giovedì 28 marzo 2024

Il principio insensato della politica economica

 

Praticamente in tutto il mondo occidentale, la politica economica degli Stati, o più esattamente la politica fiscale, è incentrata, a parole anche se (per fortuna) non del tutto a fatti, su un principio basilare.

Basilare e completamente sbagliato.

Il principio è che il debito pubblico sia un fattore d’impoverimento del paese. Un onere che vincolerà lo sviluppo dell’economia e incomberà sulle generazioni future.

Bene: il debito pubblico non è niente di tutto questo.

Il debito pubblico è uno strumento messo a disposizione di aziende e cittadini per impiegare il loro risparmio.

E il deficit pubblico produce risparmio finanziario nel settore privato dell’economia. Se lo Stato spende più di quanto tassa, il settore privato riceve più di quanto paga.

Il deficit pubblico può essere eccessivo se genera livelli di inflazione troppo alti. Ma tipicamente deve esistere, perché un’economia in sviluppo ha bisogno di una crescita tendenziale e graduale dei mezzi di pagamento in circolazione.

E come crescono i mezzi di pagamento, devono crescere anche gli strumenti di impiego del risparmio: funzione, come detto, svolta del debito pubblico.

Invece politici e media paludati nel 99% dei casi parlano, e purtroppo troppo spesso agiscono, come se il deficit e il debito fossero un male da estirpare, o quantomeno da limitare, contingentare, ridurre. Da limitare perché non si riesce ad azzerarli: ma l’ideale sarebbe raderli al suolo.

L’Occidente è in preda a un’isteria collettiva che stiamo pagando a carissimo prezzo.

martedì 26 marzo 2024

Borsa, aspettatevi una correzione

 

E’ noto, e anch’io lo ammetto senza problemi, che lanciarsi in esercizi di previsione sull’andamento del mercato azionario nei prossimi tre, sei, dodici mesi è un’esercitazione priva di qualsiasi utilità.

Però nella vita non si possono fare solo cose utili. Ogni tanto fa bene allo spirito lanciarsi in qualcosa di inutile ma divertente.

Quindi…

Lascio qui per iscritto il mio vaticinio: entro il 2024 vedremo una significativa correzione del mercato azionario, dell’ordine del 10% almeno.

Ma come, dirà qualcuno, proprio adesso che le banche centrali sono sul punto di iniziare l’agognata discesa dei tassi d’interesse (gli svizzeri sono stati i primi, settimana scorsa) ?

Il problema è proprio questo: entro i prossimi sei mesi, forse tre, Fed e BCE inizieranno finalmente a ridurre i tassi, ma la riduzione sta partendo molto in ritardo e con molta più cautela rispetto alle ipotesi che si formulavano anche di recente.

Non sarebbe un gran guaio se il mercato avesse oggi valutazioni compresse. Ma l’SP500, che dà il la al mercato mondiale,  è sopravvalutato (mia stima) di un 30% circa, e sale senza significative correzioni da ormai diciotto mesi ininterrotti.

Per cui prevedo che una correzione sia vicina.

Se poi mi sbaglio, vedrete almeno confermata la mia affermazione di inizio post: che le previsioni di breve termine in merito alla borsa sono divertenti da formulare e da leggere, ma di nessuna utilità pratica…

 

domenica 24 marzo 2024

Convegno alluvione Emilia-Romagna

 Trovate a questo link il video del convegno tenuto lo scorso 22 marzo 2024 riguardo a strumenti finanziari d'intervento per affrontare l'emergenza alluvione Emilia-Romagna. Purtroppo non mi è stato possibile essere presente ma il video guardatelo, i contenuti esposti da Fabio Conditi, Fabio Dragoni, Alessandro Ierardi e Fabio Tintori sono MOLTO interessanti.

sabato 23 marzo 2024

La follia dell’austerità 2011-2013

 

Sarà che sono passati più di dieci anni e la memoria collettiva è labile, ma ogni tanto rispuntano commentatori vari a sostenere che “in realtà l’Italia non ha mai fatto austerità” oppure che “beh sì c’è stata negli anni della crisi dei debiti sovrani ma era indispensabile perché Berlusconi stava portando il paese al fallimento”.

