Il presidente
eletto degli USA, Donald Trump, non ha grande simpatia per la UE, e ancora meno
per l’euro. Un recente documento pubblicato dal suo staff ne spiega le ragioni
senza ambiguità.
“La debolezza
delle economie del Sud Europa nell’ambito dell’Unione Monetaria Europa mantiene
l’euro a un tasso di cambio inferiore rispetto a quello del marco tedesco, se
fosse una moneta indipendente. Questa è la ragione principale per cui gli USA
hanno un grande deficit commerciale nei confronti della Germania – 75 miliardi
di dollari nel 2015 – nonostante le retribuzioni tedesche siano relativamente
alte”.
E poco dopo si
parla di “imporre” (da parte degli USA) “tariffe difensive e compensative se la
manipolazione della valuta non viene meno”.
E’ evidente che l’attuale
assetto dell’Eurosistema non viene ritenuto accettabile dalla nuova presidenza
USA. Aumentano quindi le probabilità che si arrivi a uno scioglimento integrale
dell’Eurozona. Alternativamente, è possibile che – sotto la minaccia di una
guerra commerciale diretta a ridurre il surplus commerciale tedesco verso gli
USA – la Germania accetti finalmente un ciclo di politiche fiscali espansive, esteso
a tutti i paesi dell’Eurosistema, e con finanziamento dei maggiori deficit
pubblici garantito dalla BCE (meglio ancora sarebbe se esplicitamente monetizzato).
In pratica la
Germania e anche il resto dell’Eurozona rilancerebbero, in questa seconda
ipotesi, la domanda interna e accetterebbero – anche per il tramite di un
rafforzamento dell’euro – una significativa riduzione del proprio surplus
commerciale.
Resterebbe il
problema degli sbilanci all’interno dell’Eurozona, che però è gestibile se i
paesi del Sud dedicano una parte dell’espansione fiscale a ridurre il proprio
costo del lavoro lordo (non i salari netti !) tramite un consistente e
permanente abbattimento del cuneo fiscale.
Se nessuna delle
due ipotesi sopra descritte si verifica, per l’Italia l’adozione del progetto Moneta Fiscale rimane la strada più promettente – forse l’unica possibile. Il
rilancio della domanda interna verrebbe effettuato emettendo CCF nazionali.
Nella misura necessaria, i CCF verrebbero destinati anche a migliorare la
competitività delle aziende italiane, per evitare di disperdere in maggiori
importazioni nette una parte dell’azione espansiva.
Se un paese
importante come l’Italia – la terza economia dell’Eurozona – esce dalla propria
situazione economica depressa, la BCE ha meno ragioni per mantenere debole il
cambio euro / dollaro. Anche in questo caso, il rafforzamento dell’euro agirebbe
da riequilibrio, quantomeno parziale, degli sbilanci commerciali tra USA e Germania.
Tutto questo vale,
a maggior ragione, se l’esempio dell’Italia venisse imitato da altri paesi dell’Eurozona
– se, in altri termini, vari altri stati rilanciassero domanda e competitività
introducendo la loro versione di Moneta Fiscale nazionale.
E’ quindi plausibile
che un’azione espansiva mediante Moneta Fiscale, effettuata dall’Italia e
magari da altri paesi, venga vista con favore dalla presidenza Trump. Quanto ai
tedeschi, non mi aspetto che se ne mostrino entusiasti, ma non avranno mezzi
per opporsi, e francamente nemmeno interesse. Si tratterebbe infatti di un’evoluzione
di gran lunga preferibile rispetto a una guerra commerciale con gli USA o a una
rottura deflagrante dell’Eurozona.
Stefano Sylos Labini: Trump sta dichiarando "guerra" ai due grandi produttori/esportatori mondiali: Cina e Germania. Credo che la Germania sarà sempre contraria al finanziamento monetario diretto del disavanzo e all'espansione del debito, quindi una moneta complementare nazionale sembra l'unica strada.
RispondiEliminaScenario molto plausibile. Anche se occorrerà vedere che livelli di tensione saranno prodotti dalla conflittualità commerciale, se Trump dà seguito a quanto sta dicendo.
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