Di tanto intanto
si leggono proposte (recentemente, per esempio, da parte di Roberto Poli e di
Paolo Savona) imperniate su una grossa azione di dismissione di attivi
patrimoniali dello Stato. Questo, al fine di ridurre il debito pubblico e il
relativo carico di interessi passivi, che impedisce – si afferma – di rilanciare
l’economia con riduzioni di imposte e/o con incrementi di spesa pubblica.
Queste proposte
prevedono in genere di creare una grossa holding finanziaria a cui conferire –
per esempio – 400 miliardi di attivi, che potrebbero includere, tra le altre
cose, partecipazioni azionarie e cespiti immobiliari.
La finalità
sarebbe di ridurre il debito del 20% circa (rispetto ai 2.000 e oltre attuali), risparmiando quindi una quota
corrispondente di interessi – circa 16 miliardi, nell’esempio, su un totale di
80 miliardi annui.
Ma in realtà, se
questi attivi fossero vendibili a condizioni non svilite, che senso ha passare
tramite una megaholding ? Tanto vale effettuare direttamente le vendite. Fermo
restando che il vantaggio di 16 miliardi annui per il bilancio dello Stato è
teorico: con ogni probabilità i beni appetibili, cedibili senza difficoltà,
producono rendimenti (per esempio le partecipazioni in ENI ed ENEL pagano
ottimi dividendi) per un totale che rischia di essere anche maggiore dei 16
miliardi di interessi risparmiati.
Tutto questo,
senza entrare nel merito dell’opportunità di spossessarsi di partecipazioni di
interesse strategico per la nazione.
Il mega fondo
patrimoniale entra in gioco perché, nella mente di chi lo propone, svolgerebbe
una funzione diversa. Si prendono attivi dello Stato che oggi NON rendono 16
miliardi, anzi che non rendono pressoché nulla, e che NON sono vendibili per
400 miliardi. Li si conferiscono alla holding con l’idea che i 400 miliardi
saranno realizzabili nell’arco di svariati anni. Invece di vendere gli attivi,
si collocano le azioni della holding.
Ma a chi e a che
prezzo ? nessuno le pagherebbe 400 miliardi oggi.
Occorre, allora,
mettere in atto una conversione forzata di debito pubblico in azioni della
holding. Per esempio il titolare di 100.000 euro di BTP se ne vede convertire
20.000.
Queste azioni
potrebbero poi essere quotate, ma dati i presupposti il loro valore di mercato
sarebbe ben inferiore a 400 miliardi – o a 20.000 euro nel caso del signore
sopra citato. Forse si arriverebbe alla metà, ed è già probabilmente una stima
ottimistica.
Stiamo parlando,
in effetti, di una grossa operazione mascherata (ma neanche tanto) che può essere
descritta come una imposta patrimoniale sul debito pubblico, o come una sua
ristrutturazione.
Tralasciando le
reazioni degli investitori esteri, una buona parte di questo impoverimento
graverebbe sui risparmiatori italiani, ed è prevedibile che causerebbe un
pesante effetto negativo su consumi e investimenti. Effetto ben superiore al
beneficio di 16 miliardi di interessi risparmiati…
La via delle
cessioni di patrimonio per ridurre il debito pubblico non porta da nessuna
parte. La crisi italiana – la crisi dell’eurosistema in genere – si risolve in
tutt’altro modo.
Con una grossa azione di espansione della domanda finanziata da moneta di nuova emissione. Rimettendo
al lavoro persone e aziende oggi disoccupate o sottooccupate. Senza impatto
sull’inflazione: non c’è inflazione rilevante finché non vengono riassorbiti
livelli di disoccupazione massiccia, come gli attuali. E se ci sarà un po’ di
incremento, per esempio dall’attuale zero al 2%, è esattamente l’obbiettivo che
la BCE sta cercando di conseguire (senza sapere come, peraltro).