A questi signori, è bene ricordare quanto segue.

I pacchetti di interventi fiscali restrittivi (tagli e tasse) sono stati fatti trangugiare a viva forza all’ultimo governo Berlusconi a partire dalla primavera del 2011. Ovviamente questo non ha risolto la crisi dello spread e ne è risultata la caduta del governo e (a novembre) l’insediamento di Mario Monti.

Le feroci azioni di restrizione fiscale – IMU, legge Fornero, aumento dell’IVA, tagli a sanità ed investimenti pubblici – non hanno minimamente risolto il problema della finanza pubblica.

Hanno invece provocato tredici trimestri complessivi di discesa del PIL reale, con cinque punti percentuali di decrescita cumulata (nel periodo in cui invece tutto il resto del mondo recuperava), decine di migliaia di fallimenti, quattro milioni di persone in più in povertà assoluta (in pratica, ridotte a fare la fila alla Caritas, o giù di lì).

E il debito pubblico ?

Il debito pubblico in rapporto al PIL è AUMENTATO dal 119% al 132%, per il peggior motivo possibile – la caduta del denominatore.

Nell’estate del 2012 si è quindi preso atto che si stava buttando benzina sul fuoco invece di spegnerlo con l’acqua. E quindi è intervenuto Mario Draghi con il whatever it takes: l’impegno della BCE a fare quello che fanno tutte le altre banche centrali, cioè a sostenere il debito pubblico in caso di necessità.

Questo ha prodotto finalmente il rientro a livelli accettabili dello spread di rendimento tra BTP e Bund; ma non il recupero del PIL, che le assurde politiche fiscali messe in atto nel frattempo hanno fatto proseguire ancora per un anno e mezzo, con danni ciclopici.

Quando ricordi tutte queste cose, l’euroausterico di turno spesso ribatte che “il whatever in takes senza austerità non ci sarebbe stato, la BCE non l’avrebbe posto in essere”.

Quest’ultima affermazione francamente non ricordo, ai tempi, che fosse stata formulata da nessun alto esponente della BCE né tantomeno da Draghi. Ma se corrispondesse alla realtà, non sarebbe che un’ulteriore prova della follia del sistema.

Per “risolvere” un problema di finanza pubblica metti in atto una serie di azioni che DEVASTANO l’economia e PEGGIORANO i livelli di debito. Ponendoli però come precondizione per pronunciare tre parole che mettono immediatamente fine alla crisi, come si poteva fare un anno prima – in condizioni MOLTO MIGLIORI, MOLTO MENO DETERIORATE.

Un comportamento del genere è poco definirlo folle. La parola giusta è CRIMINALE.

 

mercoledì 20 marzo 2024

Tassi d’interesse, domanda e inflazione

 

Per le banche centrali, perlomeno per quelle del mondo occidentale (Fed e BCE) è un dato di fatto incontrovertibile che alzare i tassi d’interesse crei un effetto restrittivo su domanda e prezzi, quindi un effetto di rallentamento dell’economia. E che abbassarli generi il risultato opposto.

In realtà non è per niente certo che le cose funzionino così.

Alti tassi d’interesse producono un effetto negativo su credito al consumo, mutui immobiliari e finanziamenti agli investimenti industriali.

Ma alti tassi d’interesse vogliono anche dire maggior reddito disponibile per i risparmiatori, e maggiori costi per le aziende (che non innalzano la domanda ma potenzialmente l'inflazione).

Quale effetto è predominante ? è tutt’altro che scontato determinarlo, e comunque gli effetti vanno in direzioni opposte, quindi almeno parzialmente si compensano.

