D1. Che cosa
propone il progetto Moneta Fiscale riguardo all’Italia ?
R1. In primo
luogo, di emettere fino a un massimo di 200 miliardi annui di titoli di Stato –
i Certificati di Credito Fiscale, o CCF – aventi natura monetaria e non di
debito.
Per “natura
monetaria” s’intende che lo Stato italiano non si impegnerà a rimborsare questi
titoli, bensì ad accettarli, a partire da due anni dopo la loro emissione, a
fronte del pagamento di tasse, imposte, contributi previdenziali e sanitari,
multe eccetera: qualsiasi obbligazione finanziaria nei confronti della pubblica
amministrazione italiana potrà essere estinta utilizzando indifferentemente CCF
o euro.
Un CCF può quindi
essere definito una forma di moneta italiana con utilizzo differito.
D2. Perché
l’utilizzo è differito di due anni ?
R2. Perché, nel
momento dell’utilizzo, i CCF a parità di condizioni riducono gli euro incassati
dallo Stato italiano. Il differimento dà all’economia italiana il tempo di
ottenere un significativo recupero di PIL, e quindi anche di entrate fiscali,
compensando così l’effetto dell’utilizzo dei CCF quando giungeranno a
maturazione.
D3. A chi
verranno assegnati i CCF, e con quali dimensioni e tempistiche ?
R3. Il progetto
attuale prevede tre destinazioni principali: le aziende private, i lavoratori e
lo Stato stesso. Su 200 miliardi totali massimi all’anno, all’incirca 80 alle
aziende private, 70 ai lavoratori e 50 allo Stato. Riguardo alla tempistica, le
assegnazioni complessive potrebbero per esempio essere pari a 90 miliardi il
primo anno del programma, aumentare a 150 il secondo e raggiungere i 200 il
terzo, per poi rimanere stabili a quel livello.
Le aziende
private riceveranno CCF commisurati ai costi di lavoro da esse sostenuti. E’
previsto un meccanismo a scaglioni, con maggiore incidenza percentuale sui costi
pagati a lavoratori con redditi meno elevati. Per ogni 100 euro pagati in retribuzioni,
imposte e contributi, l’azienda riceverà, a regime, 20 euro in CCF. Per i
redditi più alti, la percentuale scenderà considerevolmente. Potranno essere
previsti meccanismi incentivanti per le aziende che incrementano l’occupazione.
Per i
lavoratori, il meccanismo sarà analogo, sempre a scaglioni: il lavoratore
percepirà, in aggiunta a una retribuzione netta di 100 euro, 20 euro in CCF –
con percentuale in discesa per i redditi alti.
D4. Quindi
aziende e lavoratori riceveranno gratuitamente un considerevole importo
di CCF, in pratica di moneta utilizzabile due anni dopo l’assegnazione originaria.
Che cosa ne faranno ?
R4. Chi non avrà
esigenze finanziarie immediate, potrà mantenerli come forma di risparmio
addizionale. Altrimenti potranno essere monetizzati in anticipo. Si svilupperà
un attivo mercato finanziario: i CCF sono, in effetti, una categoria di titoli
di Stato. Ci saranno a regime massimi 400 miliardi di CCF in circolazione (due
anni di emissioni, dopo i quali le nuove assegnazioni sostituiranno quelle in
scadenza).
La
monetizzazione anticipata comporterà uno sconto finanziario, in quanto 100 euro
di CCF equivalgono (per quanto riguarda gli impegni verso il settore pubblico
italiano) a una banconota da 100 euro che non posso utilizzare se non tra due
anni. Ma il valore finale è certo, addirittura più di quello di un BOT destinato
a essere rimborsato in euro. Lo Stato potrebbe, infatti, andare in default sui
suoi impegni di pagamento di euro, mentre il CCF avrà sempre e comunque un
valore.
Lo sconto
finanziario sarà determinato dal mercato, ma approssimativamente lo si può stimare
non molto diverso da un tasso BOT a due anni.
Il compratore
finale dei CCF scambiati sul mercato sarà un soggetto che avrà esigenze di
pagamento nei confronti dello Stato italiano, per tasse o altro, e li
utilizzerà quindi alla scadenza.
