domenica 24 agosto 2025

Quello che Draghi non spiega

 

Puntuale come un temporale post ferragostano, è arrivato l’intervento di Mario Draghi al Meeting di Rimini, dove ha detto quello che ormai da tempo ripete ogni volta che entra in tema.

L’”Europa” non funziona. E’ irrilevante politicamente e sempre meno importante economicamente. “Quindi” è URGENTISSIMO, VITALE raddoppiare, triplicare, decuplicare gli sforzi per uscire dall’impasse. Europa o morte, sempre di più.

Quello che Draghi non spiega MAI è per quale ragione dovrebbe essere imprescindibile, o necessario, o quantomeno utile, fondere un certo di numero di stati in un’entità politica di dimensione maggiore.

Nel resto del mondo non lo sta facendo NESSUNO. Chi è grande a volte è efficace nel perseguire i propri interessi, a volte no. Chi è piccolo pure. Ma nessuno sta rinunciando alla propria identità nazionale.

Perché lo debbano fare 27 stati che hanno in comune (più o meno) la contiguità territoriale, ma non la lingua, non gli interessi economici, non gli stili di vita, non il carattere delle popolazioni, questo proprio nessuno l’ha spiegato in modo sensato.

Poi, se l’integrazione avesse dato risultati mirabolanti, o quantomeno significativamente positivi, la giustificazione starebbe nel risultato.

Ma è vero il contrario, e lo dice Draghi per primo.

L’unica azione sensata è smontare il baraccone. Il prima possibile.

 

 

sabato 23 agosto 2025

Conversare con convinzione

 

Caro compagno Claudio, che cosa ci costringe ? Chiacchierare con chiunque ? Conversare comporta concentrazione. Condividere cavillosi concetti con certe controparti crea considerevoli cefalee. Chiaro che con Carlo, commilitone colto, ci compiacciamo. Con Camillo ? Considero corretto chiudere cortesemente conversazione.

martedì 19 agosto 2025

Storiella semiseria scrivesi

Sottotitolo: Sermone solenne

Sotto Sua Santita' Sisto Sacerdote Sommo si segnalo' singolarmente Silvio Sassetti, senese. Salmista stimato, serio, studioso, scienziato sapiente, schiari' splendidamente scibili sconosciuti, sproloquio' spietatamente sul suo secolo, stigmatizzandolo severamente. Storico saggio, sicuro, solerte, signoreggio' sugli sciocchi seccatori, sagacemente sprezzandoli. Sebbene senza sane supposizioni stranamente spregiato, stette saldo, si serbo' sempre suddito sottomesso, sopportando saviamente stupide satire sleali, segretamente stampate. Sorvolando sugli scemi sentimentalismi settari scrisse, stigmatizzandoli, sedici studi storici sapientemente semplici, sereni, scultorei. Sublime, si sacrifico' soccorrendo secondo suoi sinceri sentimenti sociali. Strapazzatosi si stremo', subiti sette salassi senza sentirne sollievo, sfinito, sul scendere serotino salmodiando santamente spiro'.


sabato 16 agosto 2025

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è brutto

 

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è un problema. Che va ridotto. Che è un pericolo. Che lo Stato rischia di finire i soldi.

Non vi hanno invece detto che:

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia aumenta il suo potere d’acquisto.

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia incrementa i mezzi finanziari in suo possesso, quindi il suo risparmio finanziario.

E l’incremento di risparmio finanziario è permanente, anche se i soldi ricevuti dal settore privato tramite il deficit dello Stato vengono spesi. Perché la spesa trasferisce risorse finanziarie da un soggetto a un altro, ma sempre nell’ambito del settore privato.

Vi hanno raccontato una cosa che sembra ovvia e naturale.

E invece è una BUGIA ENORME. Una delle più grandi menzogne mai raccontate.

martedì 12 agosto 2025

Chiarimenti sull’effetto espansivo del deficit pubblico

 

Conversando con Giovanni Piva, mi sono reso conto della necessità di chiarire alcune cose in merito all’effetto espansivo del deficit pubblico e a come questo effetto (non) vari in funzione di come viene “finanziato”.

Deficit pubblico significa che lo Stato spende più di quanto preleva con le tasse. Quindi immette moneta nell’economia. Questo è (dovrebbe essere ?) chiaro a chiunque.

Tuttavia, se contestualmente lo Stato emette titoli per “finanziare il deficit”, la moneta immessa viene ritirata e quindi l’effetto espansivo sparisce. Giusto ?

NO.

Lo Stato quando spende, spende MONETA. Quella entra nell’economia.

E se lo Stato spende per stipendi pubblici o per investimenti, IMMEDIATAMENTE genera PIL. La moneta passa di mano (arrivando al dipendente pubblico o al fornitore delle opere pubbliche) che si ritrovano con un incremento del loro risparmio finanziario.

Se viene loro offerta una forma di impiego sotto forma di titoli di Stato, sono di solito interessati ad utilizzarla. Ma l’effetto espansivo sul PIL SI E’ COMUNQUE GIA’ VERIFICATO.

NON è affatto vero che “l’effetto espansivo svanisce perché la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

OK, obietta qualcuno, ma se invece il deficit alimenta trasferimenti (esempio, pensioni) o riduzioni di tasse, che non contribuiscono direttamente al PIL ?

In questo caso l’effetto espansivo avviene per la quota di trasferimenti / riduzioni di tasse che si trasforma in spesa del ricevente, e non in crescita del suo risparmio personale. Una stima plausibile è che l’80% sia spesa e il 20% sia risparmiata.

