mercoledì 13 dicembre 2023

Warren Buffett non è un macroeconomista

 

Per chi fa il mio mestiere, cioè per chi si occupa di finanza e di investimenti, Warren Buffett è assolutamente un mito. Un uomo che ha accumulato, investendo in borsa e in acquisti di aziende, un patrimonio dell’ordine di un centinaio di miliardi. Un caso unico nella storia.

Verrebbe da pensare che competenze come le sue gli consentano di formulare idee di grande interesse anche nel campo della macroeconomia. Ma non è così.

Alcuni anni fa, Buffett propose un’innovazione legislativa per eliminare il deficit commerciale USA. Non ricordo i dettagli, ma se non sbaglio aveva a che fare con l’assegnazione di “diritti negoziabili a importare” alle aziende che esportano. In tal modo l’importatore potrebbe importare solo nella misura in cui esporta, OPPURE nella misura in cui acquista diritti da un esportatore che non li usa.

Il meccanismo potrebbe anche funzionare. Il punto però è che risolverebbe un non problema. Il deficit commerciale USA è finanziato emettendo dollari, gli USA emettono dollari, e quindi pareggiare la bilancia commerciale per gli USA non è affatto una necessità e neanche qualcosa di particolarmente utile.

A distanza di anni, Warren non lascia ma raddoppia: propone l’introduzione di una normativa tale per cui i deputati in carica negli anni in cui il deficit pubblico supera il 3% diventino automaticamente non rieleggibili. Se hai contribuito a “sfondare i conti pubblici”, finito il mandato vai a casa.

Buffett conferma così di non aver capito la natura del deficit e del debito pubblico. Non sono “oneri sulle future generazioni”. Il deficit pubblico è uno strumento di regolazione della domanda di beni e servizi, nonché un meccanismo di immissione nell’economia di strumenti finanziari che DEVONO crescere di pari passo con lo sviluppo del sistema produttivo. E il debito pubblico è uno strumento di impiego del risparmio privato che viene AUTOMATICAMENTE generato dal deficit pubblico.

L’applicazione della proposta sarebbe disastrosa perché non esiste un livello massimo di deficit pubblico che necessariamente non debba essere superato. In certi anni può essere appropriato un deficit più basso del 3% (lo stesso 3% del trattato di Maastricht, vedi la combinazione). In altri, un livello decisamente più alto.

Prevedo comunque che la proposta incontrerà parecchi consensi nella pubblica opinione (al grido di “a casa gli spreconi”). Poi per fortuna non se ne farà nulla.

Fa riflettere però che un uomo del calibro di Buffett cada, insieme a tante persone comuni, in questi equivoci.

9 commenti:

  1. Enrico Bellelli: Dell'inutilità della prima proposta non sarei così sicuro. È vero, gli Usa possono stampare dollari finché vogliono, però se quei dollari diventeranno sempre meno essenziali per l'acquisto di beni e servizi prodotti negli Usa a un certo punto nessuno li vorrà, qualcuno come i BRICS vorrà ripristinare forme di gold standard, la minaccia delle armi potrebbe non bastare per sempre come deterrente per imporre il dollaro di fronte all'emergere di potenze di pari livello anche sul piano militare, e alla lunga questa dinamica rischia di portare a esiti molto pericolosi: in pratica gli USA dovranno prima o poi fare la guerra a Russia e Cina per non soccombere. Ecco cosa succede alla lunga, quando si abusa del potere di signoraggio sganciandolo da ogni radicamento nell'economia reale.

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    1. Beh il giorno che gli USA saranno costretti a pagare le importazioni in moneta straniera il problema potrebbe diventare concreto. Al momento non c'è traccia di questo.

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  2. I banchieri Italiani rinascimentali finanziarono UK Portogallo Spagna e Francia e l impero Russo che dura fino a oggi non avevano interesse a finanziarlo ?