D5. Per quali
motivo è prevista l’assegnazione di altri 50 miliardi, attribuiti direttamente
allo Stato italiano medesimo ?
R5. Potranno
essere utilizzati per altre forme di sostegno della domanda, quindi di spesa:
integrazione di reddito alle categorie disagiate, investimenti pubblici, spesa
sociale, interventi di ricostruzione in aree colpite da calamità naturali
eccetera.
D6. Perché viene
proposta un’emissione annua massima di 200 miliardi ?
R6. A causa del
calo di PIL prodotto nel 2008 dalla crisi finanziaria mondiale, e ulteriormente
(soprattutto dal 2012 in poi) dall’eurocrisi, il PIL italiano è fortemente
inferiore al suo potenziale. Se dal 2007 in poi si fosse avuta una crescita
reale media dell’1% - tasso considerato già modesto in condizioni normali – il
PIL 2015 sarebbe più alto di oltre 300 miliardi. Questo è l’output gap da
colmare. Una crescita media del 5% all’anno per tre anni è fattibile con la
riforma proposta, e colma la maggior parte di questo deficit di PIL.
D7. Le
assegnazioni annue massime previste però sono 200, non 300 miliardi.
R7. Sì, in
quanto un’immissione di domanda nell’economia avvia una catena di eventi – il
percettore di maggior reddito a sua volta in parte lo spende, aumentando il
reddito di altre aziende e/o individui, eccetera. Quindi l’effetto è più che
proporzionale.
D8. La
composizione dell’intervento di 200 miliardi – 80 alle aziende private, 70 ai
lavoratori, 50 in spesa pubblica – è arbitraria ?
R8. La
composizione esatta sarà il frutto di decisioni politiche. E’ però fondamentale
l’ordine di grandezza destinato alle aziende, in quanto occorre riallineare il
costo del lavoro per unità di prodotto italiano a quello dei membri più
efficienti dell’eurozona, in particolare della Germania. 80 miliardi sono il
18% circa dei costi di lavoro delle aziende private italiane, e l’attribuzione
di CCF ai datori di lavoro riporta quindi la competitività italiana a livelli
tedeschi, con risultati simili (anche se tramite un meccanismo differente) a
quanto farebbe la “spaccatura” dell’euro e il conseguente riallineamento
valutario.
Viene così meno
una fonte di squilibri: senza un miglioramento della competitività italiana,
buona parte del sostegno della domanda prodotto dai CCF alimentarebbe domanda
di prodotti esteri, squilibrando la bilancia commerciale. In questo modo, al
contrario, le aziende italiane diventeranno immediatamente più competitive, esporteranno
di più, e guadagneranno mercato interno nei confronti delle importazioni.
Va notato che
questo non comporta un danno significativo per la Germania, perché in aggiunta
a quanto sopra, l’Italia otterrà anche una forte ripresa economica, il che
aumenterà il suo import, compreso di prodotti nordeuropei. Oggi i saldi
commerciali italiani sono positivi (partite correnti attive per il 2% circa nel
2014), ma solo grazie a una domanda interna molto depressa, che limita le
importazioni. Con la ripresa dell’economia, i due effetti si compenseranno –
più import per la maggior domanda, maggior export netto per la maggior
competitività. La bilancia commerciale italiana resterà in equilibrio, ma a
livelli decisamente più alti sia di import che di export.
D9. Si diceva
prima che le erogazioni non saranno pari a 200 miliardi fin dal primo anno, ma
raggiungeranno questo livello nel corso di un triennio…
R9. E’ realistico
scaglionare l’intervento nel tempo, perché la maggior domanda dovuta ai CCF
stimolerà le aziende a produrre di più, ma rimettere in moto la capacità
produttiva oggi inutilizzata richiede tempo. I livelli effettivi e la
distribuzione temporale saranno tarati in funzione della risposta
dell’economia, in modo che l’occupazione recuperi senza che l’inflazione
risalga in modo eccessivo. Oggi siamo a zero inflazione e occorre ritornare al
2%.
