sabato 22 ottobre 2016

CCF: se pagabili sono debito, altrimenti no

Sulla base dei regolamenti Eurostat, i crediti fiscali si dividono in due categorie:

quelli che lo Stato si impegna a rimborsare cash entro un determinato periodo di tempo (salvo che il titolare li utilizzi prima della data di rimborso, compensandoli con pagamenti all’erario altrimenti dovuti)

e

quelli per i quali non è prevista alcuna forma di rimborso, ma solo l’utilizzo in compensazione.

Nel primo caso, abbiamo i cosiddetti “crediti fiscali pagabili”, che rientrano nel debito pubblico.

Nel secondo caso, abbiamo “crediti fiscali non pagabili”, che NON vi rientrano.

I CCF previsti nell’ambito del nostro progetto Moneta Fiscale non sono debito. Lo Stato non si impegna a rimborsarli in euro, ma solo ad accettarli a riduzione di impegni finanziari futuri nei suoi confronti. Il Sistema Eurostat SEC 2010, reso esecutivo con il Regolamento n. 549 / 2013 (vedi in particolare i paragrafi 5.05 e 5.06) li configura senza ambiguità come credito tributario “non pagabile” in quanto non soggetto in nessuna circostanza a essere rimborsato cash. Questo strumento non può in alcun modo essere qualificato come “spesa” né come “debito” nella contabilità pubblica e nei documenti consuntivi di finanza pubblica: non si crea alcun peggioramento degli equilibri di bilancio imposti dai Trattati e dalla normativa europea.

Un ulteriore esempio in merito è il seguente. Il diritto tributario italiano (così come di moltissimi altri paesi) riconosce l’esistenza delle perdite pregresse riportabili. Una società, o anche un privato cittadino che abbia conseguito perdite per la sua attività d’impresa (o, nel caso del privato, anche per operazioni d’investimento) può utilizzarle per ridurre pagamenti d’imposte altrimenti dovuti negli anni successivi. I minori pagamenti d’imposta futuri non possono però essere – e infatti non vengono - considerati una componente del debito pubblico. Sono crediti d’imposta non pagabili.

Il progetto di legge di Mimmo Pisano è invece una variante del progetto CCF / Moneta Fiscale. Propone infatti di emettere CCF al fine di “cartolarizzare” i crediti d’imposta (utilizzabili nell’arco di dieci anni) generati da spese per ristrutturazioni immobiliari e per riqualificazioni energetiche. Una volta emessi, sono monetizzabili dai beneficiari mediante cessione sul mercato finanziario.

La proposta è stata valutata positivamente da diversi gruppi parlamentari, e ha ottenuto un parere positivo (entusiastico, addirittura) dall’ABI, che ha manifestato grande interesse a garantire la conversione di questo tipo di CCF in euro (attualizzandoli a un tasso annuo del 2,5% - 3% circa). E’ al momento ferma, tuttavia, a causa di un parere negativo di Bankitalia, o per essere più esatti a causa del fatto che Bankitalia ha espresso l’opinione che questi CCF concorrerebbero alla formazione del debito pubblico.

Il motivo diventa però chiaro alla luce del fatto che i “bonus ristrutturazioni” sono pagabili se il titolare non li utilizza a compensazione di pagamenti verso l’erario. In pratica, se i “bonus ristrutturazioni” non vengono utilizzati per compensare crediti verso l’erario se ne può chiedere il rimborso in euro. I CCF del progetto di legge Pisano rientrano quindi – al contrario dei CCF previsti dal progetto Moneta Fiscale - nella definizione di crediti d’imposta pagabili.


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