Però di leggere
cose come questa, proprio non me lo sarei aspettato.
Esordio roboante
di Giulio Zanella: “Uno dei pilastri dell’edificio teorico anti-euro è la tesi
secondo cui la moneta unica europea avrebbe causato prima e perpetuato dopo
squilibri commerciali tra i paesi dell’area: surplus commerciale per la
Germania, corrispondente deficit commerciale per l’Europa mediterranea… ebbene
questi squilibri sono oggi spariti, in un modo che rivela chiaramente che quel
pilastro, come tutte le favole, è fatto di cartapesta”.
Segue grafico,
da cui si vede che con l’adozione di pesanti politiche di austerità
(principalmente a partire dal 2012) i deficit commerciali del Sud Europa si
sono quasi azzerati, mentre il Nord (la Germania soprattutto) è rimasta in
surplus.
Ma caro Zanella,
se un’area economica adotta violente politiche di contrazione della domanda e
cade in depressione (mentre il resto del mondo continua a crescere come prima)
il suo import crolla, l’export tiene e i saldi commerciali migliorano.
Questo vuol dire
che abbiamo sanato gli squilibri ? no, che abbiamo ucciso la domanda nel Sud
Europa.
La Germania nel
frattempo (si era già visto qui) rimane in surplus perché pur non avendo fatto
austerità, ha subito la caduta dei partner euro-mediterranei e anche lei ha
significativamente rallentato. Quindi meno export verso il Sud Europa e meno
import dal resto del mondo: effetto netto, surplus stabile.
Detto
altrimenti: l’austerità migliora i saldi commerciali di chi la fa. L’Eurozona
l’ha attuata: praticamente solo nel Sud, e i saldi solo lì sono migliorati
(rimanendo invariati al Nord).
Gli squilibri si
possono dire sanati SE E SOLO SE gli scambi commerciali sono in equilibrio a
fronte di un buon livello di PIL e occupazione, non “grazie” all’aver mandato
in depressione mezzo continente.
Gentile Giulio
Zanella, il pilastro era di cemento armato…
Difenderanno sempre l'indifendibile. Tutta l'economia neoclassica è fallata.
RispondiEliminaQui comunque, visto il "livello" delle argomentazioni, vedo più incompetenza che malafede...
EliminaE' troppo buono lei
EliminaDice ? non sono sicuro di quale delle due cose sia peggio...
EliminaUna domanda fuori tema rispetto al post. Cosa succede se dopo aver introdotto i CCF lo stato decide di denominare le sue imposte in CCF e non in Euro? I CCF diventerebbero a pieno titolo una nuova moneta con tanto di tasso di Cambio?
RispondiEliminaSe TUTTE le imposte fossero denominate in CCF, paradossalmente non ce ne sarebbero abbastanza (di CCF) per pagarle... il progetto prevede che circolino 400 mld di CCF mentre gli incassi annui della pubblica amministrazione italiana sono circa 750. Mentre lo stato non avrebbe abbastanza incassi in euro per far fronte ai suoi impegni.
EliminaTuttavia questa è effettivamente la strada per trasformare, se lo si desidera, i CCF in una moneta nazionale a tutti gli effetti:
1) Dopo l'introduzione dei CCF e via via che il pubblico si abitua a utilizzarli, lo stato comincia a usare i CCF per una parte crescente dei suoi pagamenti. Ad esempio: i dipendenti statali di nuova assunzione sono pagati in CCF, i nuovi contratti di fornitura sono espressi in CCF eccetera.
2) Il CCF viene ribattezzato "Nuova Lira", o "Fiorino" (ad esempio).
3) Via via che scadono quote di debito pubblico in euro, lo stato emette nuovi titoli (BOT e BTP) in Fiorini e non più in euro.
Il tutto mantenendo un equilibrio tra incassi e pagamenti in euro.
Gradualmente il Fiorino si diffonde sempre più (anche nei rapporti tra privati) e l'utilizzo dell'euro diventa sempre più residuale, fino a scomparire pressoché del tutto.
L'intera transizione può essere effettuata in 3-4 anni, fermo restando che l'effetto del progetto in termini di avvio della ripresa economica è immediato.
La strada giusta per il recupero integrale della sovranità monetaria a mio parere e questa, non la conversione improvvisa e immediata da euro a nuove lire di tutti i contratti, debiti, crediti eccetera (il break-up, in altri termini).
Un punto che i sostenitori del break-up come unica soluzione continuano a sottovalutare è che l'opinione pubblica è spaventata dal fatto che in quello scenario occorre chiudere le banche, è praticamente impossibile evitare fughe di notizie e turbative sui mercati finanziari, la gente si ritrova in mano conti bancari, titoli eccetera che perdono improvvisamente di valore e così via.
Quanta confusione e panico produce tutto questo ? con certezza è impossibile dirlo. Forse all'atto pratico non molta. MA NON E' POSSIBILE procedere con il break-up senza un forte consenso dell'opinione pubblica, e questo consenso è DIFFICILISSIMO DA OTTENERE appunto a causa di questi elementi di forte incertezza.