Per accelerare o rallentare la dinamica di domanda e prezzi, la leva fiscale, il maggiore o minore stimolo introdotto con azioni di spesa e tassazione, è molto più diretto, molto più efficace e molto più sicuro nei risultati.

sabato 16 marzo 2024

Finanza bancaria e finanza pubblica

 

Una banca non ha bisogno di raccogliere depositi per erogare finanziamenti. Non presta i soldi che “ha raccolto prima”. Nel momento in cui eroga un finanziamento, automaticamente crea un deposito che è nella disponibilità del soggetto che ha ricevuto il prestito. Accendo un mutuo per 100.000 euro, la banca crea 100.000 euro di depositi di cui io sono il titolare, io prendo i 100.000 euro e compro l’immobile.

Certo, la banca ha questo punto ha 100.000 euro all’attivo e 100.000 al passivo. Il deposito bancario è infatti una passività della banca. Questo può diventare un problema per la banca se si trova a corto di liquidità, se il titolare del deposito ne richiede l’estinzione, e se la banca non ha accesso al rifinanziamento presso la Banca Centrale. Ma questa è una situazione del tutto anomala. Normalmente, questo problema per la banca non sussiste.

Il punto da sottolineare, come dicevo prima, è che la banca crea depositi quando eroga i finanziamenti. Non ha bisogno di raccogliere per poi finanziare.

Allo stesso modo, uno Stato che emette moneta non ha bisogno di raccogliere soldi per poi spendere. Crea moneta, la spende e l’atto di spesa immette automaticamente risparmio nel sistema economico: la moneta messa in circolazione è risparmio di chi la riceve. L’emissione di titoli di Stato è un’opportunità offerta al titolare del risparmio per impiegarlo. Non è necessaria per “finanziare la spesa”.

L’emissione di debito pubblico per finanziare la spesa è necessaria solo se lo Stato spende una forma di moneta che non emette. E’ necessaria per lo Stato italiano perché spende euro, e solo per quello. Non sarebbe necessaria, e non era necessaria, quando lo Stato spendeva lire.

mercoledì 13 marzo 2024

Moneta elettronica

 

Fabio Conditi e Leopoldo Salmaso hanno elaborato una “definizione metaforica” di moneta elettronica (inteso come il progetto di adottare una moneta elettronica a gestione centralizzata come mezzo ESCLUSIVO di scambio, escludendo qualsiasi altra forma, cartacea o di altro tipo) molto illuminante.

“Tu accetteresti di vivere ai piani alti di un condominio senza scale e con un solo ascensore di proprietà di un privato, che l’ha costruito a tue spese, e che ciò nonostante devi pagare ogni volta che lo utilizzi, e che per di più il privato in questione può impedirti di usare se gli sei antipatico ?”.

C’è da riflettere.

sabato 9 marzo 2024

Il debito finto non è una necessità

 

Il mio decalogo / undecalogo è la sintesi di quello che tutti dovrebbero capire sulla finanza pubblica. Ma se dieci o undici punti vi sembrano troppi, cercate, vi prego, di averne ben chiaro almeno uno: questo.

Uno Stato che emette moneta non ha bisogno di emettere debito per finanziare le proprie attività. NON NE HA BISOGNO. ASSOLUTAMENTE NO. IN NESSUN MODO. 

Uno Stato che emette moneta spende per attuare le sue finalità, e poi preleva con le tasse una parte di quello che ha speso, per evitare eccessi di inflazione e per ridistribuire il reddito e il risparmio tra i cittadini.

Non esiste NESSUNA ragione, ma proprio nessuna, per cui lo Stato dovrebbe far ricorso a una banca centrale “indipendente” (da chi ?) o peggio ancora ai mercati finanziari.

Non ha in effetti nessuna motivazione economica l’esistenza di un istituto di emissione indipendente dallo Stato. L’emissione monetaria è un fondamentale strumento di gestione dell’economia, quindi una leva che deve essere manovrata da un governo democraticamente eletto e soggetto al giudizio dei cittadini.