Bene, su 1.000 euro di deficit 800 verranno spesi, e accresceranno le disponibilità finanziarie dei fornitori di beni e servizi verso cui la spesa si è diretta. I quali saranno poi interessati a utilizzare i titoli di Stato, SE vengono emessi, come strumento di impiego delle LORO accresciute disponibilità finanziarie. I 200 resteranno ai percipienti, i quali a loro volta li impiegheranno – magari in titoli di Stato.

Spero a questo punto sia chiaro che l’effetto espansivo del deficit pubblico deriva dalla quota di deficit che viene SPESA IN BENI E SERVIZI, a prescindere che il deficit pubblico si accompagni all’emissione di titoli di Stato – o meno.

Un altro esempio che forse aiuta a chiarire ulteriormente quanto sopra. Immaginiamo che lo Stato spenda non utilizzando la moneta ma DIRETTAMENTE titoli di Stato. Esempio: assume un insegnante o un infermiere e lo paga in BTP. Non si usa, ma non c’è nulla di tecnicamente impossibile, e neanche di tecnicamente complesso.

L’incremento di PIL è esattamente dello stesso importo rispetto all’eventualità (di gran lunga più comune) di pagarlo in moneta.

E se paghiamo in titoli di Stato una pensione ?

Il pensionato in parte la spende (vendendo prima i BTP) e in parte trattiene i titoli come forma di risparmio.

E da dove viene la domanda per i BTP venduti dal pensionato ?

Dal fatto che la spesa del pensionato in beni e servizi accresce le disponibilità finanziarie del fornitore dei beni e servizi medesimi.

In sintesi: che a fronte del deficit pubblico si emettano titoli di Stato o meno; che la spesa pubblica avvenga in moneta o in titoli; NON CAMBIA NULLA riguardo all’effetto di espansione del PIL.

L’effetto espansivo nasce DA UN’ALTRA COSA: dalla quota di deficit che alimenta, direttamente o indirettamente, la spesa in beni e servizi.

E l’emissione di titoli di Stato non vanifica nulla dell’effetto espansivo perché “la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

Conta la maggior disponibilità di potere d’acquisto a disposizione dell’economia (che il deficit automaticamente incrementa, sia che vengano sia che non vengano emessi titoli) e la propensione a spendere questo potere d’acquisto.

 

mercoledì 6 agosto 2025

Ponte sullo Stretto ?

 

Leggo che l’inaugurazione del ponte sullo stretto di Messina è stata programmata per il 2032.

Segnatevi questa previsione (in fondo mancano solo sette anni, con un po’ di fortuna saremo in circolazione per controllare).

Un’altra opera in programmazione, sempre con fine lavori 2032, è la metropolitana a Monza sotto casa mia.

Delle due, forse ce ne sarà una.

Forse.

E non sarà il ponte.

domenica 3 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti (segue)

 

Per tornare sul tema dell'ultimo post: i sovranisti desiderano appartenere a un’entità politica che si autodetermina democraticamente.

Che cosa significa ?

Significa che non delega le sue decisioni a entità esterne, e le affida invece a organismi eletti, e rimuovibili nel momento in cui l’elettorato valuti negativamente il loro comportamento.

La UE non è nulla di tutto questo. Limita e idealmente vorrebbe azzerare gli spazi di controllo democratico, sulla base del presupposto (inaccettabile e comunque costantemente smentito dalla realtà) che gli elettorati non siano in grado di decidere cosa sia opportuno per se stessi, e che una burocrazia tecnocratica sia invece in grado di farlo al meglio.

Questo è la UE, e questo è il motivo per cui ne auspico la sparizione.

 

venerdì 1 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti

 

Un po’ a sorpresa, l’accordo USA-UE sui dazi è stato criticato soprattutto dagli europeisti. Forse perché hanno visto smentito (una volta di più) il dogma che l’Europona gigante ha più forza contrattuale, più potere, più influenza degli staterelli nanetti.

Si sono visti, e questo sorprende di meno, molti di loro commentare cose tipo “voi sovranisti fate barricate contro il trasferimento di poteri a Bruxelles ed ecco i risultati. La UE è debole ed esce male dai negoziati, e voi la attaccate invece di darle più autorità”.

Qui c’è un equivoco evidente.

I sovranisti non si lamentano del fatto che la UE avrebbe potuto condurre meglio i negoziati.

I sovranisti non vogliono una UE che conduce meglio i negoziati.

I sovranisti vogliono un’Europa in cui ogni stato si autodetermina.

I sovranisti NON vogliono che la UE conduca proprio nulla.

I sovranisti NON vogliono la UE.

I sovranisti vogliono che ogni stato persegua autonomamente i propri interessi, rendendone conto al suo elettorato.

Mediante, se del caso e su determinati temi, accordi con altri stati (europei o magari anche no). Ma caso per caso e per ragioni specifiche e adeguatamente meditate e motivate.

I sovranisti non vogliono la UE. Come concetto di principio. Certo, rafforzato dal dato evidente che la UE non risolve i problemi veri, e anzi ne inventa di immaginari, rendendoli reali (e non risolvendoli mai).

 

domenica 27 luglio 2025

Aziende italiane svendute allo straniero ? non proprio

 

L’economia italiana, da Maastricht in poi, ha molti problemi, però di tanto in tanto anzi spesso ci si preoccupa di quelli che non esistono.

Quante volte avete sentito dire che le aziende italiane vengono massicciamente comprate da concorrenti e da investitori stranieri ? Che la nostra economia è ormai ampiamente colonizzata ?

