pensare di attribuire ai CCF un piccolo tasso
d’interesse per fare in modo che il valore di mercato sia sempre molto vicino (in
pratica identico) al valore nominale.
SETTE, quanto
all’assegnazione alle aziende a riduzione del cuneo fiscale, viene a volte sollevato
il dubbio che i suoi impatti sull’occupazione non siano significativi in quanto
le detassazioni e decontribuzioni introdotte dal governo Renzi non hanno
prodotto risultati particolarmente positivi. Effettivamente, erogare CCF a
vantaggio dei datori di lavoro ha una funzione diversa: migliorare la
competitività delle produzioni domestiche e far sì che l’espansione di domanda
interna non si disperda (parzialmente) in peggioramenti dei saldi commerciali
esteri. Detto questo, gli interventi “renziani” non hanno ottenuto benefici tangibili
perché non si abbinavano a un’azione espansiva sulla domanda, che è il motore
principale della ripresa occupazionale. Il progetto CCF abbina invece le due
valenze – incremento della domanda interna e miglioramento della competitività
aziendale.
OTTO, fiscalità:
l’assegnazione di CCF non crea nessun presupposto di imposizione fiscale. Nel
momento dell’utilizzo per transazioni commerciali, l’azienda che venderà beni o
servizi pagati in CCF dovrà invece fatturare i corrispettivi e sottoporli ai
normali regimi di tassazione. E’ la stessa situazione, del resto, che si ha
quando un’azienda residente in Italia fattura in valuta estera (o in monete
complementari diverse dall’euro, quali il Sardex). Il valore di fatturazione
sarà pari al valore di mercato corrente dei CCF utilizzati come corrispettivo:
allo stesso modo, un’azienda che vende un bene fatturandolo (per esempio) in
dollari registra il ricavo sulla base del cambio corrente.
Buonasera dottor Cattaneo,
RispondiEliminaprima di tutto complimenti per il suo progetto, estremamente ben congegnato ed altrettanto ben esposto. Inutile dire che tra tutte le proposte emerse durante gli ultimi 10 anni di crisi la sua è quella che meglio unisce efficacia e fattibilità.
Venendo al punto, un commento che ho letto recentemente riguardo al "uscire dalla crisi" era piuttosto pessimista in quanto, secondo il commentatore, la crisi è in atto da troppi anni per non aver ormai danneggiato seriamente il tessuto produttivo: macchinari obsoleti, knowhow venduto, tecnici specializzati riconvertiti o emigrati. Insomma, fattori non recuperabili in tempi rapidi neppure in caso di maggiore domanda.
Lei cosa ne pensa di questo punto?
Grazie per il suo tempo,
Fabio
Penso che la crisi abbia fatto danni al tessuto produttivo, evidentemente, ma che non ci sia nulla di irrecuperabile. Come spiegavo qui, nel periodo 2007-2017 l'export in termine reali è cresciuto dell'8,7% mentre il PIL è calato del 5,5%. Stiamo parlando di un 14% di differenza, pari a 241 miliardi, se solo il PIL avesse avuto una crescita in sé deludente, ma comunque in linea con quella conseguita sui mercati non penalizzati da livelli di compressione della domanda analoghi a quelli italiani. E gli spaventosi livelli di disoccupazione e sottoccupazione della forza lavoro provano, del resto, che l'economia italiana sta (anche nello stato attuale) viaggiando ben al di sotto delle sue potenzialità. Cominciamo a recuperare la nostra corretta velocità di crociera. E poi, rapidamente, ripartiranno anche gli investimenti, si rilocalizzeranno aziende, il personale qualificato resterà in Italia invece di emigrare, eccetera...
EliminaGent.mo Prof. Marco C. & C...... di Moneta Fiscale quindi allora il Debito ci si Copre Ottimamente col Nuovo Valore dei CCF in Modo Diffuso a 360° & Oltre Fiscalmente & Finanziariamente in Tutti settori Fino ai Consumatori Utenti Utilizzatori finali .
