Claudio Borghi è
una figura molto nota tra gli economisti e i divulgatori che stanno oggi prodigandosi
in un’intensissima opera di informazione sulla crisi economica e sui problemi
del sistema monetario europeo. In questo momento è forse il più conosciuto in
Italia, insieme ad Alberto Bagnai (con il quale opera in stretto coordinamento)
e a Paolo Barnard.
Intervenendo in
una conversazione facebook, un paio di settimane fa ha scritto:
“Allora, cerco
di essere chiaro: per uscire dall’euro in modo unilaterale non c’è bisogno di chiedere
nulla a nessuno, si esce e stop, quindi è perfettamente inutile parlare con
altri in Europa di ciò. Ovvio che questa sia la mia prima scelta. Peccato che
però per farlo occorre che qui in Italia il 130% degli elettori sia convinto e
informato perché altrimenti i partiti tradizionali non faranno mai nulla. Io
faccio del mio per cercare di spiegare meglio che posso a tutti ma l’informazione
generalista sapete tutti a chi è in mano. Comunque non demordo”.
Nel frattempo,
insieme a Bagnai e a un gruppo di economisti di varie nazionalità, Borghi ha
sottoscritto un “Manifesto di solidarietà europea”, che propone “la
segmentazione controllata dell’eurozona mediante uscita preconcordata dei
paesi più competitivi”. Vale a dire, fondamentalmente, della Germania.
La citazione
sopra riportata indica senza ambiguità che Borghi non crede a questa soluzione,
cioè nella volontà della Germania di prenderla anche solo minimamente in
considerazione. Evidentemente il “Manifesto” è, per lui, uno strumento in più
per sensibilizzare la pubblica opinione. Ma la via rimane l’Italia che “esce e
stop” che però richiede un’altissima percentuale di elettorato “convinto e
informato”.
Tutto questo ha
una logica: ma a mio modesto avviso trascura che l’uscita “secca” dell’Italia
dall’eurozona è sicuramente fattibile, ma altrettanto sicuramente implica una
serie di problemi operativi, psicologici e politici.
Tra i problemi
operativi si possono citare: come evitare fughe di notizie nell’imminenza dell’attuazione;
come prevenire movimenti disordinati sui mercati dei capitali; come gestire i
contenziosi che sicuramente nasceranno (il creditore tedesco accetta di essere
pagato in nuove lire perché il finanziamento era di diritto italiano ? e nello
stesso tempo l’italiano che ha attività finanziarie in Germania ne ottiene la
rivalutazione, senza che i tedeschi dicano beh ?); quali saranno gli effetti di
cambio per banche e aziende che hanno sbilanci tra partite attive e passive con
l’estero, e che non hanno coperto perché non potevano sapere a che tipo di
rischio di traslazione erano esposte.
In merito a
quest’ultimo punto, tra l’altro, mi piacerebbe che qualcuno indicasse uno
studio relativo a questi effetti di traslazione e ai possibili scenari, valutati
anche sul piano giuridico (contratti che si convertono o meno, possibili azioni
di rivalsa eccetera). Forse ne esiste qualcuno: io li ho cercati ma non ne ho
trovati.
Dal punto di
vista dell’opinione pubblica, non mi stanco di ripetere una cosa. Il
risparmiatore italiano ha una sola certezza se gli si prospetta uno scenario di
euroexit dell’Italia. Che il suo conto corrente o i suoi titoli di stato
saranno trasformati in qualcosa che vale di meno. Da euro a nuove lire
svalutate.
Non spiegatemi (non
c’è bisogno) che il danno in realtà è minimo perché il risparmiatore italiano
vive e spende (di solito) in Italia e l’inflazione dovuta all’uscita non ci
sarà, o sarà in proporzione molto inferiore. Qualsiasi economista competente lo
sa. Ma la persona media in buona fede può non saperlo, non capirlo o comunque
non fidarsi.
Il punto è: la
via di rottura secca, di possibile deflagrazione, dell’eurozona è qualcosa su
cui un forte consenso di pubblica opinione è molto difficile da coagulare. Ed è
proprio su questo che hanno fatto affidamento i creatori dell’euro – chiudo la
porta, butto via la chiave e poi nessuno la ritroverà, o meglio in teoria sa
dov’è ma non se la sente di aprire la porta e uscire dalla prigione.
