La situazione economica dell'Eurozona
sta purtroppo gravemente peggiorando, come evidenziato dai principali
indicatori relativi a PIL, occupazione, reddito, deficit e debito. In effetti,
come sottolineano le maggiori autorità europee e i principali quotidiani
finanziari esteri e nazionali, l'eurosistema stesso continua a correre seri
rischi, se non si verifica una netta inversione di tendenza nell’andamento dell’economia.
Il contesto in cui ci troviamo è una
classica “trappola della liquidità”. Nonostante gli sforzi effettuati della BCE
per dare ossigeno all'economia, la domanda aggregata è insufficiente a
promuovere lo sviluppo, le banche non erogano, o addirittura contraggono i
crediti alle famiglie e alle aziende, e l'economia è bloccata.
Proposte recentemente formulate
prevedono un taglio sostanziale delle tasse (5% del PIL), finanziato a deficit
dalla BCE per un periodo temporaneo di tre anni, con un impegno a tagli di
spesa pubblica nel caso in cui l'effetto espansivo della manovra non fosse
sufficiente a far rientrare il deficit. L'obiettivo è di sollecitare la
domanda, attivare il moltiplicatore fiscale e quindi sviluppare l'economia, e
così diminuire il rapporto debito/PIL, allontanare il pericolo di default e
garantire la copertura del debito pubblico.
Per ottenere obiettivi analoghi,
noi puntiamo invece sulla graduale emissione di Certificati di Credito Fiscale,
i CCF, ad uso differito – due anni – fino a un massimo di 200 miliardi
all'anno, ritenendo che gran parte di questi CCF possano essere rapidamente
convertiti in euro, in modo da aumentare in misura molto significativa la
domanda e sollecitare una forte ripresa del PIL. I flussi annui di assegnazioni
di CCF sarebbero infatti calibrati con riferimento alla risposta dell’economia
in termini di domanda, output e occupazione. Il carattere di intensità e
persistenza della manovra eliminerebbe gli effetti di equivalenza ricardiana,
dando maggiore forza e certezza ai moltiplicatori del reddito.
Crediamo che la nostra proposta
di nuova moneta fiscale sia più efficiente del progetto di sconto fiscale. La
moneta fiscale viene concessa gratuitamente ai lavoratori e alle famiglie in
maniera inversamente proporzionale al reddito, e quindi aumenta il reddito
delle famiglie più disagiate, dove notoriamente la propensione al consumo è maggiore;
reciprocamente la moneta fiscale viene concessa in proporzione minore ai
redditi più alti, che hanno maggiore propensione al risparmio.
In questo modo la domanda riprenderebbe
più rapidamente. Uno sconto fiscale, al contrario, tocca solo relativamente le
famiglie a basso reddito e interessa soprattutto le famiglie con maggiori
disponibilità, dove la propensione al risparmio è più alta. La moneta fiscale
in effetti può (e riteniamo che debba) essere utilizzata anche per forme di
sostegno al reddito di categorie particolarmente disagiate (disoccupati,
pensionati ai minimi ecc.) che non
hanno redditi e non pagano tasse (se
non in ammontare modestissimo).
Riteniamo che gli operatori di
mercato finanziario possano agevolmente e rapidamente comprendere che
l'emissione dei CCF garantirebbe fin da subito la ripresa dell'economia, il
riequilibrio della finanza pubblica e la diminuzione del rapporto debito/PIL,
che peraltro sono l'obiettivo del Fiscal Compact. Il tutto, senza richiedere
risorse finanziarie ai mercati (come accadrebbe in caso di espansione dei
deficit pubblici) e creando forti difese dagli attacchi della speculazione
finanziaria.
Più in specifico, la nostra
manovra si basa sul fatto che le risorse attuali, capitale e lavoro, sono in
Italia fortemente sottoutilizzate, e che la nuova domanda potrebbe rimetterle
al lavoro senza però alimentare un’inflazione eccessiva, proprio a causa dell'esistenza
di un massiccio output gap. Peraltro, la riattivazione di una moderata
inflazione, e di aspettative inflazionistiche, è il principale attuale
obiettivo delle politiche dalla BCE.
