L’anno si è
appena concluso con il tormentone MPS in pieno svolgimento, e la vicenda ci
accompagnerà, sicuramente, per svariati mesi anche nel corso del 2017.
E’ un tema
importante già di suo, ma diventa ancora più critico in quanto riflette una
situazione problematica che coinvolge, a vari livelli d’intensità, molti altri
istituti di credito italiani (e non solo, per la verità).
In questi giorni
sto leggendo vari commenti che invocano soluzioni di ampia portata, per
risolvere il problema “una volta per tutte”. L’idea sarebbe una forte azione di
ricapitalizzazione e di pulizia dei crediti deteriorati, che metta in campo “quanto
serve” perché il sistema bancario si lasci alle spalle la situazione attuale.
Ci sono un paio
di problemi su cui riflettere, riguardo a questo approccio.
Il primo è che
la stima delle esigenze di ricapitalizzazione è aleatoria, anche semplicemente
riferendola, in modo statico, alla situazione attuale. Non esiste un mercato
dei crediti deteriorati sufficientemente ampio e liquido da fornire indicazioni
attendibili in merito ai valori di cessione delle posizioni in sofferenza.
In più, i “crediti
deteriorati” lo sono in misura differente da caso a caso. Alcuni lo sono
parecchio, e sono cedibili, o recuperabili, solo a una frazione minima del loro
valore facciale. Altri sono meno problematici. Alcuni sono assistiti da
garanzie reali o personali, altri no. Riguardo alle garanzie vanno stimati - ed è molto difficile - tempi e valori di
realizzo.
Sui fabbisogni
di capitale delle aziende di credito italiane circolano quindi stime
disomogenee e francamente ben poco affidabili. Il governo ha stanziato 20
miliardi. Altre fonti ne ritengono invece necessari 30, 40, 60. Il solo intervento
su MPS è stato proposto per 5 miliardi, il giorno dopo la BCE è uscita con un’ipotesi
di 8,8, per poi far sapere nei giorni successivi che era un valore riferito a “condizioni
di particolare stress” e non necessariamente una richiesta di maggior intervento.
Ma a rendere
ancora più confuso, e di parecchio, il quadro, la valutazione non può essere condotta in termini statici.
Il sistema bancario italiano è paragonabile a un natante che ha imbarcato acqua.
Abbiamo a disposizione un secchio per svuotarlo. Quando ci mettiamo ? due ore,
quattro, sei ? stiamo a contare le secchiate necessarie ?
La risposta è
che una stima si può effettuare se il
natante smette di imbarcare acqua. E in quel caso stabilire in anticipo
quanto tempo ci si mette a svuotare magari non è neanche così importante. Si dà
dentro col secchio, e prima o poi si svuota.
Ma se non chiudo
prima le falle ?
Le falle del
sistema bancario italiano sono un'economia depressa da otto anni, che continua
a non mostrare alcuna ripresa degna di questo nome perché ci si ostina a non
immettere nel sistema il maggior livello di domanda che lo farebbe ripartire.
In queste
condizioni, le secchiate d’acqua necessarie potrebbero benissimo essere infinite.
La barca non si svuota mai. I crediti deteriorati vengono svalutati e ceduti, ma
subito dopo si scopre che se ne sono formati altri.
L’intervento
sulle banche può essere risolutivo se, e solo se, contemporaneamente si mette
in atto un’azione di rilancio di domanda,
PIL e occupazione. Di cui non si sta parlando. E il timore, anzi, è che invece,
in ulteriore ossequio alle catastrofiche prescrizioni UE, il governo attui
azioni “compensative” – tasse in più e tagli di spesa pubblica. Azioni che, se
si effettuano, non compenseranno nulla: al contrario accelereranno la riformazione delle falle.
I problemi delle
banche italiane sono un “di cui” del tema più generale: la diagnosi sbagliata
della crisi economica italiana. Un problema di carenza di domanda, indotto dai
difetti congeniti dell’eurosistema.
Le leve d'azione ci sono. Ma si continua a non prenderle in considerazione.
Tutto tremendamente vero........ma là in alto non capiscono......ergo....
RispondiEliminaFinché non ci sarà un governo che non è lì per attuare "ricette" che arrivano dall'esterno... Nel 2018 ci saranno le elezioni (forse prima ma non credo). Quella è l'opportunità da non perdere.
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