Naturalmente sono del tutto favorevole, anzi le ritengo totalmente indispensabili, a
politiche espansive già in sede della prossima legge di bilancio, sia sotto
forma di maggiori spese, che di minori tasse.
Ma sulla Flat Tax
ho più di una perplessità.
Per prima cosa,
non mi tornano i numeri. Per la verità, la Flat Tax inclusa del contratto di
governo M5S – Lega non è flat, nel
senso che non prevede un’unica aliquota IRPEF, ma due: il 15% fino a 80.000
euro di imponibile annuo, e il 20% oltre. In tal modo la si è resa leggermente
più progressiva (come da richesta M5S). In effetti non è più una Flat Tax ma
una Dual Tax.
Ciò premesso,
cerchiamo di stimare gli effetti sul gettito IRPEF che potrebbero derivare
dall’applicazione di queste aliquote. La stima ha inevitabilmente delle
approssimazioni, perché l’idea è anche di semplificare l’attuale sistema di
detrazioni, sostituendolo con uno basato sulle dimensioni del nucleo famigliare
(e favorevole ai redditi bassi). E una determinazione precisa delle differenze
tra vecchio e nuovo sistema di detrazioni richiede più dati di quanti il MEF
(Ministero dell’Economia) ne metta pubblicamente a disposizione.
All’incirca,
comunque, avremo una situazione dove l’aliquota effettiva partirà da zero, arriverà
vicina al 15% (senza però raggiungerlo) per i redditi dello scaglione che
tocca, appunto, gli 80.000 euro, e crescerà poi fino a portarsi vicino al 20%
per i redditi più alti.
Analizzando i dati
più recenti disponibili, forniti dal MEF e relativi all’anno fiscale 2016, si
nota che lo scaglione 50.000 – 80.000 euro paga un’aliquota media del 27,9%,
mentre il più alto (da 300.000 euro in su) del 39,5%.
Se dimezziamo
esattamente l’aliquota media per tutti i livelli di reddito, si ottiene che lo
scaglione 50.000 – 80.000 pagherebbe il 14%, e lo scaglione oltre 300.000,
invece, il 19,7%. Che è appunto grosso modo quanto ci si aspetterebbe
dall’applicazione della Dual Tax 15% - 20%, come spiegato sopra.
Una simulazione
che preveda come effetto finale, sic et
simpliciter, il dimezzamento delle aliquote medie appare quindi plausibile.
E dà i seguenti risultati.
Segmenti di reddito
|
Reddito al netto cedolare secca
|
Imposta netta
|
Imposta
|
Ipotesi con dual tax
|
|||||||
Minimo
|
Massimo
|
Numero
|
Totale mld
|
Media
|
Numero
|
Totale mld
|
Media
|
netta %
|
%
|
Gettito mld
|
Riduzione
|
meno
di
|
€
10.000
|
11.958.413
|
54,2
|
€ 4.536
|
3.984.595
|
1,4
|
€ 353
|
2,6%
|
1,3%
|
0,7
|
0,7
|
€
10.000
|
€
20.000
|
11.579.457
|
173,2
|
€ 14.958
|
10.353.220
|
17,7
|
€ 1.712
|
10,2%
|
5,1%
|
8,9
|
8,9
|
€
20.000
|
€
26.000
|
6.369.284
|
144,0
|
€ 22.612
|
6.255.854
|
21,8
|
€ 3.477
|
15,1%
|
7,6%
|
10,9
|
10,9
|
€
26.000
|
€
35.000
|
5.305.994
|
156,6
|
€ 29.508
|
5.263.915
|
29,1
|
€ 5.519
|
18,6%
|
9,3%
|
14,5
|
14,5
|
€
35.000
|
€
50.000
|
2.786.853
|
111,1
|
€ 39.853
|
2.774.575
|
25,7
|
€ 9.265
|
23,1%
|
11,6%
|
12,9
|
12,9
|
€
50.000
|
€
80.000
|
1.372.900
|
82,8
|
€ 60.305
|
1.368.742
|
23,1
|
€ 16.878
|
27,9%
|
14,0%
|
11,6
|
11,6
|
€
80.000
|
€
100.000
|
331.173
|
28,6
|
€ 86.296
|
330.439
|
8,8
|
€ 26.754
|
30,9%
|
15,5%
|
4,4
|
4,4
|
€
100.000
|
€
150.000
|
281.268
|
32,5
|
€ 115.651
|
280.658
|
10,7
|
€ 38.294
|
33,0%
|
16,5%
|
5,4
|
5,4
|
€
150.000
|
€
200.000
|
82.972
|
13,8
|
€ 166.071
|
82.811
|
4,9
|
€ 58.778
|
35,3%
|
17,7%
|
2,4
|
2,4
|
€
200.000
|
€
300.000
|
51.296
|
11,9
|
€ 232.574
|
51.202
|
4,4
|
€ 86.026
|
36,9%
|
18,5%
|
2,2
|
2,2
|
€
300.000
|
oltre
|
35.718
|
21,4
|
€ 598.932
|
35.677
|
8,4
|
€ 236.709
|
39,5%
|
19,7%
|
4,2
|
4,2
|
TOTALE
|
40.155.328
|
830,1
|
€ 20.672
|
30.781.688
|
156,0
|
€ 5.069
|
18,8%
|
9,4%
|
78,0
|
78,0
|
A parità di condizioni,
quindi, si avrebbe un minor gettito di 78 miliardi. Questo sarebbe l’impulso
fiscale prodotto dalla Dual Tax, ovvero il maggior potere d’acquisto immesso
nell’economia per produrre maggiore spesa, produzione e occupazione.