Ma su questo si
sbagliavano. Una costruzione economica o politica non è mai irreversibile. E’
caduto l’impero romano, è caduta l’Unione Sovietica, e dovrebbe essere
impossibile cambiare un sistema monetario ?
E’ POSSIBILE, ma
la complessità e soprattutto i tempi in cui si arriverà a farlo dipendono ANCHE
dall’avere a disposizione un progetto DI DETTAGLIO, che eviti tutti i problemi
operativi e psicologici che il break-up comporta (e che sarebbe un errore
ignorare).
E’ quello che mi
sto sforzando di fare divulgando il progetto Certificati di Credito Fiscale
(CCF), non solo avendolo ideato ma anche elaborandolo in una proposta di legge.
Che come qualsiasi cosa può naturalmente essere discussa e migliorata, ma
rispetto al “break-up” ha “qualche” vantaggio – tra cui: può essere introdotta,
letteralmente, DOMANI MATTINA.
Mi permetto di
suggerire a Claudio Borghi di riprendere in considerazione la via “morbida”, di
“affiancamento e sostituzione”, rispetto alla strada di rottura dell’euro. Dico
riprendere perché ho avuto modo di parlargliene quasi un anno fa,
riscontrandone interesse – a parole, perché da allora in realtà ha continuato a
battere sul concetto che “il break-up non ha alternative”.
Idem per Alberto
Bagnai: che ancora di recente ha scritto che qualcuno “difende ancora l’euro, a
volte in modo coperto, evocando monete comuni o parallele di cui non si capisce
mai bene il senso”. Probabilmente aveva in mente la proposta “euro-bancor” che
anch’io non ritengo credibile (pronto a cambiare idea, nel caso, quando ne avrò
visti i dettagli attuativi – al momento non mi risulta che nessuno li abbia
formulati).
Ma i Certificati
di Credito Fiscale sono tutt’altro. Sono sì una moneta parallela, ma introdotta
e costruita in modo da poter ottenere tutti i benefici del break-up, evitandone
però le elevatissime difficoltà di attuazione.
In qualche
misura è un problema di comunicazione, di etichette che sono più o meno
evocative e che quindi inducono (o no) chi le vede a pensare di averne capito
le implicazioni.
“Via dall’euro”
è uno slogan di tre parole, immediato.
“Introduciamo
una strumento monetario nazionale parallelo” ne richiede qualcuna in più.
Ma in entrambi i
casi, capire che cosa sia più efficace o meno, più semplice o più complesso da
attuare, richiede di andare oltre le etichette.
Giovanni Albin: per accettare i CCF bisogna aver già accettato la necessità di uscire dall'euro per le ragioni note....ma chi ha capito questa condizione non si accontenta di soluzioni ibride anche perchè sarebbero comunque osteggiate dalla troika , per cui tanto vale...meglio la chiarezza e la limpidezza della proposta di uscita dal'euro, che peraltro non averrà in modo lineare e pacifico ma in un generale sconvolgimento , già solo quando appariranno i sondaggi che dessero il M5S (o chi per esso) vicino alla maggioranza politica e con un programma chiaro di uscita dall'euro ....
RispondiEliminaNel momento in cui scrivi "generale sconvolgimento" hai già detto che cosa rende il break-up estremamente difficile. E ripeto, la chiarezza e limpidezza esistono solo a parole. Entra nel merito dei meccanismi attuativi: non è così.
EliminaUn articolo utile all'argomento:
RispondiEliminahttp://thefielder.net/22/09/2013/come-lasciare-leuro/
Però se capisco bene dopo il primo periodo lo stato dovrebbe convertire nella nuova moneta stipendi, pensioni eccetera. E per chi ha un mutuo, un affitto o un altro impegno fisso, che continua a essere espresso in euro, che cosa succede ?
Eliminasi converte tutto in lire.
EliminaSecondo me falliscono un pò di banche. Tanto meglio, è l' occasione biuona per (ri)nazionalizzarle e metterle veramente al servizio dell' economia.
Sicuramente a ruota parecchie banche tedesche e francesi si beccano belle perdite. Tanto meglio! Che fanno? Ci invadono con i panzer? (infondo la situazione la hanno cresta proprio loro crucchi), ci estremottono dal mercato comune? E si perderebbero un mercato di sbocco del genere? E si priverebbero di sub-forniture (a prezzi migliori, tra l' altro) dal giorno alla sera così? Come farebbero a rimpiazzarle in tempi decenti??