Parecchie, immagino. Ma poi se si vanno a guardare i dati (pagine 17 e 18 qui, fonte Bankitalia) si scopre che gli investimenti diretti italiani all’estero erano, al 31 marzo 2025, stimati pari a 596 miliardi di euro; gli investimenti diretti esteri in Italia ammontavano invece a 445 miliardi. Saldo positivo per oltre 150 miliardi, quindi.

Siamo in presenza di quella che definirei un’illusione ottica. Quando uno straniero compra in Italia, l’oggetto della transazione è conosciuto. Quando un italiano compra all’estero, spesso si tratta di qualcosa che nessuno qui ha mai sentito nominare. Salvo casi particolarmente noti tipo Ferrero con Kellog’s: ma sono eccezioni.

Semplicemente, conosciamo meglio le cose nostre che quelle estere: ma non è provincialismo, sicuramente la stessa situazione si verifica in qualsiasi altro paese. E’ la normalità.

Le aziende italiane all’estero, a comprare, ci vanno. Spesso e volentieri, e più frequentemente di quanto avvenga il contrario.

 

mercoledì 23 luglio 2025

Il novanta per cento non capisce ?

 

Un altro, ennesimo luogo comune: “il 90% delle persone non capisce quello che non va, lì sta il problema”.

No, il 90% è probabilmente una stima eccessiva.

Penso che la consapevolezza dei meccanismi di manipolazione sia più alta del 10%. Ad esempio, riguardo alle bugie che si raccontano sull’euro e sul debito pubblico.

Il problema non è quello.

Il problema è che qualcuno effettivamente non capisce, qualcuno non sa che farci, qualcuno non pensa nemmeno che sia possibile farci qualcosa, qualcun altro ancora è semplicemente troppo impegnato a seguire i fatti suoi (e a evitare che escano di controllo).

E così le cose vanno avanti. Per inerzia. Nella direzione sbagliata, ma è una direzione molto difficile da modificare.

Non impossibile, beninteso. Ma i tempi sono lunghi e incerti.

domenica 20 luglio 2025

La moneta legale non è moneta obbligatoria

 

I sostenitori della “moneta sana” si scagliano costantemente contro la moneta di Stato perché è “manipolabile dai politici” nonché “imposta con la violenza”.

Tra loro si annovera un consistente numero di nostalgici del gold standard o (versione aggiornata dello stesso concetto) di entusiasti del bitcoin.

Mi pare opportuno ricordare ai monetasanisti che nessuna autorità pubblica impedisce di stipulare contratti denominati in moneta non di Stato. Niente vieta di firmare contratti, anche di lavoro o di collaborazione professionale, da regolare in bitcoin, in lingotti d’oro o in barili di petrolio.

In pratica non succede quasi mai, ma non a causa di una qualche ”imposizione violenta”. E’ che utilizzare in modo massiccio una moneta diversa da quella statale è estremamente poco pratico.

Per le esigenze di funzionamento di un’economia moderna, l’utilizzo di una moneta statale è in pratica indispensabile. Alla moneta statale si possono tranquillamente affiancare strumenti di scambi alternativi (personalmente sono un grande ammiratore del WIR e del Sardex): ma in funzione complementare, non sostitutiva.

sabato 19 luglio 2025

Quanto è diffusa la cattiveria ?

 

E’ un luogo comune, uno tra i tanti, dire che “al mondo c’è sempre più cattiveria”. Ma che cosa si intende per “persona cattiva” ?

Non è cattivo chi è occasionalmente (magari anche frequentemente) meschino, avido, gretto o insensibile. Sono comportamenti che di tanto in tanto abbiamo tutti. Per poi essere, in altri momenti, generosi, empatici, collaborativi e comprensivi.

Dipende dai momenti, dalle circostanze, dalle pressioni che subiamo, dai vincoli a cui siamo soggetti.

La mia definizione di cattivo è invece: qualcuno che trae piacere dal vedere il prossimo in difficoltà, dal fargli del male, dall’umiliarlo.

Esistono persone così ? purtroppo sì, ma per fortuna sono rare.

Il motivo per cui sembrano più numerose è che gli effetti dei loro comportamenti sono spesso molto visibili.

Perché non di rado ottengono più successo professionale, fanno più strada nelle organizzazioni, di quanto le loro capacità giustifichino.

Il motivo ? la stragrande maggioranza degli altri, con cui interagiscono, non riesce a capacitarsi che l'interlocutore possa essere così tanto sleale, bugiardo, prevaricatore. Perché se non ti viene spontaneo adottare certi comportamenti, non riesci neanche, emotivamente (intellettualmente sì, ma l’emotività in questi casi prevale sull’intelletto) ad aspettarteli dagli altri.

La buona notizia è che i cattivi sono pochi. La brutta notizia è che fanno più danno di quanto il loro numero farebbe pensare.

 

mercoledì 16 luglio 2025

Tennis e politica

 

Tutti contenti per la vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon. Però, siccome senza un po’ di polemica non ci si diverte, nei giorni successivi si è parlato parecchio dell’assenza di rappresenti istituzionali / governativi italiani in occasione della finale.

Una constatazione però non l’ho letta, ed è tuttavia (mi sembra) pertinente.

Non è che domenica scorsa ci sia stata la prima finale Slam con presenza italiana degli ultimi anni. In effetti dal 2010 in poi se ne sono viste non poche:

Francesca Schiavone, Roland Garros 2010 (vinta).

