Una
considerazione in merito alla direttiva UE entrata in vigore il 1° gennaio
2016, che prevede la possibilità di utilizzare depositi e conti correnti
ordinari della clientela per risanare istituti di credito in difficoltà
(l’ormai celebre, o famigerato, “bail-in”).
Se la banca
centrale stampasse moneta per coprire (o meglio evitare) la riduzione di valore
di conti correnti o depositi, non si avrebbe alcun incremento della quantità di
moneta esistente né della capacità di spesa presente nell’ambito del sistema
economico. L’emissione monetaria della banca centrale compenserebbe l’erosione
di moneta bancaria.
Non ci sarebbe quindi
motivo di temere il prodursi di inflazione indesiderata. Al contrario, si
eviterebbero tensioni deflattive e depressive, che potrebbero diventare
disastrose se l’insolvenza di una o più banche minasse la fiducia complessiva
nella solidità del sistema.
In pratica,
sarebbe un intervento risolutivo e sostanzialmente privo di costi.
L’idea di
“stabilizzare” il sistema bancario-finanziario mettendo a rischio i depositi
bancari (adducendo che in tal modo si disincentivano le azioni speculative del
management) è insensata. I comportamenti imprudenti delle istituzioni
finanziarie devono essere prevenuti dalla vigilanza sul sistema creditizio, che
compete alla Banca Centrale.
Se la BC
fallisce in questo obiettivo, è corretto che sia lei stessa a coprire gli
ammanchi subiti da chi ha semplicemente depositato soldi su un conto bancario,
per finalità operative o anche solo per utilizzare un servizio di custodia (e che
quindi non ha mai inteso effettuare investimenti rischiosi).
Anche perché è
assurdo pretendere che un semplice depositante o correntista sia in grado di
valutare l’affidabilità di una banca – compito estremamente difficile e
aleatorio anche per gli esperti.
L’alternativa a
falcidiare i conti bancari non è, come si sente dire, necessariamente
l’intervento del contribuente, ma quello della Banca Centrale.
Non va poi
dimenticato che il deterioramento degli attivi bancari italiani non deriva,
nella stragrande maggioranza dei casi, da comportamenti irresponsabilmente
speculativi del management, ma da una crisi economica che dura da oltre sette
anni (e che i meccanismi di “funzionamento” dell’Eurozona impediscono di
risolvere).
Naturalmente,
quando i nodi arrivano al pettine, gli istituti peggio condotti vanno in
difficoltà per primi. Sono fermamente convinto, però, che la malagestione (ad
esempio) di Banca Etruria non abbia raggiunto livelli più criticabili rispetto
a vicende passate tipo Banco Ambrosiano. Che sono però state risolte senza
perdite per depositanti o obbligazionisti.
Deve esistere una chiara e netta linea di demarcazione tra depositanti e correntisti che
utilizzano la banca come servizio, per finalità operative e di custodia – i quali devono essere integralmente tutelati
- e investitori in attività di rischio, che puntano a una redditività più o
meno elevata e accettano (consapevolmente) rischi più o meno alti.
Meglio ancora
sarebbe introdurre una normativa analoga al Glass-Steagall Act USA del 1933
(introdurre nell’Eurozona, reintrodurre negli USA che l’hanno – commettendo un
grave errore – abolito nel 1999). Separare, in pratica, l’attività di banca
commerciale da quella di banca d’investimento, impedendo al medesimo gruppo di
svolgerle entrambe.
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RispondiEliminaPerché i derivati che dovrebbero servire a coprire i rischi in realtà sono citati come dannosi per il sistema bancario? Cosa è successo in realtà?
RispondiEliminaLorenzo Zanellato
I derivati possono essere usati in due modi totalmente diversi: a fini di copertura o a fini speculativi. Se un'azienda sa di dover incassare 100.000 dollari tra tre mesi, può stipulare un contratto di vendita a termine di dollari contro euro (che è un derivato) oggi: in questo modo sa quale valore in euro incasserà e non corre rischi legati a fluttuazioni del cambio euro - dollaro nei prossimi tre mesi.
EliminaMa un analogo contratto derivato, stipulato da soggetti che NON hanno previsioni di incassi in dollari, consente di speculare sull'evoluzione del cambio. L'esposizione problematica di (alcune) banche nasce, evidentemente, dall'essersi cimentate in operazioni di questo secondo tipo.
Se si vuole punire la malagestione della banca si può nazionalizzare ed eventualmente riprivatizzare successivamente, senza danni per i clienti.
RispondiEliminaSe si vuole punire la malagestione della banca si può nazionalizzare ed eventualmente riprivatizzare successivamente, senza danni per i clienti.
RispondiEliminaAssolutamente si'.
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