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  3. Diciamo anche che Warren Buffett disprezza la macroeconomia:



    "If we find a company we like, the level of the market will not really impact our decisions. We will decide company by company. We spend essentially no time thinking about macroeconomics factors. In other words, if somebody handed us a prediction by the most revered intellectual on the subject, with figures for unemployment or interest rates or whatever it might be for the next two years, we would not pay any attention to it. We simply try to focus on business that we think we understand and where we like the price and management. If we see anything that relates to what’s going to happen in congress, we don’t even read it. We just don’t think it’s helpful to have a view on these matters."

    Riferimento:

    https://buffettquotes.com/category/macroeconomics/page/5/

    Diciamo anche che Warren Buffett , oltre a essere geniale, è un personaggio contraddittorio, diceva che i derivati erano armi di distruzione d massa e poi invece li usò, non in misura massiccia ma li usò, diceva che lui ci teneva molto a donare gran parte del suo patrimonio per cause giuste e poi lo ha fatto con la Gates Foundation che tutto è tranne che una fondazione che promuove il benessere umano!

    Buffett nel 2001 diceva anche questo:

    "Basically, when you get to my age, you’ll really measure your success in life by how many of the people you want to have love you actually do love you,"

    e Bill Gates della famigerata Gates Foundation, suo amico di lunga data e persona molto detestata fra la gente comune del mondo occidentale dopo questa fake pandemia, gli dice che è un test molto saggio, riferimenti:

    https://www.cnbc.com/2019/09/01/billionaires-warren-buffett-bill-gates-agree-this-is-the-ultimate-test-of-how-you-have-lived-your-life.html

    insomma, su tematiche che esulano il campo degli investimenti finanziari veri e propri non è un genio ma un essere umano con le sue contraddizioni, poi a parte tutto, uno come lui stramiliardario nel campo degli investimenti finanziari, mai una parola di fuoco contro l'imperialismo guerrafondaio statunitense, comportamento come un qualsiasi attore di Hollywood già impaccato di soldi che pur di continuare a fare soldi a palate sta sempre zitto e buono sui sorprusi giganteschi criminali che il loro paese commette in giro per il mondo, molto meglio se Buffett avesse guadagnato un centesimo di quello che ha realizzato ma che a un certo punto avrebbe trovato però il coraggio morale di dire quanto meno le cose come stanno, in USA da questo punto di vista è in tanta cattiva compagnia, infatti, di ricconi americani che se ne strafottono che il loro paese porta guerre e morte dappertutto in giro per il mondo, gli USA ne sono pieni!

    War is a Racket!
    E se fai parte ai piani alti direttamente o indirettamente di quel racket ti arricchisci, that's it!



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    1. Non è che disprezza la macroeconomia: non la ritiene essenziale per prendere decisioni di investimento (e in larga misura su questo ha ragione). Però ci riflette, senza tuttavia capirla (si vede dalle sue proposte).

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    2. 1. Si ha ragione al 100%, andavo di fretta, pardon, comunque, non penso che ci rifletta più di tanto , quella sua considerazione non è frutto di chissà quali suoi studi e analisi di macroeconomia, è più una battuta che ha fatto in qualche meeting o nella relazione annuale della Berkshire Hathaway, è proprio tipico del personaggio Warren Buffett fare battute tranchant, argute o alquanto spiritose, a seconda dei casi e del suo humour.

      2. A proposito di macroeconomia e USA, ecco delle considerazioni molto interessante , tuttora più che valide, di Pier Luigi Fagan, 61 anni, professionista ed imprenditore per 23 anni,da più di quindici anni ritirato a "confuciana vita di studio", svolge attività di ricerca da indipendente.Si occupa di "complessità", nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica, culturale e soprattutto filosofica. L'applicazione più estesa è in geopolitica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: "Verso un mondo multipolare", Fazi editore


      Teorema del dubbio

      di Pierluigi Fagan - 22/09/2019

      Gli americani hanno vinto più del 60% dei premi Nobel dati per lo sviluppo di teorie economiche da quando è stato istituito quindi dal 1969. Ma l’intelligenza economica di stampo americano è ben maggiore in quanto tra gli altri 40%, se la nazionalità anagrafica era di un qualche Paese per lo più europeo, quella culturale in quanto possesso di cattedra, vita concreta, pubblicazioni e ambientazione culturale, era americana di fatto. Si presume che tale intelligenza economica discenda dalle straordinarie performance del sistema economico americano, straordinarie performance, straordinario pensiero, ovvio. Sia che il pensiero sia dedotto dai fatti, sia che i fatti siano prodotti ricorrendo alle performance del pensiero.

