Tra molti se e molti ma, il recente eurogruppo ha posto sul tappeto il tema delle aziende da sostenere finanziariamente – o meno. Dibattito che riecheggia, peraltro, alcuni contenuti del paper presentato pochi mesi al “Group of 30” nientemeno che da parte di… Mario Draghi.
Ma se si ragiona in termini di “quali aziende sono da salvare”, l’implicazione e che ne esistono altre da NON salvare. Da scegliere COME ?
Partiamo dal presupposto che il Covid prima o poi passerà. Quali “cambiamenti strutturali e quindi permanenti” si saranno prodotti ?
Il turismo, lo spettacolo, gli eventi sportivi, i viaggi, non torneranno quelli di prima ?
Gli unici cambiamenti che mi sembrano ben identificabili sono che almeno in una certa misura lo smart working rimarrà (quantomeno per certe attività, soprattutto di natura professionale), e la transizione verso il commercio online e la fruizione da casa di contenuti mediatici on demand avrà avuto un’accelerazione permanente.
Sono ipotizzabili meno viaggi di business, meno pendolarismo, meno affollamento dei centri urbani.
Ma un ristorante fuori dal centro cittadino, o un resort turistico marittimo o montano, perché mai non dovrebbero tornare ai livelli di attività precedenti ?
Non sono settori che vanno “aiutati a fallire”; si tratta solo di rifondere l’impatto della temporanea riduzione di attività.
Se, in particolare in settori quali turismo e spettacolo, molte imprese diventano insolventi non è perché sono “strutturalmente minate” ma perché hanno accumulato debiti e perdite durante il periodo in cui sono state costrette a non lavorare.
Le politiche economiche devono essere molto più orientate al sostegno generale del sistema, con deficit pubblici monetizzati, invece di adottare un approccio dirigista – figlio della pretesa di individuare tendenze strutturali create dal Covid che salvo casi limitati, del tipo sopracitato, non esistono o comunque non sono identificabili con certezza.
Purtroppo la UE
rimane condizionata dalle sue tare di sempre: deflazionismo e dirigismo. Il che
rischia, tanto per cambiare, di produrre effetti molto, molto deleteri.
Riccardo Pittino: Ci sarà da ridere. Ma la gente non ha ancora capito cosa succederà e quando accadrà sarà troppo tardi per muoversi.
RispondiEliminaSpero che questa sia un'affermazione troppo pessimistica. Però capisco la preoccupazione.
Eliminaper Marco Cattaneo.
RispondiEliminaChurchill, De Gaulle, Nixon.
Nel post precedente, gli accostamenti storici sono secondo me fuorvianti. Tutti e tre non furono lungimiranti, ma obbligati dalla guerra ad abbandonare impero, Algeria e Vietnam.
Tutti e tre sono sopravvalutati. Le classi dirigenti inglesi e francesi, oltretutto, flirtarono fino alla fine con Hitler e Mussolini, preferibile, a loro modo di vedere, ai comunisti (perchè comunisti). Solo dopo che il serpente si rivoltò contro di loro si ersero gli uni combattenti, gli altri resistenti. Peraltro senza un gran risultato, perchè i tedeschi persero la guerra sotto i colpi dell'Armata Rossa, non certo di tali "democrazie" opportuniste.
Il Vietnam poi, sappiamo tutti cosa fu per gli USA e quanto incise nella carne viva della società, tanto quanto la guerra di secessione. Salvo che la politica estera USA non è poi cambiata, resta sempre interventista e servente i soliti interessi, con l'aggiunta di nuovi (farmaceutica, big-tech).
Concludo. Draghi non farà la moneta fiscale proprio perchè non l'ha mai citata nel discorso pubblico, e se non l'ha ancora capito, questi non hanno necessità di nascondersi, hanno la stampa dalla loro, possono permettersi di annunciare candidamente come ci tortureranno con la sicurezza di avere platee plaudenti perchè ben ammaestrate dai giornalisti, i quali chiameranno guerra pace, ignoranza forza, ricchezza povertà.
E vedo male Draghi nella veste di Giulio Cesare, il migliore della classe degli ottimati che per distruggere i privilegi della sua classe, non esitò a varcare il Rubicone. Gli manca il coraggio, e si vede.
Certo, sono senz'altro d'accordo che furono obbligati dalle circostanze. Lo stesso potrebbe capitare a Draghi.
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