Francesca Schiavone, Roland Garros 2011 (persa).

Sara Errani, Roland Garros 2012 (persa).

Flavia Pennetta, US Open 2015 (vinta).

Roberta Vinci, US Open 2015 (persa).

Matteo Berrettini, Wimbledon 2021 (persa).

Jannik Sinner, Australian Open 2024 (vinta).

Jasmine Paolini, Roland Garros 2024 (persa).

Jasmine Paolini, Wimbledon 2024 (persa).

Jannik Sinner, US Open 2024 (vinta).

Jannik Sinner, Australian Open 2025 (vinta).

Jannik Sinner, Roland Garros 2025 (persa).

Jannik Sinner, Wimbledon 2025 (vinta).

Un totale di tredici presenze, se non mi è sfuggito qualcosa. E quante volte sono stati presenti ad assistere il presidente della repubblica o il capo del governo ?

Risposta: una sola. A New York nel 2015. Perché Matteo Renzi, noto furbacchione, andava sul sicuro: giocavano due italiane e quindi quello Slam non si poteva perderlo.

In effetti la polemica è nata dalla constatazione che a Wimbledon, a tifare Alcaraz, c’era il re di Spagna. Però tra Nadal e Alcaraz gli spagnoli di finali Slam negli ultimi vent’anni ne hanno fatte una tonnellata e non risulta che reali o primi ministri siano stati sistematicamente in tribuna.

Per quanto ne sappiamo,  il re Filippo era magari a Londra per farsi prendere le misure di uno dei suoi raffinatissimi abiti di sartoria esclusiva, e già che c’era se ne è andato anche a vedere il match. Ma non risulta essere una prassi sistematica, neanche per gli spagnoli.

Per cui Filippo ha visto Alcaraz perdere, e peccato per lui. Mattarella e Giorgia Meloni non hanno visto Sinner vincere, o più probabilmente l’hanno visto in TV, e va bene lo stesso. E ragioni per far polemica proprio non ce ne sono.

 

domenica 13 luglio 2025

Tassare di più i ricchi: è giusto ?

 

La sperequazione tra redditi e ricchezze detenute dalle varie classi sociali suscita indignazione, e ne seguono richieste di introdurre meccanismi fiscali che in qualche misura riequilibrino la situazione. In particolare, introdurre e/o inasprire la tassazione su patrimoni e successioni.

Il problema di queste proposte è che tendono a far pensare che la disponibilità di potere d’acquisto sia un dato fisso, e che quindi per dare qualcosa in più ai meno ricchi sia necessario togliere qualcosa ai ricchi.

C’è un errore di fondo. La gestione del sistema economico nelle economie avanzate prende per un dato di fatto questo presupposto: ma il presupposto è sbagliato. Da diversi decenni, il potere d’acquisto in circolazione è artificialmente compresso e le economie vengono mantenute a livelli inferiori al pieno impiego.

Il che crea la sperequazione, perché i ceti sociali svantaggiati sono costretti ad accettare condizioni di lavoro e di reddito spostate verso la pura sussistenza. L’offerta di lavoro viene razionata senza che ce ne sia necessità, e la forbice dei redditi si allarga di conseguenza.

Ci sono buone ragioni, di equità e di giustizia sociale, per tassare di più i ricchi, ma il problema delle diseguaglianze si risolve molto più efficacemente generando e mantenendo condizioni di pieno impiego delle risorse produttive: in primo luogo, del lavoro. Condizioni in cui la domanda è forte e stabile, e in cui le aziende sono spinte a competere per ottenere le prestazioni dei lavoratori – e non viceversa.

sabato 12 luglio 2025

Sviluppare la borsa non è la soluzione

 

Uno dei luoghi comuni in voga nell’ambiente finanziario italiano è che molti problemi verrebbero risolti grazie allo sviluppo del mercato azionario nazionale.

Lo sento dire da quarant’anni perché la mia carriera professionale è partita, appunto, quarant’anni fa. Ma senza dubbio lo si diceva anche prima. Con la ricchezza del tessuto imprenditoriale, con la vitalità delle PMI che caratterizza l’Italia, come può il listino di borsa essere composto da poche centinaia di titoli ?

Quarant’anni dopo i titoli sono sempre poche centinaia.

Il motivo per la verità è semplicissimo. Le floride PMI italiane sono aziende che fatturano, nella stragrandissima maggioranza dei casi, pochi milioni o poche decine di milioni.

E aziende di quelle dimensioni in borsa non ha senso che ci vadano. Se lo fanno, i valori scambiati sono risibili. L’interesse degli investitori istituzionali, che hanno grosse somme da muovere, è pressoché inesistente: non perché le aziende non vengano apprezzate, ma perché se hai una corazzata non ti muovi in uno stagno. I costi indotti, legali, di comunicazione, di produzione di dati, sono pesanti, a fronte di utilità scarsa o nulla per la gestione societaria.

Le PMI italiane semplicemente non sono oggetti adatti al mercato azionario. Non è né un bene né un male. E’ un fatto.

domenica 6 luglio 2025

Euro e surplus commerciale

 

Utilizzare l’euro comporta due macroproblemi, di cui uno è forse il più evidente ed è stato il primo, storicamente, a essere identificato. Ma non è il principale, ed è bene avere le idee chiare in merito.

Anche un efficace divulgatore come Claudio Borghi ogni tanto cade nell’equivoco.


“Oggi rivaluteremmo” se uscissimo dall’unione monetaria ? rivaluteremmo perché l’Italia ha un surplus commerciale di 60 miliardi all’anno ?