      Ma gli Stati Uniti d’America sono stati in questi decenni anche il Paese che ha investito una quantità esorbitante di denaro pubblico nel settore degli armamenti, un settore che quanto ad industria e servizi, ha un peso decisivo nella composizione diretta ed indiretta della salute del sistema economico. Investimenti tra l’altro finalizzati ad alimentare la macchina bellica operativa, non la funzione militare astratta. Macchina bellica operativa per altro brillantemente coadiuvata da un complesso sistema di servizi segreti e non solo, atti a manipolare gli eventi politici ed economici planetari, creando condizioni di possibilità per lo sviluppo di potenza, quindi anche economico, degli americani.
      Per il 93% del loro tempo storico, gli Stati Uniti d’America, sono stati coinvolti in una qualche forma di conflitto. Degli occasionali 21 anni su 239 della loro breve storia in cui non lo sono stati, solo un segmento di cinque anni dice di una astensione voluta e programmata, gli anni dell’isolazionismo che fruttò loro la Grande depressione dal 1935 al 1940. Quando non sono stati in guerra, hanno avuto l’economia molto depressa.
      Proseguimento:
      https://www.ariannaeditrice.it/articoli/teorema-del-dubbio


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    3. Integrazioni all'articolo "Teorema del dubbio", di Pierluigi Fagan

      "America Has Been at War 93% of the Time – 222 out of 239 Years – Since 1776"
      by Washington's Blog, 20 February 2015
      published by Global Research, April 02, 2023
      https://www.globalresearch.ca/america-has-been-at-war-93-of-the-time-222-out-of-239-years-since-1776/5565946


      Why America Needs War
      by Jacques Pauwels

      April 30, 2003

      https://www.globalresearch.ca/why-america-needs-war/5328631


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    4. Il bestseller di Jacques Pauwels.

      1. In inglese.

      "The Myth of the Good War: America in the Second World War ",
      by Jacques R. Pauwels , October 25, 2002



      Was the role of the United States in the Second World War an essentially idealistic one, a crusading struggle to conquer the dark forces of German fascism and Japanese militarism? Was it an unequivocally "good" war?

      Historian Jacques Pauwels questions this orthodox view of America's participation in World War Two. In his view, the United States was not the disinterested champion of democracy in the face of dictatorship: its role in the war was determined, rather, by the interests of its corporations and of its social, economic and political elites. His analysis explicitly addresses many of the myths that have since been fostered about the U.S. decision to enter the war alongside the Soviet Union, the U.K. and Canada, and against Nazi Germany.

      The Myth of the Good War offers a fresh and provocative look at the role of the USA in World War Two. It spent four months on the nonfiction bestseller lists in Europe in 2000, and has since been translated into German, Spanish and French.

      Proseguimento:
      https://www.amazon.com/Myth-Good-War-USA-World/dp/1550287710

      2. La versione in italiano del suo bestseller:

      "Il mito della guerra buona. Gli Usa e la Seconda Guerra Mondiale"

      di Jacques R. Pauwels

      La 'guerra buona' non esiste. Questo studio, ricco di una documentazione unica per rigore e ampiezza, dimostra in modo inconfutabile come alla base dell'intervento Usa nella Seconda Guerra Mondiale non vi fosse esclusivamente l'obiettivo di abbattere il nazifascismo, ma anche e soprattutto l'esigenza del capitalismo americano di rafforzare il suo sistema produttivo e la sua influenza mondiale dopo la crisi degli anni trenta. Si pongono qui le basi della globalizzazione dei nostri giorni in una linea di coerenza che attraversa la Guerra Fredda e poi la caduta dell'Urss.
      Una lettura nuova, provocatoria del ruolo degli Usa nella Seconda Guerra Mondiale, che fa comprendere meglio l'attuale dottrina della guerra preventiva e lo stesso futuro di un mondo dominato da una sola superpotenza economica e militare.
      Un libro duro, coraggioso, controcorrente, già uscito in Canada, Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Germania con grande successo di vendite. Nel 2000 quando uscì per la prima volta in Belgio, il libro è stato per quattro mesi nella classifica dei bestseller nofiction in Europa.