Il coltello è tutto dalla parte del manico per noi, basterebbe che ce ne rendessimo conto. Chi ha da perdere sono loro, non certo noi...
Ma se avessimo una classe dirigente che "se ne rende conto" e di conseguenza tutela gli interessi nazionali, non saremmo a questo punto...
EliminaCiao Marcocattaneo, cmq tu scrivi molto bene e chiaro: complimenti
RispondiEliminaCiao Jacopo, ci vediamo il 13 a Roma...
EliminaAvrei bisogno di un chiarimento dott.Cattaneo.
RispondiEliminaLa sua proposta a mio modo di vedere risulterebbe agli occhi della Germania un semplice trucco,un escamotage che sicuramente avrebbe successo anche in altri paesi del sud Europa e risolleverebbe le varie economie.
Lo scontro sarebbe inevitabile con i paesi core, non so se se ne rende conto e a quali conseguenze porterebbe?
giovanni
Posso sbagliarmi ma a mio parere la Germania non vuole "uccidere" le economie del Sud. Non vuole fare nessuna concessione perché ritiene di non dovere nulla a nessuno - né trasferimenti né rivalutazione dei propri salari né svalutazione dei propri crediti. Ma se non gli chiedi nulla di tutto questo, non si opporrà.
EliminaL'opposizione può casomai venire da Bruxelles, non da Berlino, perché si mettono i bastoni tra le ruote a un disegno accentratore. Ma da questo punto di vista Berlino può addirittura diventare un alleato. La Germania NON ha nessuna intenzione di cedere sovranità, anche se oggi influenza moltissimo la UE (ma domani chissà ? è - giustamente - la posizione della maggioranza dei tedeschi). Maggior potere alla UE NON è un disegno tedesco. La UE per la Germania è uno strumento che va bene finché le è utile, poi basta.
Sembra quasi paradossale, andiamo tutti a Bruxelles a chiedere "più Europa" e la germania manda l'UE per stracci! lo prenda per quello che è, un motto di spirito.
EliminaAltresì credo che un break-up con annessa la proposta di De Grauwe, si convertono in marchi, solo i bund di residenti tedeschi, potrebbe funzionare. Magari i CCF potrebbero essere usati come paracadute per ammorbidire il break-up, non saprei, può essere plausibile?
Sono d'accordo sulla posizione della Germania, a Berlino, come del resto a Parigi, nessuno ha intenzione di cedere sovranità né tanto meno di "morire per Maastricht".
EliminaIl suo progetto è molto interessante, e spero riesca ad ottenere l'attenzione che merita, ma c'è un punto che non riesco a capire: nel momento in cui il certificato viene emesso, e non sappiamo se sarà considerato un debito oppure moneta, e diciamo che non sappiamo se la sua scadenza sarà fra un anno, o 2, o 3 o 4 e cosi' via... perché il detentore estero di btp, diciamo un gestore di fondi o un'assicurazione, o un istituto di credito, non dovrebbe iniziare a sentire puzza di bruciato (e la crisi debitoria dell'estate 2011 nasceva da questo sentore) e vendere il suo titolo di stato denominato in Euro? grazie per ogni spiegazione.
sono peraltro pienamente d'accordo con lei quando scrive che l'uscita dall'Euro lascia completamente aperto il tema delle ritorsioni dei creditori esteri nei confronti di un paese che pensa di rimborsare i debiti con una moneta svalutata del 20/30/40%
@Voci dalla Germania
EliminaI paesi competitori non lasceranno svalutare la nuova moneta oltre una certa quota (probabilmente corrispondente al differenziale d'inflazione) perché se no davvero l'Italia diventa il paese della piena occupazione.
Anzi sarà divertente vedere la buba comprare ventre a terra la nostra moneta.
Dino977: cioè noi convertiamo il nostro debito in lire e la Germania rivaluta, ma lasciando in euro il debito verso residenti esteri - quindi abbatte il SUO rapporto debito / PIL ? C'è un do ut des che complessivamente sarebbe magari abbastanza equo, il problema è che sono soggetti diversi - i titolari esteri di debito pubblico italiano perdono, lo stato tedesco guadagna. Salvo esaminare maggiori dettagli, mi pare che questo sarebbe un problema.