No, non rivaluteremmo. Il surplus commerciale è una determinante dell’evoluzione del cambio, ma solo una di parecchie.

L’Italia, pur non essendo uscita dall’euro, ha trasformato, tra il 2011 e il 2013, un deficit commerciale in un surplus. Ma questo non significa che sia diventata più competitiva, né che la rottura dell’euro implicherebbe una rivalutazione della Nuova Lira.

Il surplus commerciale è stato conseguito a seguito delle feroci politiche di compressione della domanda interna, e quindi delle importazioni, attuate in quegli anni.

Se l’euro si rompesse, l’Italia non rivaluterebbe la sua moneta. Molto più plausibile è una svalutazione, anche se probabilmente non di grande entità.

Fermo restando che il problema principale dell’euro non è la mancanza di flessibilità del cambio. Che è un problema, grave, molto grave.

Ma non così grave come lo è il non disporre delle leve di azione per condurre una politica economica, e principalmente una politica fiscale, conforme al mandato degli elettori.


sabato 5 luglio 2025

La differenza tra il Superbonus e il PNRR

 

Il Superbonus ha prodotto un rimbalzo del PIL (dopo gli anni del Covid) molto superiore al previsto, senza alcun incremento del rapporto debito pubblico / PIL.

Il PNRR non ha generato nulla di tutto questo. Finito il Superbonus, quando dovevano entrare in azione i mirabili effetti del PNRR, la crescita si è nuovamente afflosciata all’usuale zero virgola (usuale da quando l’Italia è nell’euro, s’intende).

La differenza ?

Il Superbonus sono stati soldi in più entrati nel sistema economico.

Il PNRR no. La quantità di soldi che entrano nell’economia (il deficit pubblico) è invariata, siamo solo vincolati a spendere come da mirabili ricette UE.

Tutto qui.

martedì 1 luglio 2025

Il problema inesistente

 

Non passa giorno che non si legga un articolo, un tweet, un post, con contenuti grosso modo simili a questo (qui riferiti agli USA, ma potrebbe essere qualsiasi altro paese).


Già, perché nessun partito politico “affronta il problema” ?

Risposta: perché il problema NON ESISTE.

Il debito pubblico è semplicemente una forma di impiego, offerta alla collettività, del risparmio finanziario privato.

E in un’economia che si sviluppa, dove le grandezze monetarie e finanziarie aumentano di dimensione nel tempo (per effetto della crescita reale e dell’inflazione, poca o tanta che sia) è ASSOLUTAMENTE NORMALE CHE AUMENTI ANCHE LA DIMENSIONE DEL DEBITO PUBBLICO.

Al mondo ci sono molti problemi veri.

Quello del debito pubblico è un problema inventato.

sabato 28 giugno 2025

Interazione nei popoli

 

Dice l’eclettico, spesso narcisista ma indubbiamente a volte acuto, Nassim Nicholas Taleb:

“Alcuni gruppi, alcune tribù, alcune nazioni sono intelligenti nonostante siano composte da individui stupidi. Altre sono stupide nonostante siano formate da persone intelligenti. E’ tutta una questione di interazione”.

Penso abbia ragione e peraltro una cosa non proprio simile ma in qualche modo assonante l’aveva detta Goethe:

“Ho sempre provato una profonda pena nel pensare al popolo tedesco, così grande nelle sue individualità e così miserabile nel suo insieme”.

mercoledì 25 giugno 2025

Il deficit commerciale USA è un problema ?

 

Da quando Trump ha lanciato la sua (schizofrenica) offensiva su dazi e squilibri commerciali, ho sentito spesso dire che gli USA si trovano a dover agire perché il loro deficit nelle partite con l’estero è “insostenibile”.

Il che mi lascia molto perplesso.

Il deficit commerciale genera passività finanziarie nei confronti dell’estero, certo. Ma nel caso degli USA, che pagano le importazioni in dollari, non vedo in che modo questo possa dare luogo a uno squilibrio insostenibile. Gli USA NON POSSONO “restare a corto di dollari”.

Aggiungo che le passività finanziarie che si vengono a produrre in seguito alle importazioni sono passività del settore privato, non del settore pubblico: per la semplice ragione che il settore pubblico USA acquista, in stragrande prevalenza, beni e servizi da operatori INTERNI, non esterni al paese. Detto altrimenti, sono i privati che importano, non il governo.

Il deficit commerciale può essere un problema se il settore pubblico si indebita in moneta estera, o se il settore privato accumula una tale quantità di passivo in valuta da creare dissesti su larghissima scala, costringendo il governo a intervenire (o se i creditori hanno un’influenza politica così forte da indurre il governo all’intervento, anche dove non sarebbe magari necessario).

Ma questa non è la situazione degli USA, il cui debito prodotto da deficit commerciali è privato e denominato in dollari; non è pubblico e non è denominato in valuta straniera.

Ricordo che la crisi finanziaria del 2008 è stata generata da un eccesso di debito privato accumulato dalle istituzioni finanziarie USA, prodotto non da squilibri commerciali esteri ma da attività speculative sviluppatesi ALL’INTERNO del paese (una grossissima bolla immobiliare).

Peraltro la crisi finanziaria è scoppiata perché le istituzioni pubbliche USA non sono tempestivamente intervenute con salvataggi e nazionalizzazioni, come avrebbero potuto e hanno in realtà fatto, ma solo dopo lo scoppio della bolla.

Non c’erano ragioni tecniche per non farlo prima. C’era un problema di consenso politico.

