giovedì 9 luglio 2020

Il minimo merkeliano


Il mio europeista disilluso di riferimento, Wolfgang Munchau, provvede una volta di più a sgombrare il campo da ogni illusione riguardo alla volontà di Angela Merkel di risolvere i problemi strutturali dell’Eurozona.

“Angela Merkel continua a fare il minimo necessario perché l’eurozona non collassi. Quello che è cambiato è che il minimo richiede parecchi soldi in più rispetto all’ultima volta”.

“Il minimo” è il Recovery Fund, sbandierato da alcuni come un’importante evoluzione “solidaristica-keynesiana” dell’Eurozona. Importante anche per via della sua dimensione di 750 miliardi di euro.

Non è nulla di tutto questo. Il numero può fare impressione ma è modesto rispetto all’impatto economico della crisi sanitaria. I criteri di ripartizione sono ancora tutti da definire, ma l’unica cosa certa è che si tratterà di una gigantesca partita di giro: il complesso dei paesi mette soldi che vengono in qualche modo ridistribuiti.

Qualcuno avrà un saldo netto negativo, qualcuno positivo, ma anche per i maggiori beneficiari (che dovrebbero comprendere, ma non è sicuro, l’Italia) si parla di qualcosa compreso tra l’1% e il 2% del PIL, a fronte di una contrazione stimata (dalla commissione UE) nell’11% abbondante per il 2020.

Queste modeste (rispetto alle dimensioni del problema) risorse arriveranno molto tardi (qualcosa nel 2021, il resto più avanti ancora), e saranno condizionate a non ancora ben precisate “riforme strutturali”. Che se il vocabolario UE non è cambiato (ne dubito, anzi lo escludo) significano proseguire con la micidiale miscela di tasse & tagli che ha gettato il nostro paese nella peggiore depressione economica della sua storia.

E in ogni caso l’utilizzo delle cosiddette risorse sarà sottoposto a vincoli di destinazione stabiliti a Bruxelles, per di più sotto minaccia d’interruzione se sempre a Bruxelles determinate situazioni interne italiane si evolveranno in senso “non gradito”.

Mentre non si interromperanno di certo gli obblighi dell’Italia di pagare maggiori contributi (e forse maggiori tasse "europee", di cui qualcuno prevede l'introduzione) a fronte dei “sussidi”.

Il Recovery Fund non è in nessun modo un’evoluzione positiva della governance economica UE. E’ uno strumento in più per condizionare, controllare e vessare.

Non dimostra alcuna volontà, da parte della Germania, di risolvere i problemi dell’Eurozona, perché questi problemi la Germania non è interessata a risolverli. E’ interessata a strumentalizzarli per affermare sempre di più la sua posizione di predominio, nel suo esclusivo interesse economico e geopolitico.

Il meglio che mi posso augurare in merito al Recovery Fund è che l’accordo a 27 non si trovi, e che l’intero progetto finisca dove merita – nel bidone della raccolta indifferenziata.

Nel frattempo, e per fortuna, si continua a lavorare sulla soluzione vera: la Moneta Fiscale.

3 commenti:

  1. Navigando nei social ho trovato una domanda a cui nessuno, e confermo nessuno, dei grandi esperti europeisti ha mai concesso uno straccio di risposta:
    "A che serve studiare e provare ad imporre strumenti finanziari dai meccanismi ambigui, complessi ed articolati come il MES, il Recovery Fund, il SURE ecc. quando alla fine sarebbe solo sufficiente che al nostro Paese venisse concesso un prestito (non un regalo) per decine di miliardi, a tassi irrisori e a lunghissima scadenza?"
    A.

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    1. Perché i problemi del nostro paese coloro che decidono non sono interessati a risolverli...

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  2. Vero. Da specialista nella gestione di Fondi UE, confermo tutto. Altro strumento per condizionarci.

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