Nell’ambito del progetto CCF, le modalità di applicazione possono essere strutturate in modo
da, tra le altre cose, avviare a soluzione un problema endemico e storico
dell’economia italiana: il solco che separa il Centro-Nord dal Sud.
Non è una novità
di oggi ed è un problema preesistente all’attuale crisi. In Italia convivono
due macroblocchi geografici: il Centro-Nord, caratterizzato da un reddito medio
molto vicino alla Germania, e il Sud (l’ex Regno delle Due Sicilie più la
Sardegna) dove il PIL pro-capite è inferiore del 45% circa (è a livelli della
Grecia, in buona sostanza).
La crisi non ha
fatto altro che aumentare questa disparità. Dal 2007 a oggi, l’Italia ha perso
circa un milione di posti di lavoro, pari al 4,5% circa del totale.
Disaggregando il dato, si scopre che il Centro-Nord è calato del 2% e il Sud del
12%. Il Centro-Nord ha sofferto e soffre ancora, ma il suo tessuto produttivo
ha retto. Il Sud è in una situazione drammatica.
La constatazione
intristisce ma non dovrebbe stupire. Un’unione monetaria (e anche politica, nel
caso dell’Italia) che lega due aree economiche a livelli di sviluppo sensibilmente
differenziati può reggere nel tempo se integrata da un ampio sistema di
trasferimento delle risorse finanziarie.
Questo sistema di trasferimenti
in Italia esiste, ma, com’è tipico, tende a perpetuare il ritardo di sviluppo.
L’area economicamente meno progredita viene finanziata per consumare i prodotti
che arrivano da quella più sviluppata. I redditi pro-capite della prima,
proprio per effetto delle sovvenzioni, sono troppo alti rispetto alla
produttività locale. Le iniziative imprenditoriali non partono perché soffrono
di un deficit di competitività, che nel tempo tende ad allargarsi.
Dal 2011 in poi,
la crisi dell’Eurozona e le conseguenti azioni restrittive sui bilanci pubblici
hanno enfatizzato lo scollamento tra le due aree del paese, proprio in quanto i
flussi di trasferimenti hanno subito un impatto negativo.
Riequilibrare la
situazione richiede di passare da una politica di assistenza a una di sostegno
della competitività locale. Si è in effetti spesso sostenuto che il Centro-Nord
e il Sud dell’Italia dovrebbero utilizzare due monete diverse, lasciando al
riallineamento dei cambi il compito di riequilibrare le condizioni di
competitività.
In astratto è una
tesi sostenibile: in concreto “spaccare” l’unione monetaria italiana sarebbe
un’operazione tecnicamente complessa e politicamente controversa, per motivi
analoghi a quelli che rendono problematico il break-up dell’euro.
Il meccanismo CCF
dà la possibilità di strutturare un intervento molto più semplice.
L’allocazione dei CCF alle aziende, finalizzate a migliorarne la competitività
tramite la loro erogazione in funzione dei costi di lavoro sostenuti, potrebbe essere
diversificata: maggiore per gli insediamenti produttivi del Sud, minore al
Centro-Nord.
Si creerebbero le
condizioni per rendere immediatamente più attrattivo produrre nel Meridione
italiano. Questo non significa che i trasferimenti verrebbero a cessare: ma nel
tempo tenderebbero, gradualmente, a incidere sempre di meno, perché ne diminuirebbe
la necessità. Il dipendente pubblico meridionale – che oggi ambisce al posto
fisso nell’amministrazione locale perché non trova alternative nel privato –
poco alla volta si troverebbe in una situazione più vicina a quella del resto
d’Italia.
Recuperare gli
effetti della crisi a livello dell’intero territorio nazionale è possibile
nell’arco di alcuni anni. Colmare il solco tra Nord e Sud è sicuramente
un’operazione più lenta. Non si vuole affermare che in cinque o dieci anni la
Sicilia diventerà la Lombardia, e la Calabria il Veneto. Ma ridurre
significativamente le differenze sì, è possibile.
analisi ragionevole che però non tiene conto che lo stato assistenziale con euro o ccf desertifica appunto l'economia impedendola di fatto. ogni zona assistita perde qualsiasi capacità di sviluppo. se si accetta l'assistenza senza rifiutarla vuol dire che non si considera lo sviluppo una priorità.
RispondiEliminaMa la proposta è infatti di incentivare il lavoro e la produzione locale, riducendo il carico fiscale e contributivo.
Eliminase volete incentivare il lavoro dovete dare credito all'economia e non soldi per consumi perché in questo modo non allargate la torta e quindi avrete solo inflazione e accumulo di ricchezze di persone ricche (nulla in contrario). se invece non volete allargare la torta perché siete mezzi socialisti e mezzi monarchici e volete che l'economia sia appunto gestita dallo stato, da poche caste e da pochi criminali allora dovete almeno redistribuire il welfare che è troppo concentrato in modo che la domanda dei consumi non cali troppo.
EliminaLa proposta non e' di dare al Sud più soldi (rispetto a oggi) per i consumi, ma di far costare meno il lavoro a parità di netto per il dipendente (riduzione del cuneo fiscale, in pratica).
Eliminasempre soldi sono. e comunque questa cosa la state già facendo sul mercato del lavoro privato
EliminaRidurre enormemente il peso di tasse e contributi sul lavoro ? Non lo si sta facendo per niente.
Eliminapurtroppo sì e lo si fa dando soldi pubblici invece di ridurre tasse.
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