lunedì 21 marzo 2022

Le persone che ho apprezzato di più nella mia vita professionale (divagazione)

 

Giusto per cambiare un po’ argomento, rispetto ai temi di questo periodo (e di questo blog)…

La domanda di cui al titolo l’ha posta uno specialista di risorse umane, e la risposta mi è venuta chiara e immediata.

Le persone che nella mia vita professionale mi hanno dato e insegnato di più sono quelle che sanno far esprimere al meglio colleghi e collaboratori. Questo nello specifico significa:

UNO, valorizzare le qualità di coloro che ti stanno intorno, aiutandoli a trovare la loro migliore collocazione nel contesto organizzativo. Quella cioè che permette loro di dare il miglior contributo, di esprimere al meglio il loro potenziale. Capire se è stato schierato in attacco un potenziale bravissimo portiere che però non sa tirare – o viceversa; e nel caso aiutare il riposizionamento.

DUE, far sentire apprezzate le persone con cui si interagisce.

TRE, evidenziare i loro comportamenti inadeguati ma non per punirli o per farli sentire fuori posto, bensì per aiutarli a superare le loro attuali limitazioni.

Chi manca di queste tre caratteristiche non dà alcun contributo allo sviluppo dell’organizzazione. In casi estremi (ma neanche tanto) può addirittura distruggerla.

Il punto TRE è particolarmente importante. Tuttavia richiede anche un atteggiamento costruttivo da parte del “ricevente”, cioè di chi vede messa in evidenza l’inadeguatezza dei suoi comportamenti. Il ricevente deve capire se la controparte è in buona fede – se è genuinamente interessata ad aiutarlo. E se ha ragione nelle sue critiche: può non esserlo, ma il ricevente deve prendere sul serio, deve ragionare con equilibrio su quello che gli viene detto.

E deve essere pronto a mettersi in discussione. La reazione epidermica, umana, comprensibile, è “ti sbagli, mi sto muovendo nella maniera giusta, so meglio di te che cosa sto facendo”. 

Invece è assolutamente possibile che il “ricevente” sappia PEGGIO del suo interlocutore “che cosa sta facendo”. Per il semplice motivo per molte cose sfuggono al soggetto e sono invece chiarissime a chi lo osserva dall’esterno. Non perché quest’ultimo sia necessariamente più competente, ma perché guarda alla situazione con un distacco che il “ricevente” per definizione non può avere.

 

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