Riflessioni su
questo commento di Alberto Bagnai, letto su Twitter alcuni giorni fa:
“Il motivo per cui
le soluzioni non traumatiche della crisi vengono posposte è semplice: implicano
una redistribuzione del reddito dall’alto verso il basso, dopo tre decenni di
redistribuzione dal basso verso l’alto. Un cambiamento di rotta che, per quanto
sia auspicabile in termini razionali, non è certo visto di buon occhio da chi
detiene le leve del potere.
Il mercantilismo,
cioè la promozione della crescita nazionale tramite le esportazioni, e quindi
tramite la domanda estera, richiede che si operi un perenne recupero di
competitività. Questo, a sua volta, può essere realizzato nel breve periodo
solo tramite la compressione dei salari, cioè la crescita della diseguaglianza,
favorita dalla globalizzazione del capitale finanziario”.
E’ utile aggiungere
e precisare che il reddito totale viene redistribuito in termini relativi, non
in termini assoluti. Siamo oggi in presenza di un sistema economico che produce
un livello di reddito inferiore alle sue potenzialità totali. La carenza è
tutta concentrata a livello medio-basso, mentre il segmento alto non subisce
penalizzazioni.
Una politica di
pieno impiego non diminuirebbe il reddito del segmento alto (in termini
assoluti) ma aumenterebbe quello del segmento medio-basso, nonché il reddito totale.
Se oggi siamo in
una situazione in cui il top 10 si appropria di 60, e il bottom 90 di 30,
domani il top 10 sarebbe sempre a 60, mentre il bottom 90 passerebbe a 40.
Il segmento alto
della distribuzione del reddito perderebbe da un lato perché dovrebbe
remunerare meglio il lavoro, ma guadagnerebbe dall’altro perché saturerebbe
meglio un capitale produttivo oggi sottoutilizzato.
Perché allora il
segmento alto si oppone alle “soluzioni non traumatiche della crisi” ? non perché
perderebbe reddito, ma perché, a parità di reddito, avrebbe una posizione meno
egemonica, meno dominante, nei confronti di un segmento medio-basso meno condizionabile
grazie al notevole miglioramento della sua situazione economica.
E’ avvenuto un
fenomeno di compressione nella produzione di reddito (rispetto al potenziale) e
di redistribuzione verso l’altro, ma relativa (non assoluta).
E, soprattutto, si
è verificata una redistribuzione di potere.
Che conta più di reddito e ricchezza.
La conseguenza è
una società più ingiusta e diseguale. I movimenti politici antisistema stanno
crescendo, specialmente nell’Eurozona ma in effetti sostanzialmente in tutto l’Occidente,
opponendosi e puntando a invertire questa tendenza.
E c’è da sperare
che ci riescano, in modo non traumatico. Questo dipenderà in larghissima misura
dalla capacità delle attuali élite di
riconoscere l’erroneità e l’insostenibilità dell’assetto politico-economico
odierno.
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