Trump è fissato con la necessità (a suo modo di vedere) di azzerare o almeno ridurre il deficit negli scambi commerciali con l’estero. Ma sta combattendo contro i mulini a vento.

 

lunedì 23 giugno 2025

Non sono un giurista ma

 

Non sono un giurista ma sto seguendo con interesse il dibattito in merito alla supposta “primazia” del diritto dell’Unione Europea rispetto ai diritti nazionali dei suoi stati membri.

La primazia del diritto UE mi pare una posizione logicamente insostenibile, e la ragione è semplice. Se c’è una cosa che nessuno mette in dubbio è che l’Unione Europea NON è uno stato. Non è una confederazione. Non è una federazione. Non è un’unità politica. E’ un sistema di trattati.

Dai trattati derivano degli impegni, e dall’eventuale mancato rispetto degli impegni possono derivare delle conseguenze.

Ma questo attiene alla sfera delle relazioni internazionali.

Che un organismo estero possa emanare disposizioni con valore di legge sul territorio nazionale degli Stati, e che giudici nazionali possano imporre la disapplicazione di leggi statali sulla base di normative o sentenze di organismi non nazionali, implicherebbe che gli Stati si siano fusi in una nuova entità politica.

Cosa che non è avvenuta.

Si può AUSPICARE che avvenga (io non lo auspico). Ci si può ATTIVARE affinché avvenga (io non mi attivo).

Ma non si può agire sul presupposto che sia già avvenuto. Perché NON E’ AVVENUTO.

Non sono un giurista ma una posizione contraria mi sembra logicamente insostenibile. Anzi, assurda.

venerdì 20 giugno 2025

Quando la tecnologia non migliora la vita

 

A volte mi danno del tecnofobo perché sono refrattario a utilizzare (certe) innovazioni tecnologiche.

Non lo sono affatto, tecnofobo. Senza tecnologia vivremmo senza luce, gas, riscaldamento, acqua corrente, medicina e chirurgia, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione e tante, tante altre cose a cui non ho nessuna intenzione di rinunciare.

Il punto è che CERTE innovazioni tecnologiche, invece, complicano la vita e creano problemi invece di risolverli.

Faccio un esempio che non tocca certo la vita quotidiana del grande pubblico, ma è importante per certe categorie professionali (tipo la mia): i programmi di word processing come li usano gli avvocati.

Fino a quarant’anni fa o poco più, un contratto di acquisizione di azienda lo scriveva a mano un avvocato e lo dava alla segretaria da battere a macchina. La procedura era piuttosto macchinosa, quindi il contratto conteneva (se era fatto bene) le cose essenziali, ma non più di quelle.

L’intero complesso dei contratti di acquisizione, finanziamento dell’acquisto, dettagli, allegati era composto magari da 40 pagine.

Entra in scena il PC.

Nello stesso tempo in cui prima si scrivevano 40 pagine, adesso se ne scrivono 400.

Pensate quindi che si sia ottenuto un incremento di efficienza e di produttività ?

Ripensateci. Le 40 pagine si riusciva a leggerle e a capirle. Le 400 pagine difficilmente si riesce, anzi spesso le parti in causa (venditore, compratore, finanziatore) non ci provano neanche

Il primo risultato è che nessuno capisce esattamente su cosa ci si è messi d’accordo.

Il secondo risultato è che, siccome l’avvocato NON ha scritto 400 pagine ex novo ma ha preso pezzi di documenti precedenti e ha cercato di copia  incollarli, adattarli e renderli coerenti, le incongruenze e le contraddizioni sono all’ordine del giorno.

Ne cito una banale che mi è successa (ma si vede di molto peggio): nel testo principale del contratto un certo pagamento di interessi era previsto tutti gli anni ad aprile, nell’allegato di sintesi (fatto apposta per "chiarire" quello che non si capiva leggendo il contratto) a giugno.

Il punto è che puoi scrivere dieci volte più velocemente di prima, ma non puoi leggere e comprendere dieci volte più velocemente di prima.

E non crediate che gli avvocati scrivano di più per farsi pagare di più. In realtà i costi legali sono casomai diventati più bassi rispetto al valore della transazione.

Io sarei assolutamente felice di pagare di più, non di meno, l’avvocato che scrive 40 pagine invece di 400. Ma se avanzo una richiesta del genere, mi rispondono che non si può comprare un’azienda senza centinaia di pagine di testi contrattuali (perché non si può ? perché la best practice prevede centinaia di pagine. Anche se per secoli ne è bastato un decimo. Boh.).

Ecco, questo è un esempio di (applicazione della) tecnologia che butterei volentieri dalla finestra.

 

mercoledì 18 giugno 2025

Panzane e no

 

Commento ricevuto relativamente a questo post:

“Sì vero, basta incrementare i deficit e le sofferenze umane finirebbero all’istante. Nella pratica nessuno lo fa perché sono panzane. Neanche agli studenti di Macro 1 si raccontano queste bestialità”.

No, effettivamente agli studenti di Macro 1 queste “bestialità” non si raccontano. Si racconta invece una panzana vera: si racconta che Stati gestori della propria moneta abbiano un problema di finanziamento del deficit e della spesa. Come possa essere vero, come possa essere creduto, è un mistero gaudioso. Produco a costo zero una cosa ma devo “farmela prestare” ???