La cifra è molto
alta rispetto alle ipotesi di impulso fiscale complessivo implicite nel
contratto di governo M5S – Lega, che si aggirano sui 100 miliardi. Se 78 vanno
in riduzioni IRPEF, rimane poco per tutte le altre cose di cui si è parlato
(misure di contrasto alla povertà e al disagio sociale, minori tasse alle
imprese, rilancio degli investimenti pubblici).
Altra mia
perplessità è che il maggiore effetto espansivo sul PIL si ottiene per azioni
di spesa e investimenti pubblici, di riduzione del cuneo fiscale a vantaggio delle
imprese, e di sostegno ai redditi bassi. Ridurre le tasse alle fasce medio-alte
e alte probabilmente si traduce in un beneficio modesto sulla spesa e sui
consumi, perché si tratta di persone che non hanno dovuto, in questi anni di
economia depressa, sacrificare un granché dei loro consumi.
Esaminando i dati,
si nota che i redditi sotto i 20.000 euro (quelli, cioè, sotto la media
nazionale) dei 78 miliardi di beneficio ne percepiscono solo 9,6. Il segmento
20.000 – 35.000 ottiene 25,4 miliardi. Altri 12,9 vanno al segmento 35.000 –
50.000, e 11,6 miliardi al 50.000 – 80.000.
I redditi oltre
gli 80.000, quelli per cui scatta l’aliquota marginale del 20%, hanno un
vantaggio di 18,6 miliardi, di cui 4,2 vanno alla fascia oltre i 300.000 euro.
C’è da pensare che in questi ultimi casi la quota di impulso fiscale che si
tradurrà in spesa e quindi in rilancio dell’economia sia modesta: molto
inferiore alla propensione marginale al consumo stimata per l’intera economia
nazionale (80%-90%).
Ci sono, comunque,
quantomeno altri tre fattori da tenere in considerazione per farsi un’opinione
sulla proposta Dual Tax.
In primo luogo,
possono verificarsi fenomeni di emersione di redditi (alti) non dichiarati. Un
certo numero di potenziali contribuenti mettono in atto azioni di elusione o
evasione, a volte sicuramente illecite, altre di liceità incerta. Trasferimenti
all’estero, creazioni di società di comodo, architetture societarie più o meno
complesse.
L’idea è che
queste azioni – che comportano costi (commercialisti e fiscalisti non lavorano
gratis) e/o rischi (anche quando non è pura e semplice evasione fiscale, ci si
muove comunque in aree grigie del diritto tributario) – in molti casi non
verrebbero attuate se l’aliquota media da pagare, con dichiarazioni trasparenti
e regolari in Italia, fosse inferiore al 20% invece che vicina al 40%.
Tutto questo è
possibile, ma stimarne gli effetti è veramente un esercizio molto aleatorio.
L’emersione di redditi oltre i 300.000 euro (il segmento in cui probabilmente
ricadono quasi tutte queste potenziali situazioni) produrrà oltre 4 miliardi di
maggiori imposte (compensando il minor gettito stimato per quel segmento, vedi
la tabella sopra) ? Mi pare dubbio, e se anche accadesse saremmo ancora in
pari. Avremmo recuperato quattro miliardi di gettito da evasione / elusione, a
favore dei contribuenti (ad alto reddito) che erano regolari anche prima. Bene
sul piano dell’equità, ma l’effetto macroeconomico in effetti è pressoché nullo.