Inoltre l'emissione dei CCF a
favore (anche) delle imprese andrebbe a coprire il gap di competitività nei
confronti della Germania e dei partner europei ed extraeuropei in modo da
sollecitare le esportazioni nette e mantenere la bilancia commerciale in
sostanziale equilibrio (anche in presenza di una forte espansione della domanda
interna).
Ovviamente è preferibile concordare
con le istituzioni europee la maggiore collaborazione e il maggior supporto
possibile. Non è tuttavia da escludere che, nonostante le sue valenze, questa
proposta possa suscitare una reazione negativa da parte delle autorità UE. E’
peraltro nostra ferma convinzione che, in questo caso, il governo italiano
dovrebbe comunque procedere e affrontare gli eventuali contenziosi politici.
L’alternativa sarebbe l’accettazione di una perdurante condizione depressiva
dell’economia, con pesanti e inaccettabili conseguenze economiche e sociali.
I punti critici del nostro
progetto, su cui stiamo lavorando, sono i seguenti:
UNO, è possibile che l'emissione
dei CCF venga computata sul piano contabile, a livello UE, come debito. Questa
norma dovrebbe essere ovviamente modificata, o diversamente interpretata. Si
tratterebbe però di una modifica politicamente sostenibile, in quanto la
riforma consente di ottenere gli obiettivi sostanziali dei trattati (ripresa
economica e rapida riduzione dell’ammontare di debito pubblico soggetto a
rimborso, e quindi dei rischi di default).
DUE, i mercati potrebbero
inizialmente reagire in maniera negativa di fronte alla novità del progetto. In
questo caso però un fattore fortemente calmierante sarebbe costituito dalla
concessione, ai titolari del debito pubblico attualmente in circolazione, di
un’opzione (volontaria) di conversione in BTP fiscali, cioè in titoli accettati
dallo Stato per pagare imposte. Potrebbe essere concesso anche un maggior
rendimento, a fronte dell’accettazione di scadenze più lunghe. L’incentivo ad
operare al ribasso sui titoli in circolazione è grandemente ridotto nel momento
in cui il titolare sa di poterli comunque, in qualsiasi momento, trasformare in
titoli senza rischio di default.
In tendenza, come è sottolineato
e spiegato in maniera più articolata nel nostro appello, proponiamo il graduale
rifinanziamento del debito in euro con BTP fiscali: è la via per ridurre e,
alla fine, eliminare i rischi connessi alla volatilità dei mercati internazionali.
Crediamo che il recupero di forme
anche solo parziali di sovranità monetaria – grazie all'emissione di titoli
fiscali – sia decisivo per superare i rischi connessi all’esistenza di debito
da rimborsare in una valuta che lo stato italiano non emette e non controlla.
Il nostro progetto, peraltro, può essere attuato all’interno del quadro
giuridico e istituzionale europeo attuale, evitando quindi il break-up
dell'euro.
Un altro punto su cui riflettere
è che la nostra proposta crea una serie di “linee di difesa” rispetto a una
semplice riduzione immediata delle tasse, con un impegno a effettuare tagli di
spesa successivamente, se l’effetto espansivo della manovra risultasse
insufficiente. In quest’ultimo scenario, infatti, in pratica si direbbe:
Riduco le tasse – aumento PIL e
gettito – la finanza pubblica si riequilibra per esempio nel giro di tre anni –
se qualcosa va storto taglio la spesa.
Ma quest’ultimo impegno risulta
scarsamente credibile perché implicherebbe una forte azione restrittiva in una
fase negativa per l’economia: difficile, politicamente, da attuare e, con ogni
probabilità, controproducente, perché avvierebbe un ulteriore avvitamento
depressivo e deflattivo.
Altro impatto avrebbe
un’impostazione di questo genere:
-emetto moneta fiscale e rilancio
domanda e competitività delle aziende
-assumo impegni di contenimento
(per esempio confermo quelli del Fiscal Compact) del deficit e del debito,
definiti rispettivamente come saldo annuo entrate / uscite in euro e livello di debito da
rimborsare in euro
-offro la possibilità di (ma non
obbligo a) convertire debito in euro in BTP fiscali
-emetto, nella maggior misura
possibile, BTP fiscali a rifinanziamento del debito in euro via via che scade
-do ai titolari di CCF in
circolazione l’opzione di non utilizzarli nell’anno di scadenza, ma di
rimandarne l’utilizzo a fronte della concessione di un rendimento
-se, e solo se, non c’è rilancio
della domanda, e NULLA di tutto
quanto sopra funziona, mi impegno non a tagliare spese pubbliche, ma a
sostenerne una parte sotto forma di moneta fiscale.