Ci sono limiti ai livelli appropriati di deficit pubblico (limiti connessi, essenzialmente, all’inflazione). Ma che il problema sia finanziarlo, è una delle grandi bugie della storia umana.

martedì 17 giugno 2025

Non è che i politici al governo siano tutti disonesti…

 

…il problema è che chi sta al governo subisce l’influenza di grossi interessi privati.

Quindi che alternative ha ?

Se è disonesto, si allinea (facendosi adeguatamente compensare).

Se è integerrimo al 100%, gli interessi esterni trovano il modo di metterlo in condizione di non nuocere (a loro).

Se è magari benintenzionato ma pragmatico, scende a compromessi. Cercando di ottenere qualcosa a beneficio di chi lo ha eletto, ma evitando di valicare certe linee rosse (e un politico arrivato in posizioni di governo di solito capisce molto bene quali sono, queste linee rosse. Se no, non dura).

Non è il massimo, non è il meglio, ma funziona così.

domenica 15 giugno 2025

Non è il risparmio che finanzia il deficit

 

Come facciamo a finanziare il deficit pubblico ? per fare deficit occorre risolvere il problema di finanziarlo. Bisogna attingere al risparmio privato il che primo, non è ovvio né scontato; secondo, lascia meno soldi in circolazione per la spesa e per gli investimenti privati.

Vero ?

No.

No

NO………….

Il deficit pubblico IMMETTE soldi nell’economia. La differenza tra spesa pubblica e tasse raccolte, che è il deficit pubblico, LASCIA MAGGIORI RISORSE NEL SETTORE PRIVATO DELL’ECONOMIA.

Non esiste NESSUN problema di finanziamento del deficit pubblico. Casomai è il deficit pubblico che finanzia il settore privato.

Non esiste, a meno di aver deciso, senza alcuna motivazione logica né economica, che lo Stato spenda moneta che non emette.

Non esiste a meno di spendere moneta straniera.

Come ad esempio l’euro.

domenica 8 giugno 2025

Gli italiani investono male ?

 

Perché così tanti sentono la necessità di parlare di economia e finanza senza fermarsi cinque minuti a riflettere ?

L’ultima, letta qualche giorno fa: gli italiani sono dei pessimi investitori finanziari. Da che cosa si deduce ? dal fatto che negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria degli italiani si è incrementata del  60%. Ma il valore del mercato azionario mondiale si è invece accresciuto del 500%.

Per cui gli italiani sarebbero molto più ricchi se avessero impiegato una parte molto maggiore del loro risparmio in titoli azionari. E perché non lo fanno ? incompetenza, disinformazione, analfabetismo finanziario. Urge intervenire, no ?

No.

Volete sapere quali sono i macrotermini del problema ? ve li dico in termini di ordini di grandezza, perché i valori oscillano giorno per giorno. Ma approssimando le grandezze al centinaio di migliaia di miliardi (centinaio di trillioni) scopriamo che:

il PIL mondiale si aggira intorno a 100.000 miliardi di euro

il valore complessivo delle borse è dello stesso ordine di grandezza: 100.000

il valore del risparmio finanziario è circa 400.000, perché ai 100.000 di valori azionario si aggiungono 300.000 miliardi di titoli di debito (in quanto il debito di qualcuno è un’attività finanziaria di qualcun altro).

Per cui:

non stupisce affatto che i valori di borsa crescano più rapidamente (nei periodi in cui la borsa sale) dei valori totali del risparmio finanziario. Perché la borsa rende di più (in media, nel tempo), ma la popolazione NON PUO’ investire tutto il suo risparmio finanziario in borsa. Ma non per incompetenza, incultura o avversione al rischio.

Non può perché non ci sono abbastanza titoli azionari in cui investire. Non ci sono nel senso che non esistono.

mercoledì 4 giugno 2025

Ebbene sì, le tasse servono

 

Non bisogna lasciarsi trascinare dalla vis dialettica nel dibattere con gli euroausterici. Non bisogna lasciarsi andare ad affermazioni scorrette.

A volte sento esprimere ad attivisti MMT il concetto che “uno Stato che emette moneta non ha bisogno delle tasse per spendere”. Il che è vero nel senso che se lo Stato è il monopolista dell’emissione monetaria, e la moneta emessa dallo Stato è quella che deve essere utilizzata per pagare le tasse, PRIMA lo Stato spende e POI lo Stato tassa.

Ma questo non deve indurre a credere che uno Stato, con le dimensioni che il settore pubblico tipicamente assume, possa evitare, su base continuativa, di imporre tasse (e la MMT, applicata e interpretata correttamente, su questo è in realtà molto chiara).

La ragione è che la spesa pubblica al netto delle tasse prelevate, cioè il deficit pubblico, immette moneta nell’economia. E la crescita della moneta in circolazione deve essere pari a qualche punto percentuale all’anno, perché il potenziale di crescita del PIL nominale è di qualche punto percentuale. Non di DECINE di punti percentuali: a meno di accettare decine di punti annui di inflazione, intesa come crescita media dei prezzi.

Se la spesa pubblica è pari al 20%, al 30%, al 50% del PIL, una parte preponderante di questi ammontari deve essere sistematicamente prelevata in forme varie di tassazione.

O limitiamo la dimensione del settore pubblico a una frazione dell’attuale…

…oppure… le tasse dovranno, già solo per questa ragione, continuare ad esistere.

lunedì 2 giugno 2025

Moneta fiscale e indipendenza delle banche centrali

 

Le banche centrali pretendono di essere indipendenti dalla politica ma non rinunciano, spesso e volentieri, a fare politica. Nell’eurozona e in particolare in Italia, questo l’abbiamo molto chiaro in testa, quantomeno a partire dalla lettera Draghi – Trichet del 2011.