EliminaVoci della Germania: la scadenza è a due anni e il progetto permette un recupero di PIL, nel frattempo, che migliora la solvibilità complessiva del debito pubblico italiano. Se poi i creditori esteri volessero essere ulteriormente tutelati, una possibilità è che l'Italia lanci un'offerta di scambio del debito in euro contro ulteriori quote di CCF, più a lunga scadenza. All'Italia sarebbe comunque molto utile, perché è importante ridurre velocemente il debito denominato in euro (cioè quello che è realmente tale). Addirittura si potrebbe negoziare che le emissioni di CCF possono essere dimensionalmente legate all'ammontare di debito in euro che si riesce a convertire. Questo è l'unico modo che vedo, tra l'altro, per rendere eseguibile il fiscal compact: interpretare gli obiettivi di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL come riferiti al debito pubblico da rimborsare cash in euro (l'unico, tra l'altro, per il quale i creditori esteri hanno razionalmente motivo di preoccuparsi). Il risultato è che l'economia italiana riparte subito, il debito in euro scende velocemente e nel giro di pochi anni la possibilità di una nuova crisi tipo 2011 cessa totalmente di sussistere.
EliminaAP: non c'è dubbio, in caso di break-up la neolira non si può svalutare oltre i livelli che renderebbero l'economia italiana ipercompetitiva.
EliminaRiporto parte della sua risposta(quella che mi interessa):
Elimina"Posso sbagliarmi ma a mio parere la Germania non vuole "uccidere" le economie del Sud. Non vuole fare nessuna concessione perché ritiene di non dovere nulla a nessuno - né trasferimenti né rivalutazione dei propri salari né svalutazione dei propri crediti. Ma se non gli chiedi nulla di tutto questo, non si opporrà."
Mi domando,se la Germania non vuole uccidere le economie del sud, come mai noi(e altri stati) con imprese e famiglie si è TANTO INDEBITATA??
giovanni
Non funziona il link e non mi è chiara la domanda: si è tanto indebitata la Germania, o ci siamo tanto indebitati NOI con la Germania ?
EliminaMi scusi x il Link
Eliminagiovanni
La Germania ha guadagnato competitività nei confronti del Sud Europa e generato surplus commerciali, la cui contropartita (è un semplice fatto di ragioneria) è l'aumento dei finanziamenti verso l'estero. Con un sistema di cambi flessibili, questo non sarebbe accaduto perché il marco si sarebbe rivalutato. Questo è uno dei motivi per cui occorre modificare il sistema monetario europeo ridandogli flessibilità. Io propongo di farlo mediante i CCF perché il puro e semplice ritorno alle monete nazionali via break-up ha difficoltà operative e (soprattutto) è un grossissimo problema costruire il necessario consenso politico e di pubblica opinione. Vedi la citazione di Borghi a inizio articolo.
EliminaDott.Cattaneo considerando il link di Voci dalla Germania che le ho postato non riesco ancora a capire xchè la Germania dovrebbe accettare di farsi togliere lo "zuccherino"che ha in mano e farci usare i CCF a noi e magari anche ad altri?
EliminaGrazie.
giovanni.
Naturalmente non ho certezze, però l'austerità imposta al sud Europa ha praticamente azzerato il deficit commerciale dei paesi mediterranei. La Germania continua a realizzare i suoi surplus di circa 200 mld annui, ma al nord e fuori dall'eurozona. Il sud come mercato di sbocco è collassato, mentre sono rimasti i rischi di deflagrazione dell'eurozona.
EliminaSe si delinea una via che elimina questi rischi, senza però che alla Germania venga chiesto NULLA - niente break-up, niente eurobond, niente transfer union, niente rivalutazione della moneta o dei salari e connessa perdita di competitività, niente svalutazione dei loro crediti - a mio modesto avviso sarebbe razionale per loro accettarla e anzi assecondarla.
E' vero secondo lei dott.Cattaneo che il collasso dei paesi del sud Europa favorisce lo shopping delle aziende da parte dei paesi del Nord?
EliminaC'è il rischio che tutto questa situazione porti VOLUTAMENTE a valutare il sud Europa a paesi "cacciavite" cioè serbatoi di manodopera a basso costo?
Se tutto questo è orchestrato sapientemente non sarebbe una ragione più che plausibile di BLOCCARE ogni PROGETTO di RINASCITA per esempio come i CCF?
grazie.
giovanni.
