A livello
normativo, il provvedimento di legge che definirà, anno dopo anno, le assegnazioni di CCF, contemplerà anche una serie di interventi (in termini di
minori spese o di maggiori entrate fiscali), operativi nel medesimo anno in cui
i CCF diventano utilizzabili per conseguire sconti fiscali.
Questi interventi
verranno attuati solo nel caso (e nella misura) in cui l’effetto espansivo sul
PIL non produca, nei due anni intercorrenti tra le assegnazioni e gli utilizzi
dei CCF, maggior gettito fiscale in misura pari agli utilizzi medesimi (e fatte
comunque salve le possibili azioni descritte sub UNO, DUE e TRE nel seguito).
E’, in effetti, un
meccanismo analogo alle “clausole di salvaguardia” adottate già da qualche anno.
Con, però, una fondamentale differenza: i CCF assegnati assumono la veste di un
titolo liberamente negoziabile e trasferibile, e costituiscono un accrescimento
immediato di potere d’acquisto e disponibilità patrimoniali per chi li riceve
(e anche un miglioramento di competitività per le aziende a cui sono assegnati
a riduzione del cuneo fiscale – vedi seguito).
Si noti che questo
impianto normativo smina qualsiasi obiezione in merito alla possibilità che
l’assegnazione di CCF produca maggiore indebitamento. A partire dal 2017 viene
attuata, contemporaneamente, un’azione
di riduzione della fiscalità (l’assegnazione dei CCF) e un’azione di uguale
importo e di segno opposto sui conti pubblici (le clausole di salvaguardia).
Entrambe le azioni hanno la stessa decorrenza temporale (il 2019) riguardo al
loro effetto diretto sulle finanze dello Stato. E’ quindi totalmente garantita
la copertura del progetto CCF.
L’importantissima
variazione, rispetto al modo in cui sono oggi utilizzate le clausole di
salvaguardia, è che nel frattempo si beneficia di due anni di espansione
riguardo a PIL, occupazione e gettito fiscale, più che sufficienti (sulla base
delle ipotesi sopra descritte) a “disinnescare” le clausole di salvaguardia
medesime.
Inoltre,
nell’eventualità in cui l’espansione di PIL risulti, contrariamente alle
previsioni, insufficiente a compensare (due anni dopo le assegnazioni)
l’utilizzo dei CCF, saranno possibili una serie di azioni alternative
(utilizzabili anche in combinazione) per evitare che le clausole di
salvaguardia producano effetti recessivi:
UNO, estensione su
base volontaria delle scadenze di utilizzo dei CCF, offrendo al possessore un
incremento del valore facciale dello sconto d’imposta se utilizzato dopo la
scadenza originaria (in pratica, un tasso d’interesse).
DUE, collocamento
di CCF di lunga scadenza per rimborsare debito in euro.
TRE, in casi
estremi (molto improbabili): mantenere in essere i tagli di spesa o gli
incrementi di imposte originariamente pianificati, compensandoli però con
erogazioni addizionali di CCF.
Sempre a livello
normativo, infine, va notato che la proposta CCF si innesta su uno strumento
fiscale già esistente (il credito d’imposta) reso negoziabile e trasferibile
mediante incorporazione in un titolo. La differenza è che i CCF consentono una
riduzione di fiscalità con beneficio immediato SENZA gravare sui conti dello
Stato (grazie al meccanismo di differimento temporale sopra descritto).
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