Abbondano, in
questi ultimi giorni, le dichiarazioni ottimistiche in merito alle azioni di
politiche monetaria messe in atto dalla BCE, e rafforzate, ben s’intende, dai
vantaggi prodotti dalle “riforme strutturali”, o riforme tout court per gli
amici. Naturalmente la ripresa era stata prevista a inizio 2009, 2010, 2011,
2012, 2013 e 2014. Poteva fare eccezione il 2015 ?
Mi sono sforzato
di spiegare, e non sono certo l’unico, che:
UNO, il QE
lanciato da Draghi dà un beneficio prossimo allo zero sul rilancio della domanda
aggregata, e quindi anche della produzione, dell’occupazione e dei prezzi.
DUE, se oggi c’è
un alito di ripresa, è sostanzialmente da imputare alla svalutazione dell'euro e
alla caduta del prezzo del petrolio e delle materie prime in genere.
Svalutazione e
materie prime qualche effetto significativo lo daranno, nell’ordine forse
dell’1% di miglioramento del PIL. Attenzione però: questo significa che nel
2015 la variazione del PIL reale italiano sarà, probabilmente, del più zero
virgola invece che del meno zero virgola. Presentare questo come un’”uscita
dalla crisi”, tenuto conto che l’Italia ha perso circa il 10% di PIL reale
rispetto al 2007, si commenta da sé.
C’è anche di
peggio: il dollaro non può continuare a rafforzarsi del 20% o del 30% contro
euro tutti gli anni. E i prezzi delle materie prime a un certo punto
invertiranno la tendenza.
Fermo restando
che i benefici della svalutazione e delle materie prime sono “beggar-thy-neighbour”:
in parte sono erosi, cioè, dal fatto che il dollaro forte a un certo punto rallenta
gli USA, e che il calo del prezzo del petrolio mette in difficoltà i produttori
– che sono paesi che assorbono esportazioni dall’Eurozona, ovviamente.
In realtà la
congiuntura svalutazione / materie prime potrebbe essere un utile trampolino di
accompagnamento di una ripresa vera se si accompagnasse a politiche fiscali
espansive all’interno dell’Eurozona. Vale a dire, se si rottamassero il Fiscal
Compact e il patto di stabilità. Ma di questo non si sta parlando per nulla,
per cui temo piuttosto il rischio opposto, che si prenda cioè la presunta
ripresa come alibi per forzare gli stati a riaccelerare la riduzione dei
deficit pubblici. La ricetta ideale per stroncarla (la ripresa) in culla,
insomma.
Per citare quanto
affermava pochi giorni fa Paul Krugman, “la caduta dell’euro sembra riflettere
la percezione che l’Europa (NB in realtà l’Eurozona) sia destinata a restare
depressa nel lungo termine”. Aggiungo io, non solo la caduta dell’euro: anche i
tassi d’interesse sui titoli di stato abbassati a livelli inverosimili (o che
sarebbe sembrato tale ancora non molti mesi fa) – i bund tedeschi negativi fino
a sette anni di scadenza, i BTP italiani decennali all’1,1%, eccetera. Tassi
così bassi implicano che il mercato dei capitali sta ipotizzando deflazione,
trappola della liquidità, depressione, disoccupazione massiccia per molti anni
a venire.
Non prendetemi
per un pessimista cronico, comunque. Chi segue questo blog sa che la soluzione esiste. Certo, la sua attuazione richiede un cambiamento di impostazione delle
politiche economiche dell’Eurozona che, a tutti gli effetti sostanziali (e
forse anche formali) dovrà passare per un autentico cambiamento di regime.
Bel post...non è questione di ottimismo o pessimismo è la realtà...o l'euro viene superato come forma mentis e quindi strumento concretizzato dall'ideologia folle prettamente politica e giuridica o sennò ci saranno altre manifestazioni più violente in Europa, oltre che a Francoforte...Come molti io sostengo l'idea della moneta parallela ad uso differito... anche certi esponenti di Syriza stanno stano proponendo una velvet exit...Si prenda coscienza della realtà
RispondiEliminaPurtroppo abbiamo visto che l'unico elemento in grado di incidere significativamente sulla mentalità delle persone, è il fallimento (di banche, di Aziende, ecc.) Temo quindi che debba morire Sansone con tutti i Filistei perchè questo popolo menefreghista e ottuso si svegli...
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