SE NO, SOGGETTO A CHI ?

Il cosiddetto debito pubblico, come dice il mio amico Giovanni Piva, quando è espresso in moneta sovrana è un debito FINTO. Posso sempre, io Stato, emettere moneta per rimborsarlo e rifinanziarlo.

E’ uno strumento non indispensabile, ma utile per fornire ai cittadini uno strumento di impiego del proprio risparmio. Né più né meno di questo.

Uno Stato sovrano emette e gestisce la propria moneta. NON LA DEVE CHIEDERE A NESSUNO.

domenica 3 marzo 2024

Federico Caffé sul populismo

 Con molti ringraziamenti a Dante Preve per aver scoperto la citazione.



venerdì 1 marzo 2024

Debito pubblico non è aver vissuto sopra le proprie possibilità

 

La confusione tra debito pubblico e debito estero è una delle più letali, tra le molte in cui si inciampa leggendo i commenti economici dei giornaloni e dei media più o meno paludati.

Il debito pubblico, secondo questi commenti, è l’espressione di “aver vissuto sopra le proprie possibilità”. E a chi non è adeguatamente informato questo può sembrare ovvio e logico. No ?

Beh, non è né ovvio, né logico, né vero.

E una pulce nell’orecchio dovrebbe metterla la constatazione che TUTTI i paesi di un qualche rilievo economico hanno un debito pubblico.

Sì vabbè, si ribatte in genere a chi fa questo osservazione, ma è un problema di livello. Il debito pubblico italiano è “mostruosamente alto” (in realtà è più alto della media ma è poco più di metà di quello giapponese, rispetto al PIL. Ma non è questo il punto). “Un po’” di debito pubblico è normale ma noi ne abbiamo “decisamente troppo”.

Vediamo di chiarire.

“Vivere al di sopra delle proprie possibilità” vuol dire, se ha un qualche significato, spendere più del proprio reddito, che per un paese equivale a spendere più di quanto si produce. Se è questo il caso, significa che utilizzo beni e servizi provenienti da paesi stranieri, e quindi (dato che non me li regalano) accumulo passività finanziarie nei loro confronti.

In realtà non è necessariamente vero che questa sia una politica errata o pericolosa. Potrei, ad esempio, importare dall’esterno beni d’investimento e quindi accumulare passività finanziarie per aumentare il mio potenziale produttivo. Come del resto fanno molte aziende. E non è affatto detto che finanziare a debito degli investimenti produttivi sia una mossa scorretta. Anzi.

Ma poniamo pure che questo non sia il caso. Poniamo di accumulare passività verso l’estero a causa di consumi interni eccessivi. Bene: accumulare passività finanziarie verso l’estero NON vuol dire avere un debito PUBBLICO, ma un debito ESTERO, o per essere più precisi una posizione finanziaria netta sull’estero negativa.

E’ il caso dell’Italia ? ma proprio per niente.

L’Italia ha un SURPLUS negli scambi di beni e servizi con l’estero, e ha una posizione finanziaria netta sull’estero POSITIVA.

E il debito pubblico ?

Il debito pubblico NON è la conseguenza di un eccesso di consumi. NON nasce dall’aver speso più di quanto si produce. E’ invece, semplicemente, un mezzo offerto a cittadini e aziende per impiegare il proprio risparmio finanziario PRIVATO. E in Italia è più alto che altrove proprio perché è più alto il risparmio privato.

Il debito pubblico italiano non sarebbe mai, MAI stato un problema se la scellerata decisione di entrare nell’euro non avesse prodotto il rischio di non riuscire a rifinanziarlo. Perché l’euro, al contrario della lira, non lo emettiamo noi.

Quando sentite dire (e lo sentite tutti i giorni) che “l’Italia ha vissuto sopra le proprie possibilità e prova di questo è il debito pubblico” sappiate che chi esprime questo concetto è un ANALFABETA MACROECONOMICO.