Un articolo pubblicato pochi giorni fa su Lavoce.info muove alcune critiche al progetto CCF / Moneta Fiscale, di cui il nostro gruppo è, ormai da alcuni anni, il principale sviluppatore e promotore. Cogliamo l'occasione per rispondere puntualmente ai rilievi formulati e per correggerne i numerosi errori fattuali, inesattezze e imprecisioni.
Affermazione:
“…una volta emessi, [i Ccf] esprimono un
impegno dello stato a riconoscerne il valore e quindi si connotano come debito
finanziario.”
Risposta: I Ccf non comportano alcun impegno
a futuri esborsi finanziari per lo Stato che li emette. Essi non sono debito e tanto
meno costituiscono debito finanziario.
Affermazione: “Anche volendo ipoteticamente assimilarli ai debiti commerciali
(che non rientrano nel debito di Maastricht), appena usati come mezzo di
pagamento diventerebbero debito finanziario, così come accade quando un debito
commerciale viene ceduto in banca per essere almeno in parte monetizzato.”
Confutazione: Non abbiamo mai assimilato i Ccf a
debiti commerciali. Quanto ai debiti finanziari, vale quanto già detto sopra.
Affermazione:
“Inoltre, se…fossero elargiti in
pagamento aggiuntivo a dipendenti pubblici o utilizzati per pagare maggiori
investimenti pubblici al fine di accrescere la domanda interna, il loro
controvalore aumenterebbe all’istante anche il deficit.”
Confutazione: I Ccf sono a tutti gli effetti dei
Deferred Tax Credits (DTC). Secondo la normativa Eurostat, i DTC vanno iscritti
nel bilancio solo a partire dal momento in cui matura il diritto in essi
incorporato. Nel caso dei Ccf, questo momento risulta differito di due anni
rispetto alla data di emissione del titolo, proprio al fine di dare tempo
all’economia di crescere per via dell’effetto espansivo dei Ccf e generare le
risorse fiscali aggiuntive necessarie a sostenerne il costo.
Affermazione:
Eurostat registra per competenza economica i flussi
delle transazioni ai valori e nel momento in cui queste si perfezionano, anche
se non si verifica l’effettivo scambio monetario. Quindi sarebbe addirittura il
deficit annuo a innalzarsi in misura corrispondente.
Confutazione: Nel caso citato, prima o poi la
transazione finanziaria avverrebbe, similmente ai vecchi ratei e fondi rischi. Nel
caso dei Ccf, invece, la transazione finanziaria NON ci sarebbe: i Ccf non
comportano per lo Stato alcun obbligo di "dare moneta". Come altro
spiegarlo…?
Affermazione: Ove… non
finanziassero spese [statali] aggiuntive, la riduzione di entrate fiscali si
registrerebbe immancabilmente due anni dopo.
Confutazione:
Senz’altro, ma si registrerebbero anche le maggiori
entrati fiscali rivenienti dalla crescita del PIL (si veda sopra). D’altra
parte, le misure di salvaguardia previste dalla proposta coprirebbero dal
rischio di eventuali shortfalls. Più in generale, i Ccf non sono la pietra
filosofale o la bacchetta magica. Sono uno strumento da usare con
saggezza, valutandone gli effetti moltiplicativi sulla domanda e, al pieno
impiego (oggi ben lontano), anche sul livello dei prezzi. Fino a una certa
quota, il maggior gettito derivante dall'espansione renderebbe lo strumento
conveniente, oltre no. Ma è quanto basta per risolvere l'attuale pesantissima situazione di insufficienza di domanda che caratterizza l'economia italiana.
Affermazione: “…come nel caso dei
mini-Bot, essendo nella sostanza mezzi di pagamento, è altamente probabile che
Eurostat li classificherebbe come moneta e si replicherebbero tutte criticità
già evidenziate per i mini-Bot.”
Confutazione: Lo Stato utilizzerebbe i Ccf come
strumento di pagamento SOLO sulla base dell’accettazione volontaria di chi
fosse disposto a riceverli in pagamento. Tuttavia, ai fini della contabilità
statale, essi non avrebbero natura monetaria e resterebbero sempre e soltanto
dei DTC, da trattare secondo i criteri previsti da Eurostat (si veda sopra).
Che poi i DTC possano assumere la funzione di strumenti monetari, dipende solo dal
pubblico che li utilizza. Tale decisione, tuttavia, non coinvolgerebbe lo Stato
che si limiterebbe a emetterli solo e soltanto come DTC.
Affermazione:
“non si può non rilevare che le rare
esperienze internazionali di misure del genere qui considerato si sono rivelate
dei fallimenti (Germania del 1933, Argentina, California”.
Confutazione: Ci dispiace dover sottolineare che etichettare come un "fallimento" l'esperienza tedesca degli anni Trenta denota pesantissime lacune riguardo alla storia economica di quel periodo. L'impiego dei MEFO bills, strumento con caratteristiche non identiche ma sicuramente analoghe ai Ccf, consentì alla Germania di azzerare in circa tre anni una disoccupazione che la crisi del 1929 e le misure di austerità intraprese dagli ultimi governi della Repubblica di Weimar avevano portato al 25%. E tutto questo, senza generare tensioni inflazionistiche. Il recupero delle piene potenzialità economiche della Germania fu poi purtroppo rivolto a finalità perverse dal regime hitleriano: ma questa è un'altra vicenda, che con le valenze tecniche dello strumento non ha nulla a che vedere. Il clamoroso successo del "programma MEFO" è ampiamente documentato dalle testimonianze di alcuni "marginali" economisti dell'epoca, quali John Maynard Keynes e Michal Kalecki…
Se correttamente strutturato, il progetto Moneta Fiscale / Ccf ha le potenzialità per risolvere la gravissima situazione di stagnazione depressiva in cui l'economia italiana si trova ormai da molti anni, senza richiedere alcun rinegoziato dei trattati che regolano la governance dell'Eurosistema (scenario politicamente del tutto implausibile), e senza passare tramite il break-up della moneta unica europea (scenario, ovviamente, ben più complesso e problematico, ma che rimane una possibilità, se le attuali gravissime disfunzioni del sistema non verranno risolte).