Che si arrivi a quest’ultimo
passaggio è un’ipotesi estremamente remota; tuttavia anche in questo caso si
tratterebbe non di un taglio di spesa (per esempio) del 5%, ma di una conversione
del suo meccanismo di erogazione. Banalmente, dire a un dipendente pubblico che
la sua retribuzione mensile scende da 2.000 euro a 1.900 netti mensili è una
cosa, continuare a dargliene 2.000 – salvo che 1.900 sono euro e 100 sono CCF –
è decisamente più indolore.
Un impegno di questo tipo è
nettamente più credibile appunto in quanto (i) è molto meno probabile che sia
necessario (ii) politicamente è di gran lunga più fattibile, e (iii) l’impatto
depressivo sull’economia è enormemente inferiore.
C'è un altro aspetto da sottolineare:
la nostra manovra prevede l'emissione e la distribuzione diretta e a titolo
gratuito – come illustrato nell'appello – di massimi 70 miliardi a favore dei
lavoratori, 80 miliardi per le imprese (per la riduzione del cuneo fiscale e la
competitività) e 50 miliardi per programmi di spesa pubblica (riassetto idrogeologico,
forme di sostegno dei redditi, supporto alle imprese per programmi
d’investimento, espansione delle attività di ricerca e sviluppo, assunzione di
lavoratori disoccupati, ecc.). L'accettazione sociale della nostra manovra ci
sembra quindi scontata. E questo fattore, soprattutto nella condizione attuale
di crisi, di disagio, di timore per il futuro, di protesta diffusa, ci sembra
possa diventare un fattore decisivo per il successo dell'iniziativa.
Qui di seguito, alcuni link:
al nostro Manifesto – Appello
a una pagina che raccoglie una
serie di repliche a varie osservazioni e critiche formulate da lettori della
proposta
a un articolo pubblicato da
LaVoce.info http://www.lavoce.info/archives/30225/ricetta-per-eurozona-piu-pil-senza-nuovo-debito/
a un articolo pubblicato su
Repubblica, due anni fa, da Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, che tra
all’altro tratta più estesamente dei “MEFO bills” (un significativo precedente storico
dei CCF) http://www.laqualitasociale.it/online/wp-content/uploads/2013/09/alti-spread2.pdf
a un ulteriore articolo di
commento pubblicato da Micromega
infine, Berlusconi lo scorso
sabato 29.11.2014 ha accennato alla possibilità di una moneta nazionale,
complementare all’euro…
notizia commentata e ripresa
anche stamattina dal Corriere della Sera, a cui non sono sfuggite le similarità
tra l’accenno di Berlusconi e la nostra proposta
"salvo che 1.900 sono euro e 100 sono CCF – è decisamente più indolore"
RispondiEliminaquesto fa partire il bank run sull'euro in italia. non quindi ha alcun senso avere due monete perché si riequilibrano oppure nei casi peggiori una mangia l'altra. la proposta btp invece non sono moneta e quindi possono essere visti come una ristrutturazione del debito sovrano a lungo termine.
Chissà poi perché un'opzione unilaterale di conversione dovrebbe essere una ristrutturazione. E perché mai una modifica delle condizioni di pagamento di una retribuzione dovrebbe innescare un bank run...
Eliminaper lo stesso motivo per cui lo stato non ha mantenuto le promesse precedenti sul suo debito non manterrà neanche queste sui ccf. riguardo la corsa agli sportelli accade addirittura per motivi molto più semplici di questi.
EliminaQuale impegno lo stato italiano non ha mantenuto sul suo debito ? L'Italia non è mai andata in default. La Germania, quattro volte...
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaperché fa fallire il suo popolo. è per quello che deve cominciare a fallire chi provoca i disastri senza socializzarli. non mi sembra che le teocrazie, le monarchie, le dittature e le partitocrazie siano state abbattute festeggiando bensì con le bombe o i fallimenti. o no?
EliminaBONI FATE I BONI
RispondiElimina