Qualsiasi banca
centrale indipendente dal potere politico (e la BCE rappresenta, a livello
mondiale, la situazione di maggiore indipendenza possibile, in quanto è la
banca centrale di un’unione monetaria, non di uno stato) ha varie
preoccupazioni.
Una molto
rilevante, tra queste preoccupazioni, è di trovarsi costretta a garantire, ed eventualmente a monetizzare, il
debito pubblico contratto dal governo.
La crisi dei
debiti sovrani ha indotto il sistema UE / BCE a dare all’Eurozona un assetto
imperniato sul Fiscal Compact e sul programma OMT.
In buona sostanza,
la BCE fornisce una garanzia illimitata sui debiti pubblici dei vari paesi a
fronte dell’impegno a raggiungere il pareggio di bilancio e a ridurre,
gradualmente ma costantemente, il rapporto tra debito pubblico a PIL, fino al
60%.
Tutto questo equivale
a dire che la BCE garantisce (a tendere) un livello di debito pubblico pari al
60% del PIL, a condizione che questo livello non si incrementi.
Questo assetto,
però, è un serissimo impedimento per gli stati membri dell’Eurozona, nel momento in cui occorre attuare politiche
fiscali espansive per contrastare gli effetti di una situazione congiunturale
negativa.
L’utilizzo dei Certificati di Credito Fiscale, unito a un appropriato sistema di clausole di salvaguardia non procicliche, risolve questa contraddizione dell’Eurosistema.
Ogni paese può
effettuare azioni espansive quando necessario, emettendo CCF in misura adeguata
a riportare la sua economia a un corretto livello di occupazione.
Il recupero del
PIL e il conseguente incremento delle entrate fiscali evita che, nel momento in
cui i CCF saranno utilizzati per conseguire riduzioni di pagamenti per imposte
(o di pagamenti di qualsiasi altra natura dovuti allo stato emittente) si crei
uno sbilancio tra entrate e uscite della pubblica amministrazione.
Le clausole di
salvaguardia consentono di gestire, senza conseguenze negative di natura
prociclica, eventuali situazioni sfavorevoli (rispetto alle previsioni) che si
venissero a creare nel corso del programma CCF.
La combinazione di CCF e clausole di salvaguardia,
in altri termini, consente di effettuare appropriate azioni di politica
macroeconomica, e nello stesso tempo solleva la BCE dal rischio di dover garantire – ed
eventualmente monetizzare – livelli incrementali di debito pubblico dei singoli
stati.
Naturalmente (visti gli avvenimenti di questi giorni è un tema da segnalare, e su cui ritornare...) i CCF possono essere anche utilizzati per ricapitalizzare il sistema bancario, uscendo dai vincoli (anche in questo caso assurdi) dell'Eurosistema (bail-in e quant'altro).
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