Anche la quota
destinata alle aziende (gli 80 miliardi) potrà essere regolata nel tempo,
sempre con l’obiettivo di mantenere in sostanziale pareggio i saldi commerciali
esteri.
D10. Il progetto
prevede anche l’introduzione dei cosiddetti “BTP fiscali”. Di che cosa si
tratta ?
R10. Sono titoli
di stato con scadenze varie – anche pluriennali – che (analogamente ai CCF) non
pagano interessi e capitale in euro. Interessi e capitali sono pagati in Moneta
Fiscale, utilizzabile per onorare impegni finanziari verso la pubblica amministrazione.
Esattamente come i CCF, appunto.
D11. Come
verranno introdotti, e con quali finalità ?
R11. In primo
luogo, al momento in cui cominceranno le assegnazioni dei CCF, si darà la
possibilità a tutti i possessori di titoli di stato “tradizionali” (BOT, CTZ,
BTP, CCT eccetera) di convertirli in BTP fiscali, con scadenze più lunghe e con
un tasso d’interesse più alto. Per esempio un BTP con tre anni di vita residua
e cedola del 2% potrebbe essere convertito in un BTP fiscale con sei anni di
vita residua e cedola del 4%. Questa opzione di conversione rimarrà
esercitabile (da parte del possessore del titolo) per tutta la vita residua.
Si evita in tal
modo che l’annuncio della riforma dia luogo a movimenti speculativi sui mercati
finanziari. Se il mercato dovesse reagire negativamente, si potrebbe creare una
pressione al ribasso nel valore nei titoli di stato in circolazione (quelli
tradizionali) creando problemi, per esempio, ai bilanci degli investitori
istituzionali (banche, assicurazioni eccetera) che li possiedono. Ma se un
titolo di stato è sempre convertibile in BTP fiscali – quindi in un titolo che
mantiene sempre, con certezza, un valore, perché è utilizzabile per pagare
tasse e non ha quindi rischio di default – la pressione al ribasso sopra citata
incontra una soglia.
Questa,
peraltro, non è l’unica finalità. Tanti più titoli vengono convertiti in BTP
fiscali, tanto più diminuisce l’ammontare di titoli di stato “tradizionali”,
che possono dar luogo a default. Si riduce così la possibilità di una “crisi
dello spread” come quella del 2011.
Per quanto
riguarda le nuove emissioni, anch’esse dovranno avvenire, nella maggior misura
possibile, mediante BTP fiscali e non emettendo titoli “tradizionali”. Il
debito in euro, quello che deve essere rimborsato e quindi può dar luogo a
default, deve essere ridotto il più rapidamente possibile, idealmente a zero. E’
prevedibile che sul mercato ci sia interesse per le emissioni di BTP fiscali, anche
in funzione del fatto che verranno ridotte – idealmente azzerate – quelle di
titoli “tradizionali”, e che i loro abituali compratori (specialmente gli
investitori istituzionali italiani) dovranno reimpiegare la loro liquidità. Uno
strumento d’investimento senza rischio di default è interessante per motivi
analoghi a quelli che rendono appetibile un titolo di stato in moneta sovrana.
D12. Ma i CCF e
i BTP fiscali non sono comunque debito pubblico ?
R12. Sono un
equivalente di moneta nazionale. Lo Stato italiano li accetterà in pagamento di
imposte e altre obbligazioni finanziarie nei suoi confronti, ma non dovrà mai
rimborsarli. L’emittente non li deve rimborsare in euro e quindi non potrà mai
essere forzato al default.
D13. Quale sarà la
reazione dei partner europei ?
R13. Il progetto
Moneta Fiscale è la via per rendere sostenibile il sistema monetario europeo (senza
attuare una “transfer union”, che la Germania non accetta) ed elimina il rischio
di una deflagrazione dell’Eurozona. Inoltre, non si richiede alcun contributo
finanziario alla Germania, e non si convertono le attività finanziarie italiane
(depositi bancari, titoli di Stato) in una moneta destinata a svalutarsi.
D14. I trattati
vanno riformulati ?
