martedì 15 marzo 2016

Redistribuzione verso l’alto: del potere, più ancora che del reddito



Riflessioni su questo commento di Alberto Bagnai, letto su Twitter alcuni giorni fa:

“Il motivo per cui le soluzioni non traumatiche della crisi vengono posposte è semplice: implicano una redistribuzione del reddito dall’alto verso il basso, dopo tre decenni di redistribuzione dal basso verso l’alto. Un cambiamento di rotta che, per quanto sia auspicabile in termini razionali, non è certo visto di buon occhio da chi detiene le leve del potere.

Il mercantilismo, cioè la promozione della crescita nazionale tramite le esportazioni, e quindi tramite la domanda estera, richiede che si operi un perenne recupero di competitività. Questo, a sua volta, può essere realizzato nel breve periodo solo tramite la compressione dei salari, cioè la crescita della diseguaglianza, favorita dalla globalizzazione del capitale finanziario”.

E’ utile aggiungere e precisare che il reddito totale viene redistribuito in termini relativi, non in termini assoluti. Siamo oggi in presenza di un sistema economico che produce un livello di reddito inferiore alle sue potenzialità totali. La carenza è tutta concentrata a livello medio-basso, mentre il segmento alto non subisce penalizzazioni.

Una politica di pieno impiego non diminuirebbe il reddito del segmento alto (in termini assoluti) ma aumenterebbe quello del segmento medio-basso, nonché il reddito totale.

Se oggi siamo in una situazione in cui il top 10 si appropria di 60, e il bottom 90 di 30, domani il top 10 sarebbe sempre a 60, mentre il bottom 90 passerebbe a 40.

Il segmento alto della distribuzione del reddito perderebbe da un lato perché dovrebbe remunerare meglio il lavoro, ma guadagnerebbe dall’altro perché saturerebbe meglio un capitale produttivo oggi sottoutilizzato.

Perché allora il segmento alto si oppone alle “soluzioni non traumatiche della crisi” ? non perché perderebbe reddito, ma perché, a parità di reddito, avrebbe una posizione meno egemonica, meno dominante, nei confronti di un segmento medio-basso meno condizionabile grazie al notevole miglioramento della sua situazione economica.

E’ avvenuto un fenomeno di compressione nella produzione di reddito (rispetto al potenziale) e di redistribuzione verso l’altro, ma relativa (non assoluta).

E, soprattutto, si è verificata una redistribuzione di potere. Che conta più di reddito e ricchezza.

La conseguenza è una società più ingiusta e diseguale. I movimenti politici antisistema stanno crescendo, specialmente nell’Eurozona ma in effetti sostanzialmente in tutto l’Occidente, opponendosi e puntando a invertire questa tendenza.

E c’è da sperare che ci riescano, in modo non traumatico. Questo dipenderà in larghissima misura dalla capacità delle attuali élite di riconoscere l’erroneità e l’insostenibilità dell’assetto politico-economico odierno.

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