L’eurozona, area monetaria disottimale caratterizzata da una moneta senza stato, ovviamente è un caso limite. Però il problema è emerso e sta emergendo anche in altri contesti.

Al mancato, o ritardato, intervento della Bank of England nel sostenere i titoli di Stato britannici è attribuita la caduta del governo di Liz Truss, nel 2022. E Trump negli USA appare spesso in contrasto con la Federal Reserve riguardo alla politica monetaria.

Qui non entro nel merito su chi abbia, o abbia avuto, ragione o torto per quanto attiene a questi contrasti. Ribadisco però le mie perplessità (eufemismo) su quanto sia opportuno attribuire un potere di condizionamento così forte sulla politica economica a organi che si muovono in opposizione a un governo democraticamente eletto.

Di questo passo, potrebbe prendere piede (in qualche misura sta già avvenendo) una soluzione molto semplice e molto, molto efficace. L’emissione di Moneta Fiscale da parte dei governi. Titoli di credito fiscale a libera circolazione.

Le banche centrali scoprirebbero a questo punto che il loro monopolio nella gestione della moneta è scritto sulla sabbia.

 

giovedì 29 maggio 2025

La moneta fiscale, qualche anno dopo

 Ad anni di distanza, ho trovato interessante rileggere questo articolo di Roberto Perotti ma soprattutto il dibattito che si è sviluppato nei commenti, tra l'autore e i proponenti del progetto - Biagio Bossone, Massimo Costa, Stefano Sylos Labini, Giovanni Zibordi e naturalmente il sottoscritto.

Qualcuno ha fatto considerazioni assennate, qualcun altro meno. A voi il giudizio.

martedì 27 maggio 2025

Il rating del debito pubblico è importante ?

 

Si ritiene comunemente che il rating del debito pubblico sia importante perché da quello dipende il costo che il paese sostiene per finanziarsi.

Beh, non è così.

Il rating influenza il costo del debito IN MONETA STRANIERA, o comunque il costo di un debito NON SOSTENUTO DA UN PROPRIO ISTITUTO DI EMISSIONE.

Se il debito è espresso in una moneta emessa da un soggetto sotto il pieno controllo del governo, il costo del debito dipende esclusivamente da quanto il governo medesimo decide di riconoscere ai titolari del debito stesso. In Giappone il costo è stato prossimo o pari a zero per decenni.

Tutto ciò, fermo restando che uno Stato che emette la propria moneta non ha alcun bisogno di emettere debito per finanziare le proprie attività. Naturalmente se esagera rischia di creare inflazione; ma in quest’ultimo caso, ciò avviene sia che si emettano, sia che non si emettano, titoli di debito.

domenica 25 maggio 2025

Capone e Stagnaro, grazie in anticipo per le spiegazioni…

 

Luciano Capone e Carlo Stagnaro hanno identificato nel Superbonus le cause del fallimento dello Stato italiano, dato per sostanzialmente già avvenuto - almeno a giudicare dal titolo del loro libro.


Però questa previsione, o constatazione, non risulta un granché coerente con novità recenti, tipo questa


e questa


Che ne dite, Stagnone e Caparo sapranno spiegarci il perché ?

mercoledì 21 maggio 2025

Keynes e l’”encroachment of ideas”

 


“Sono sicuro che il potere degli interessi consolidati è grandemente sovrastimato rispetto alla graduale penetrazione delle idee”.

“Graduale penetrazione delle idee”. Questa è la traduzione corretta di “encroachment of ideas”. E così la pensava John Maynard Keynes. Ma ho il timore che fosse troppo ottimista.

In pratica, JMK riteneva che idee inizialmente, apparentemente, astratte e accademiche, possano nel tempo penetrare nella mentalità comune e nelle decisioni pratiche, spesso senza che la pubblica opinione e i decisori politici ne siano consapevoli.

Nella “Teoria Generale” il concetto è esplicitato nei termini seguenti:

“Le idee degli economisti e dei filosofi politici, sia quando sono giuste che quando sono sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda. In effetti, il mondo è governato da poco altro. Gli uomini pratici, che si credono del tutto esenti da qualsiasi influenza intellettuale, sono di solito schiavi di qualche economista defunto”.

Nel contesto del suo lavoro, Keynes quindi usava questo concetto per evidenziare come le sue stesse teorie economiche (e in particolare l’importanza dell’intervento statale per stimolare la domanda in periodi di crisi) potessero gradualmente sostituire il pensiero economico classico, e in particolare la fede nel laissez-faire e nelle capacità di autoregolazione del mercato.

L’”encroachment” quindi è (sarebbe) una trasformazione culturale e intellettuale che si consolida nel tempo.

Perché ho il timore che Keynes fosse troppo ottimista ?

Perché dopo una ventina d’anni di prove incontrovertibili che il mercato non si autoregola, che l’intervento anticiclico dei decisori politici è essenziale per risolvere le crisi, che il debito pubblico non impoverisce i paesi, che utilizzare una moneta non emessa dallo Stato è pericolosissimo…

…dopo una ventina d’anni di accumulo di queste prove, siamo ancora in preda a decisori politici che parlano della necessità di “consolidare le finanze pubbliche” e di “preservare l’indipendenza delle banche centrali”. Ed altre simili amenità.

E questo è difficile da spiegare se non con la constatazione che i poteri consolidati, i ”vested interests” hanno un potere tutt’altro che sovrastimato.