Il secondo fattore
da valutare è che almeno in parte il beneficio delle maggiori imposte verrebbe
in effetti traslato dal lavoratore dipendente al datore del lavoro, migliorando
la competitività aziendale. Ad esempio, un manager di alto livello con una
retribuzione lorda di 500.000 euro ne percepisce 300.000 netti se l’aliquota
media è il 40%. Se l’abbassiamo al 20%, l’azienda può assumerne uno che
percepisce gli stessi 300.000, ma con un lordo di 375.000 (20% di 375.000 è
75.000 euro). Il netto è lo stesso di prima ma calano i costi aziendali, con
vantaggi riguardo a competitività verso l’estero e saldi commerciali.
Anche questo è un
fenomeno che in qualche misura si verificherà, ma è difficile da stimare. In
ogni caso, io sono fortemente a favore dei provvedimenti che migliorano la
competitività aziendale senza penalizzare (anzi) il reddito netto dei
dipendenti (è sempre stato uno dei punti chiave del progetto CCF, infatti) ma
mi lascia perplesso arrivarci per questa via indiretta, invece di abbassare
direttamente il cuneo fiscale.
Infine, c’è la
proposta di “pace fiscale”, che è inclusa nello schema di Flat Tax formulato da
Armando Siri (senatore della Lega). Siri ammette che ci sarà un forte impatto
iniziale sul gettito e che i benefici su domanda e produzione hanno bisogno di
un po’ di tempo in più per concretizzarsi in pieno. L’idea quindi è di
introdurre un provvedimento che (tra le altre cose) tamponerebbe questa
discrasia iniziale.
La “pace fiscale”
consisterebbe nel proporre, ai contribuenti che hanno una pendenza verso il
fisco che non contestano, ma che non
è stata saldata semplicemente per mancanza di mezzi finanziari, di azzerarla
pagando una frazione del dovuto.
L’ammontare di
queste pendenze, cumulato nell’arco di molti anni (oltre dieci) è una cifra
enorme, dell’ordine di 1.000 miliardi. Se tutti questi soggetti accettassero la
proposta, pagando un’aliquota per esempio del 5%, il gettito sarebbe di
svariate decine di miliardi e compenserebbe gli effetti della Flat / Dual Tax
nell’anno d’introduzione (effetti intesi come minori imposte pagate e non ancora
pienamente compensati dal recupero dell’economia).
La proposta non mi
dispiace in sé, anche perché sana tantissimi strascichi amministrativi e riduce
il carico di lavoro futuro per gli uffici pubblici. Ma temo che pensare a
incassi di decine di miliardi sia molto fantasioso. I 1.000 miliardi nascono da
stratificazioni di fenomeni da ricondurre spesso a società liquidate da anni, a
persone che magari non sono più neanche in vita, che non hanno comunque
intenzione o possibilità di riprendere attività lavorative o imprenditoriali,
che non hanno i mezzi per pagare nemmeno il 5% e che l’amministrazione
finanziaria non è, in ogni caso, in grado di perseguire (e infatti non lo sta
facendo).
La “pace fiscale”
magari è una buona idea, ma sarei molto stupito se generasse decine di miliardi
di incassi. Probabilmente “qualche” miliardo (2, 3, forse 5) è una stima molto
più attendibile.
Conclusione. Sono
altamente favorevole a una decisa azione di impulso fiscale sull’economia
italiana, ma le linee di attuazione che preferisco sono altre: rilancio degli
investimenti pubblici e anche della spesa corrente in settori come sanità,
ordine pubblico, istruzione, protezione del territorio; riduzione del cuneo
fiscale; sostegno ai redditi delle classi disagiate.
La Flat Tax, o
Dual che sia, io nel contratto di governo non l’avrei messa. Siccome c’è – e la
Lega ci tiene moltissimo – penso che verrà applicata. Ma su numeri molto
ridimensionati, e con meccanismi che la renderanno ancora meno flat. Per esempio con una doppia aliquota
molto più divaricata (non 15 – 20% ma per esempio 13% - 30%), o con una terza
aliquota per i redditi più elevati.