Qui ho un'impressione diversa rispetto alla maggior parte dei commentatori critici verso il sistema euro. Tra l'altro mi occupo proprio di investimenti in aziende in PMI italiane... e l'interesse dei capitali stranieri verso acquisti di aziende italiane oggi è ai minimi storici (il che tra l'altro non aiuta la mia attività, ma transeat...)
EliminaIl panorama dell'economia italiana e la situazione finanziaria non spinge certo a saltare sulle "prede" nostrane, neanche a prezzi stracciati (che stracciati poi non sembrano per aziende in difficoltà, che non fanno utili).
Poi, certo, ci sono le LVMH che acquistano le Loro Piana, ma sono imprese con mercati di sbocco fortemente internazionali, molto slegate dalla congiuntura domestica. E quel tipo di azienda, lo straniero che compra non la paga un prezzo stracciato...
Cito:
RispondiElimina"il creditore tedesco accetta di essere pagato in nuove lire perché il finanziamento era di diritto italiano ?"
Non ci resta che aspettare a piè fermen le panzer divisionen del fieren alleaten
O no?
Panzer magari no, ma de minimis ci dobbiamo aspettare ritorsioni sui crediti detenuti da italiani verso soggetti tedeschi... e un sacco di confusione a causa di contenziosi e diatribe che ne seguirebbero.
EliminaDott. Cattaneo ,potrebbe condividere con i lettori gli eventuali contatti avvenuti con esponenti politici, economisti,personalità influenti del mondo giornalistico,imprenditoriale,e in generale interessati al suo progetto?
RispondiEliminaMagari anche stranieri.Ha avuto riscontri positivi?Personalmente non ho competenza in merito,se non quella che da operaio subisco la crisi.
Grazie, Gabriele.
La primissima versione del progetto è uscita sul Sole 24 Ore, ma zero reazioni o quasi. Tra un paio di settimane sarà pubblicato il libro mio e di Giovanni Zibordi, e conto molto che aiuti a livello di comunicazione.
EliminaContatti politici ne ho avuti soprattutto con M5S, a cui ho fornito la bozza di progetto di legge.
Sia pure con molte contraddizioni, è evidentemente lo schieramento politico più disposto a ragionare su questi argomenti. Ma è all'opposizione...
Quando riusciremo a capire che il problema non è l'Euro in sé ma in un monopolio dell'emissione monetaria? Un'unica moneta buona per qualunque esigenza costituirà comunque un problema. Il problema in grande che noi vediamo per l'Euro lo avremmo (come lo abbiamo avuto) in piccolo all'interno di una nazione. Dobbiamo riuscire a capire che il problema è abbandonare il concetto di monopolio monetario ed abbracciare, finalmente, il concetto di eco-sistema monetario. Dobbiamo avere una pluralità di monete. Alcune più valide per gli scambi internazionali (cosa che potrebbe essere l'Euro), alcune per gli scambi nazionali, altre per gli scambi locali, altre ancora per scopi specifici (educazione, assistenza sociale, ecc.). Invito tutti coloro che sono interessati a questo tema a leggersi con attenzione le tesi, molto bene documentate ed espresse, per il più grande teorico contemporaneo delle monete complementari Bernard Lieater (www.lietaer.com). Il progetto di Cattaneo va nella direzione di creare una nuova moneta nazionale. Può essere utile, ma deve essere chiaro che lo stato, una volta incassato questi certificati, di fatto li deve poter riutilizzare per pagare le proprie spese, deve, cioè, essere una moneta alternativa a tutti gli effetti, altrimenti, nel medio termine, non facciamo altro che aumentare il debito pubblico. Io, quindi, sarei più propenso ad istituire un vero e proprio sistema nazionale di scambio complementare a quello dell'Euro. Senza il "trucco" di chiamarli Certificati di Credito Fiscale. Ne ho parlato ampiamente in questo articolo ed in altri in parte linkati nello stesso: http://investire.aduc.it/articolo/dilemma+non+cornuto+dell+euro_21026.php. Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensi Catteneo.
RispondiEliminaLeggo senz'altro e ne parliamo. Il concetto di eco-sistema monetario lo trovo interessante e per quello che intuisco è la direzione corretta in cui andare. Intanto però va risolto l'enorme problema costituito, nell'immediato, dall'euro di oggi.
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