      Riferimento:
      https://www.mondadoristore.it/mito-guerra-buona-Usa-Jacques-R-Pauwels/eai978887981227/

      Da notare anche che nuovo in italiano non lo si può più acquistare ormai da tanti anni, avevano pubblicato una sola prima stampa, andata a ruba, poi niente più, chissà come mai.....!!


      pubblicato da Datanews

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  4. Spunti integrativi.

    Michael Hudson sulla guerra economica in corso tra le grandi potenze


    Michael Hudson racconta il lungo percorso della fondamentale ristrutturazione economica nelle relazioni commerciali e finanziarie tra le grandi potenze.





    Note di premessa

    Michael Hudson ci fornisce un breve aggiornamento su come la guerra economica con la Russia stia accelerando il passaggio dall’egemonia guidata dagli Stati Uniti alla multipolarità.

    Un grande cambiamento nell’ordine economico è spesso accompagnato da una crisi finanziaria. Alcune delle spiegazioni della Grande Depressione si concentrano su come gli sforzi per ripristinare il gold standard, dopo il crollo della prima guerra mondiale, siano stati distruttivi; altri danno un ruolo importante alla fine lenta della sterlina e alle difficoltà che gli Stati Uniti hanno avuto nel cambiare dall’esportazione verso i consumi guidati. Il periodo prima della prima guerra mondiale è stato caratterizzato da un ampio commercio internazionale, che si è interrotto e solo negli ultimi 20 anni circa si è avvicinato a quel livello. Le sanzioni contro la Russia stanno producendo cambiamenti nei modelli commerciali e finanziari tra le grandi potenze, stanno rompendo le catene di approvvigionamento e potrebbero portare a una maggiore concentrazione sui mercati interni (testimoniano i paesi produttori di grano che reprimono le esportazioni).
    Quello che sta succedendo nella NATO è una posta in gioco molto alta. L’Occidente pensava, con compiacimento, che l’invasione russa dell’Ucraina avrebbe rafforzato la NATO, come dimostrato dal previsto ingresso di Svezia e Finlandia. Ma sorprendentemente nessuno ha consultato Erdogan, quando la Turchia poteva affermare di essere il membro più importante in virtù della sua posizione e del fatto di avere il secondo esercito più grande della NATO. Non coinvolgere tutti i membri della NATO prima di invitare Svezia e Finlandia era una presunzione di rango. Erdogan potrebbe giocare il più duro degli hardball (ha inviato una lista di grandi richieste).

    Yves Smith (Naked capitalism)
    L’intervista di Hudson al canale televisivo russo RT

    RT, precedentemente chiamato Russia Today, è un canale televisivo satellitare russo diffuso a livello mondiale, il primo tra i canali della Russia completamente in digitale. RT fa parte di una rete televisiva finanziata direttamente dal Cremlino.



    Peter Scott, conduttore di RT: Si unisce a noi ora Michael Hudson, economista e autore di “Super-Imperialismo” e “Destiny of Civilization” di recente pubblicazione. Benvenuto nel programma, Michael.

    Michael Hudson: È bello essere tornato.

    PS: Dopo l’entrata in vigore dei programmi europei, per esempio il programma REPOWER, quale pensi che sarà la posizione dell’UE sul palco degli autori globali.

    MH: Ebbene, la posizione dell’UE sarà ridotta economicamente. Stava cercando di essere una potenza nell’economia mondiale, ma nell’ultimo mese l’euro è diminuito costantemente rispetto al dollaro ed è sulla strada di un dollaro per un euro. Questo perché deve pagare molto in valuta estera per l’energia, il cibo, le armi. Si sta riducendo in termini di altre economie.




    Proseguimento:

    https://www.acro-polis.it/2022/05/21/michael-hudson-sulla-guerra-economica-in-corso-tra-le-grandi-potenze/

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