EliminaOT
RispondiEliminasento ora che è stato approvato il DEF dal governo fantasma..e che contiene condizioni piuttosto pesanti...aumento dell'Iva per 30 miliardi con un effetto devastante...per via dell'out put gap ...è previsto lo zero deficit ..etc etc ...ma si può approvare una cosa del genere da un governo che deve o dovrebbe svolgere solo cose di ordinaria amministrazione?
Se è vero che è stato approvato (in silenzio ) come mai non ne parla nessuno (manco le forze che dovrebbero argomentare: Lega ad esempio...Bagnai , Borghi ...) io forse non son esperto , cioè sono una persona commune, eppure questa cosa qui dovrebbe suscitare preoccupazione ed allarme...invece non si sente assolutamente nulla.
Lo ho saputo poco fa...dall'economista Micalizzi..che faceva un commento.
Domanda: con un nuovo governo (per ipotesi a trazione Lega/coalizione ) si può metter rimedio a questo...cioè non rispettare il programma del DEF appena approvato ...o modificarlo ?
tre notizie in contemporanea mi preoccupano
Eliminail prima detto sul DEF (qui Micalizzi che ne parla ..e vien l'inquietudine )
https://www.youtube.com/watch?v=pJWS70RyshQ
Il cambio di struttura delle Banche Cooperative ..cioè la morte definitiva del sistema bancario nazionale che si trasformano in qualcosa "altro "
https://www.youtube.com/watch?v=nLdQezEU2ng
e questo scenario prospettato da "Scenari Economici "
https://scenarieconomici.it/cassese-e-la-patrimoniale-2018-19/
sto maturando l'idea che non c'è nulla che possa fermare quel "pilota automatico" e che la triturazione dell'Italia vada avanti in un percorso non modificabile ...
Quanto al DEF, è stato approvato un documento che non ha valore normativo ma puramente previsionale: indica cioè che cosa accadrebbe se non si modificasse nulla, ma non introduce nessun cambiamento legislativo. Detto questo, l'aumento dell'IVA è previsto con decorrenza 1.1.2019 dalle clausole di salvaguardia concordate con la UE che sono GIA' LEGGE (ma non le ha introdotte questo DEF che ripeto è un puro documento previsionale, bensì la legge di stabilità a fine anno scorso). Questa situazione si ripete da vari anni durante i quali ogni legge di stabilità si è trovata con gli aumenti IVA da disinnescare e l'ha fatto, trovando altre tasse e tagli e in parte con un po' di deficit in più (rispetto alle previsioni, anche se il trend del deficit rispetto all'anno precedente era comunque in discesa). C'è quindi tempo fino a fine 2018 per aggiustare, ancora una volta, questa situazione. Il rischio però è che non se ne faccia nulla se non si forma un nuovo governo in tempo (e potrebbe avvenire in caso di nuove elezioni ad autunno). Va anche detto che il parlamento di sua iniziativa (anche in assenza di un nuovo governo) può approvare una legge che disinnesca l'aumento IVA: ma deve formarsi una maggioranza almeno per quello.
EliminaIl cambio di struttura delle banche cooperative è effettivamente un'altra pillola avvelenata marchiata UE, perché indebolisce il legame di queste istituzioni territoriali con la clientela locale e in particolare con le PMI.
L'articolo di "Scenari Economici" va invece classificato nelle categoria "pure illazioni". Niente di più per ora (e speriamo anche per dopo...).
La ringrazio della chiara risposta. Però chi fornisce le informazioni dovrebbero anche specificare meglio (io trovo buone le informazioni che danno quei link ) dette in quel modo alle persone comuni , fanno venir un accidenti : le ho visionate tutte e tre consecutivamente dopo cena , un altro po' e mi andava tutto di traverso....queste notizie dette in un certo modo fanno venir l'inquietudine e l'angoscia..sembra che sia un continuo andar male ...
Eliminala ringrazio ancora della gentile risposta.