Le notizie si
accavallano e in questo momento non c’è ancora nulla di certo. Al momento, Grecia,
UE e FMI stanno con grandi fatiche e incertezze cercando di finalizzare un
accordo che eviterebbe sia l’uscita della Grecia dall’Eurozona che il default.
Se accordo ci
sarà, tutto lascia pensare che si tratti di un ennesimo cerotto che otterrà
come risultato di guadagnare qualche mese, senza nessuna prospettiva realistica
che il problemi dell'economia greca vengano effettivamente risolti.
Si parla di
impegni della Grecia a generare surplus primari di bilancio pubblico dell’1%
nel 2015, del 2% nel 2016 e (pare) del 3% all’anno successivamente. Sono
livelli inferiori a quelli (completamente fuori dalla realtà) di cui si parlava
prima delle elezioni che hanno portato al governo Syriza. Tuttavia, per tentare
(con probabilità molto basse) di conseguirli, occorre, comunque, varare misure
restrittive (tasse e tagli di spesa) che peggioreranno notevolmente l’andamento
dell’economia greca.
Si parla anche,
vagamente, di possibili revisioni del profilo di rimborso del debito. In
effetti, se oggi i creditori erogano nuovi finanziamenti che serviranno a
rimborsare i vecchi, nei fatti si ha l’equivalente di un riscadenziamento.
Nulla di concreto,
neanche a livello di proposte, per quanto riguarda, invece, la riduzione dell’ammontare
nominale del debito.
C’è poi la richiesta (da parte del ministro delle finanze greco Varoufakis) di varare un programma
di investimenti finanziato da fondi BEI, che nelle intenzioni del proponente
dovrebbe fornire l’azione di sostegno necessaria per far ripartire l’economia
greca. Ma l’accettazione di questa proposta, anche solo a livello di principio,
non appare avere alcuna probabilità di concretizzarsi.
Se l’accordo sarà
finalizzato nei termini sopra descritti, Syriza si troverà, purtroppo, a pagare
il prezzo di una strategia negoziale basata sul presupposto illusorio di
convincere la UE a modificare la propria impostazione di politica economica.
La Grecia avrebbe avuto, e in realtà ha ancora,
un’alternativa. Dotarsi di uno strumento finanziario gestito autonomamente e
utilizzabile per immettere potere d’acquisto nell’economia e far ripartire
domanda, produzione e occupazione.
Anche senza uscire
dall’Eurozona, la Grecia può emettere Certificati di Credito Fiscale – titoli
utilizzabili per pagare tasse e obbligazioni finanziarie verso il settore
pubblico, a partire da una certa data futura.
I CCF hanno un
valore garantito dall’utilizzabilità a fronte di pagamenti di imposte future,
possono essere convertiti in euro vendendoli sul mercato finanziario, e anche
essere utilizzati per transazioni dirette. Hanno alcune caratteristiche della
moneta (sono una riserva di valore e potenzialmente un intermediario di
scambio) ma non sono un’unità di conto (che rimarrebbe l’euro). Non confliggono
con l’euro, che continuerebbe a essere l’unica moneta a corso legale utilizzabile in tutti
i paesi dell’Eurozona.
Non è possibile,
per lo stato emittente, essere costretti al default su un CCF, in quanto
sussiste un impegno di accettazione (a fronte di pagamenti futuri dovuti
all’emittente) ma non di rimborso in euro. Naturalmente un eccesso di emissione
può depauperare il valore dei CCF, ma la dimensione necessaria per avviare una
significativa ripresa dell’economia greca sarebbe in realtà solo una frazione
delle entrate fiscali annue.
Diversi esponenti
del governo Syriza sono al corrente di soluzioni tecniche di questo tipo. A
quanto pare, non ne hanno capito fino in fondo le valenze, oppure è prevalsa
invece la volontà di far cambiare impostazione alle politiche economiche UE nel
loro complesso. Intendimento nobile, ma alla prova dei fatti illusorio.
Se l’accordo con i
creditori si chiuderà nei termini sopra descritti, Syriza ha ancora, come
detto, una possibilità. Avviare l’emissione di CCF senza particolari clamori,
contando sul fatto che a qualche settimana di distanza la UE non avrà alcun
desiderio di riaccendere i riflettori sulla situazione greca, ma, anzi, molto interesse
a mostrare che la situazione che si stabilizza e che cessa di essere percepita
come un problema.
perché dovrebbero emettere moneta se riescono a farsi ristrutturare il debito dall'europa?
RispondiEliminaPerchè la ristrutturazione del debito riduce, e/o sposta avanti nel tempo, i pagamenti futuri, ma non dà risorse per rilanciare l'economia ADESSO.
Eliminama neanche i ccf danno risorse all'economia ma solo ai consumi. e i consumi essendo "stranieri" non creano occupazione in grecia. sempre ammesso e non concesso che i ccf varranno qualcosa ovviamente ma questo è sottointeso dato che stiamo ragionando appunto in base alla vostra proposta.
EliminaVengono erogati anche alle aziende in funzione dei costi di lavoro: quindi li riducono, incentivano la produzione interna e aumentano il PIL senza peggiorare i saldi commerciali esteri.
Eliminaappunto incentivano la produzione...non l'occupazione...e quindi i prezzi e le tasse necessariamente...
EliminaPiù produzione implica più occupazione, ovviamente.
Eliminapuò implicare anche più disoccupazione. l'equazione vale in entrambi i sensi.
EliminaCerto, se l'abbassiamo comprimendo la domanda, come s'e' fatto fino ad oggi.
Eliminacomprimono la domanda perché sono occupati a tenere separati gli stati (compensazioni) invece di unirli. e all'interno degli stati tutte le forze sono occupate a tenere in piedi lo stato e certe rendite. nessuno investe in queste condizioni neanche se gli date miliardi di ccf e li convertirà in euro apprezzandolo mandando in crisi l'export italiano. se volete abbassare le tasse abbassatele e basta. stampare 80 ccf e riprenderne 81 non crea posti di lavoro. lo stato deve controllare e non pianificare. e se vuole partecipare deve farlo sul mercato così come l'america ha fatto l'assicurazione sanitaria statale che si quota sul mercato insieme a quelle private.
EliminaLa situazione è un po' più complessa....
RispondiEliminaNaturalmente l'articolo è stato scritto prima dell'annuncio del referendum...
Eliminama il referendum era stato anticipato molto tempo fa così come anche in italia è stato proposto. se una forza politica va al governo e invece di governare chiede al popolo cosa vuol fare capite che non sta governando il popolo ma si fa governare dal popolo. il popolo chiederà qualunque cosa. questa bolla autoalimentante imploderà su se stessa.
EliminaSul referendum ho parecchie perplessità anch'io.
EliminaDEVE ESSERE IL POPOLO A CHIEDERE UN REFERENDUM RACCOGLIENDO FIRME E NON UN GOVERNO. IL GOVERNO è STATO ELETO PER GOVERNARE E BASTA.
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