R14. Nella forma
attuale, sono ineseguibili. D’altra parte sono stati concepiti su istanza dei
paesi dell’ex area marco, che temono di doversi far carico dei debiti di uno o
più paesi del sud. Il progetto Moneta Fiscale produce una forte ripresa
economica dei paesi che lo adottano e nello stesso tempo riduce, con
l’obiettivo realistico di azzerare, il debito che crea rischio di default.
D15. Esistono
tuttavia dubbi che il progetto Moneta Fiscale possa essere attaccato in quanto non
conforme ai trattati.
R15. Paradossalmente
chi solleva questo tema afferma spesso che, essendo il progetto Moneta Fiscale a
rischio di attacco sulla base della non conformità ai trattati… bisogna attuare
il breakup ! Come se il breakup li rispettasse…
Il punto chiave
è che il progetto rende possibile il conseguimento degli obiettivi economici
che i trattati si prefiggono, in quanto consente sviluppo economico,
occupazione, stabilità monetaria e riduce rapidamente, fino a eliminarli, i
rischi di default sui debiti pubblici e i conseguenti dissesti finanziari. Al
contrario, gli obiettivi dei trattati non sono conseguiti da una serie di altre
azioni – l’OMT, le iniziative di sostegno intraprese dalla BCE, il QE stesso –
che, a loro volta, sono attualmente oggetto di azioni legali. Si può sicuramente
affermare che il progetto Moneta Fiscale è, rispetto a queste iniziative,
almeno altrettanto conforme ai trattati, nonché enormemente più efficace per
quanto attiene al raggiungimento dei loro obiettivi.
E’ importante
tenere a mente che la Moneta Fiscale non è debito, in quanto lo stato emittente
non ha obbligazioni di rimborso. Ma non viola neanche il monopolio di emissione
della BCE, che riguarda la cosiddetta “legal tender”, cioè la moneta che
estingue qualsiasi tipo di obbligazione denominata in euro. Con la Moneta
Fiscale italiana non posso estinguere un’obbligazione nei confronti di un
soggetto privato, italiano o estero. Solo lo stato emittente si impegna ad
accettarla, a partire da due anni dopo l’emissione: e questo dà valore alla
Moneta Fiscale. Ma al contrario dell’euro, la Moneta Fiscale non ha potere
liberatorio automatico delle obbligazioni contratte in euro.
D16. Che effetti
si verificano riguardo al fiscal compact ?
R16. Il fiscal
compact impone un percorso accelerato di riduzione del rapporto debito pubblico
/ PIL. Per l’Italia (ma anche per altri paesi) si tratta di obiettivi
totalmente irrealistici. Richiederebbero manovre fiscali pesantissime che
abbatterebbero ulteriormente il PIL, e tra l’altro impedirebbero di conseguire
la riduzione del rapporto debito / PIL.
Nelle condizioni
attuali il fiscal compact è quindi ineseguibile. Il progetto Moneta Fiscale,
d’altra parte, fornisce proprio la via per rispettarlo, a condizione che venga chiarito
in modo inequivocabile che i CCF e i BTP fiscali non sono debito, in quanto non
creano rischio di default. In questo modo gli obiettivi di riduzione del
rapporto debito pubblico / PIL sono raggiungibili. E gli interessi diventano collimanti:
il debito pubblico italiano espresso in euro, che la Germania teme, un giorno,
di doversi sobbarcare a seguito di un default italiano, scende rapidamente e
viene sostituito da emissioni di Moneta Fiscale italiana (non soggetta a
default). Situazione enormemente più tranquilla sia per la Germania che per
l’Italia.
D17. L’emissione
di Moneta Fiscale non produrrà inflazione ?
R17.
L’assegnazione di CCF produce un forte recupero della domanda e del PIL, ma gli
effetti inflazionistici sono enormemente limitati dall’altissima quota di
disoccupazione, quindi di capacità produttiva inutilizzata. Solo se l’ammontare
emesso superasse i livelli che consentono il ripristino della piena occupazione
si produrrebbe un eccesso d’inflazione. Va anche ricordato che, attribuendo CCF
alle aziende in funzione dei loro costi di lavoro, se ne riducono i costi
produttivi, con un effetto mitigante sull’inflazione. Peraltro, se un qualche
modesto incremento avesse luogo, è esattamente quanto serve per riportarla
dall’attuale zero (con rischio di cadere in deflazione) all’obiettivo BCE del
2%.