Le cessioni di beni
possono essere utili, in qualche caso particolare, se un compratore paga
particolarmente bene un attivo il cui possesso non riveste significativi
interessi strategici per il settore pubblico. O se si dimostra in grado (ma non
diamolo per scontato, non mancano gli esempi del contrario…) di gestirlo in
modo più efficiente, tenuto conto degli interessi complessivi della comunità
nazionale.
Ma riguardo alla
soluzione dell’eurocrisi, le cessioni di beni pubblici non sono assolutamente
in grado di svolgere una funzione primaria, o comunque rilevante.
Grazie del link ! sono proposte eversive rispetto alla tendenza che attualmente si sta cercando di far passare come una realtà incontrovertibile e immodificabile - che l'indipendenza delle banche centrali dagli stati (quindi da opportune forme di vigilanza e controllo democratico) sia un fatto necessario e naturale. E' vero il contrario...
RispondiEliminaQuanto alla denominazione di Riforma Morbida, che devo all'amico Giorgio Schembari, si spiega molto semplicemente: è morbida rispetto al break-up dell'euro... ma sottointende, certo una profondissima svolta di politica economia. Sotto questo profilo è un grande strappo.
Ma senza uno strappo di questo tipo non c'è soluzione alla crisi...
è la stessa cosa che fecero quando crollò l'unione sovietica. un terzo allo stato, un terzo agli stranieri e un terzo ai cittadini. ovviamente ai cittadini finirà la merda seppure cartolarizzata.
RispondiEliminama non è vero che le banche centrali sono indipendenti dal potere politico. draghi ha le mani legate dal potere politico tedesco.
RispondiEliminaè proprio perché sono sottomessi al potere politico e delle autorità di regolamentazione che è nato il banking shadow.
e lo stato rimane fregato dalle sue stesse regole...perché il rischio liquidità creato dal BS è tornato sulle spalle proprio dei governi..a dimostrazione di quanto stupidi sono i governi...
1) le banche guadagnano facendo girare i soldi di tutti...
2) i governi guadagnano voti impedendo ai soldi di girare usandoli come arma di ricatto per sottomettere i popoli....
MA CHI è QUEL PAZZO CHE COMPRA IMMOBILI DI STATO DOVE LO STATO STA IN AFFITTO SENZA PAGARE L'AFFITTO A CHI DOVESSE COMPRARLO E CHE AL CONTEMPO DOVRà PAGARCI LE TASSE????? E SENZA NEANCHE POTER CAMBIARE LA DESTINAZIONE D'USO SE FOSSE SFITTO?
RispondiEliminaCioè risponde al potere politico di un paese solo su diciotto ? Peggio ancora...
RispondiEliminaesatto. la colpa è degli stati. è quello più potente, la germania, ha maggiori colpe perché di solito il più potente è colui che deve guidare i più deboli così come in america il new england guidò l'unificazione degli Usa con la forza dei militari e dei dollari e non con l'austerità. ma la germania avendo perso due guerre ha il terrore di occuparsi del sud europa.
RispondiEliminaNon giurerei tanto che Draghi abbia le mani legate dal potere politici,a me sembra uno della cricca internazionale di cui fan parte gli eurousurai.E casomai,più che dal potere politico,sarebbe condizionato dalla Buba,uno stato nello stato.
RispondiEliminaQuanto al megafondo sono d'accordo con Marco,mica sono fessi gli investitori esteri...comprano quello che rende e a prezzi scontati (eni....),le cviofeche le lasciano a noi.
Quanto poi alla holding e al meccanismo descritto,è solo l'ennesima truffa ai danni dei peones.
se fa parte della cricca internazionale allora perché la cricca internazionale non riesce a fare in europa ciò che fanno in altre parti del mondo
RispondiEliminaguarda che oggi a comandare (indirettamente e senza una elite) non è la cricca di cui dici tu ma il banking shadow dove non esiste una cricca dato che sono milioni di cavallette che si muovono senza bisogno di una cricca.
anche milioni di pensionati hanno il loro fondo che va in giro sui mercati a radere al suolo un campo come fanno le cavallette.