D18. Perché
preferire il progetto Moneta Fiscale alla “spaccatura” dell’euro ?
R18. Perché è
una riforma che può essere tranquillamente discussa e analizzata alla luce del
sole e non una “deflagrazione” da attuare di sorpresa, in tempi rapidissimi,
con rischi di panico bancario e sui mercati finanziari.
Perché non
costringe la Germania a lavorare, d’improvviso, con una moneta rivalutata.
Perché non c’è
svalutazione dei crediti stranieri verso l’Italia.
Perché non ci
sono effetti redistributivi su aziende e banche, e contenziosi in quanto non è
esattamente chiaro quali crediti e debiti si convertono in “Euro Nord” o “Nuovi
Marchi”, e quali in “Euro Sud” o “Nuove Lire”.
Perché il
cittadino italiano non si vede trasformare i suoi risparmi, il suo stipendio,
la sua pensione, d’improvviso, in un oggetto diverso, di cui è chiaro solo che
varrà di meno.
D19. Il progetto
Moneta Fiscale è applicabile ad altri paesi ?
R19. Certamente:
tutti i paesi dell’Eurozona che hanno oggi difficoltà, o comunque livelli di
competitività inferiori a quelli tedeschi, nonché alta disoccupazione, possono
introdurli (anzi è raccomandabile che lo facciano). Ciò nella misura, caso per
caso, opportuna per ripristinare competitività e piena occupazione, rispettando
i vincoli di inflazione stabile e moderata, e di equilibrio nei saldi
commerciali esteri.
D20. I CCF
diventeranno, a un certo punto, una vera e propria moneta circolante ?
R20. Il progetto
funziona anche a prescindere che i CCF vengano utilizzati per transazioni
correnti. Tuttavia è probabile che l’utilizzo quotidiano prenda piede e si
incrementi. Anche senza emetterli sotto forma di monete e banconote ma usandoli
per pagamenti elettronici (ad esempio via carta di credito) e come sottostante
nella definizione di contratti di lavoro, affitto, compravendita, eccetera. E’
possibile, a un certo punto, che il CCF diventi a tutti gli effetti la moneta circolante
principale.
E a Daniele Basciu che in un meeting l'anno scorso avevo chiesto..perché non considerare anche i CCF come soluzione...
RispondiEliminaoggi leggo questo:
http://www.retemmt.it/economia/item/448-ccf-in-eurozona-tutto-quello-che-funzionerebbe-e-vietato
a voi (Cattaneo /Zibordi le eventuali le repliche..)
Shardan
Il prossimo post sarà (anche) una risposta ai temi sollevati da Daniele Basciu.
EliminaAvete dimenticato la cosa più importante. Chi impedisce allo stato di alzare le tasse?
RispondiEliminaE perché mai dovrebbe preoccuparci, questo ? Noi vogliamo ridurle.
Eliminama nella vostra proposta chi emette i ccf è lo stesso che tassa. quanto tempo pensate di fare i finti tonti prima di risolvere questo punto?
EliminaIn qualsiasi paese dotato di moneta sovrana (tutto il mondo Eurozona esclusa, in pratica...) chi emette la moneta è lo stesso soggetto che tassa. Non c'è nulla da risolvere, c'è da tornare alla normalità.
Eliminano. nei paesi democratici avanzati il soggetto che tassa ha solo una quota azionaria del soggetto che emette. partecipa ma non monopolizza. non ha il monopolio di emissione. partecipa all'emissione bilanciando i poteri. voi invece volete far emettere i ccf dallo stato in regime di monopolio.
Eliminanell'articolo di basciu si parte subito con una teoria sbagliata ovvero il credito va al privato e i debiti al pubblico. questo errore genera tutti gli altri a cascata. il socialismo sta finendo ragazzi è inutile che trovate scappatoie. o finisce bene aprendosi al mercato (ammortizzatore) o finisce malissimo con guerre civili.
RispondiElimina