Dopo il decollo
della nuova Grosse Koalition tedesca (evento per la verità non sicurissimo,
vedremo il risultato del referendum tra gli attivisti SPD – che sarà noto il 4
marzo, stesso giorno delle elezioni italiane…) si dovrebbe mettere in moto un
processo di riforma della governance
economica eurozonica.
Ufficiosamente, si
afferma da tempo che la riforma dovrebbe seguire le linee di un documento
predisposto da 14 economisti francesi e tedeschi, che collaborano con il CEPR
(Center for Economic Policy Research).
La mia opinione,
tuttavia, è che ancora una volta la proposta sia completamente fuori strada. E
per una volta mi trovo in sintonia con commentatori decisamente pro-UE come
Marcello Messori e Stefano Micossi. La loro posizione è ben illustrata da Wolfgang Munchau (vedi questo link, il secondo in data 14.2.2018) :
“La crisi
dell’Eurozona è stata prodotta dalla percezione del mercato che esisteva un
rischio di ridenominazione – cioè che alcuni stati membri non sarebbero stati
in grado di provvedere al servizio del proprio debito in euro e avrebbero
quindi deciso di farlo in una moneta di nuova emissione. La loro (di Messori e Micossi) principale critica
al documento CEPR è che non fa nulla per affrontare il rischio di
ridenominazione, in effetti formula proposte che lo peggiorano. In merito
all’unione bancaria, il documento CEPR prende spunto dall’idea tedesca di
ridurre le quote di possesso di debito pubblico delle banche, che in una crisi
possono agire da stabilizzatore. Lo stabilizzatore viene rimosso, accrescendo
il potenziale di instabilità finanziaria. Il documento CEPR propone che l’ESM (il fondo salvastati) entri in processi
di risoluzione bancaria o di assicurazione dei depositi solo quando le risorse
nazionali sono esaurite, e con rigorose condizionalità di policy. Recepisce l’idea di insolvenze sovrane all’interno
dell’Eurozona. E le regole fiscali continuano a rendere più difficile la
stabilizzazione anticiclica. Messori e Micossi affermano quindi che il mercato
non potrà mancare di accorgersi delle implicazioni di tutto ciò per la
stabilità di banche e governi in vari paesi dell’Eurozona, e agirà di
conseguenza. L’unico fattore di impedimento – che permette al documento CEPR di
ignorare le implicazioni finanziarie destabilizzanti della sua proposta – è il
“whatever it takes” di Mario Draghi,
che potrebbe non proseguire oltre il 2019”.
Munchau, ricordo,
è anch’egli un europeista, ma possiamo definirlo un europeista disilluso:
vorrebbe che il processo di integrazione politica facesse passi in avanti, ma
si rende conto che non sta accadendo – o non a condizioni che giustifichino di
perseguirlo. C’è da riflettere ulteriormente sul suo commento finale:
“Dal punto di vista
italiano, il documento CEPR appare o una totale capitolazione francese alle
richieste tedesche, oppure un allineamento della Francia alla Germania basato
sul presupposto che il rischio di ridenominazione comunque per la Francia non
vale. E in questo potrebbero avere ragione – sappiamo dalla caduta dello SME
nel 1992 che la Bundesbank ha voluto intervenire sul mercato per proteggere la
Francia, non l’Italia o il Regno Unito. Oggi la volontà tedesca di intervenire
a favore dell’Italia appare casomai ancora inferiore. Gli economisti francesi
giudicano che il problema italiano non si applichi al loro paese ? o si stanno
illudendo che la Francia possa essere la Germania ?”
Fin qui Munchau.
Ma c’è una domanda da porsi, ancora più rilevante per l’Italia in particolare,
e per la stabilità del sistema in generale. Se è vero, come sospetta Munchau,
che la futura leadership della BCE
(Weidmann o chi per esso) lascerà cadere il “whatever it takes”, la fuoriuscita dell’Italia dall’Eurozona è un
evento molto, ma molto più probabile di quanto i mercati credano oggi. E la
data plausibile è fine 2019. Un futuro tutt’altro che distante.
Tirando le somme:
(1) il documento CEPR è una proposta che l’Italia non può neanche immaginare di
prendere in considerazione, men che meno di considerare accettabile (2) la
strada alternativa che l’Italia può proporre – ma anche percorrere
autonomamente – è sempre la stessa: strumento fiscale a base nazionale in
affiancamento all’euro (3) se questo sarà poi un assetto permanente dell’Italia
nell’ambito dell’Eurozona, o lo scivolo verso l’Italexit, dipenderà
essenzialmente da fattori politici. Ma è
indispensabile essere pronti.
Gentile Marco una domanda:
RispondiEliminaCome ha intenzione di reagire il cdx a questa eventuale riforma dato che sarà con molta probabilità il prossimo a governare (a meno di eventuali sgradevoli sorprese es. gov tecnico) ? Lei ha qualche notizia da Borghi o Brunetta ?
Non ritengo minimamente concepibile che Borghi possa anche solo prenderla in considerazione. Direi lo stesso anche per Brunetta: fermo restando che Borghi ha parecchia più influenza su Salvini di quanta Brunetta ne abbia su Berlusconi (così a occhio...). E sulla prevedibilità dei comportamenti di Berlusconi... lascio a lei il giudizio.
EliminaPer quanto riguarda B mi preoccupa il fatto che sia in qualche modo "ricattabile" come successo in passato.. non saprei davvero che dire al riguardo. Sicuramente non ama l'euro e non credo che si piegherebbe fino a questo punto.. ma il fatto che in passato abbia ceduto e votato assurdità come il fiscal compact mi preoccupa. La ringrazio ed esprimo stima per il suo lavoro assiduo!
EliminaTanto per complicare ulteriormente le cose (e augurandogli ogni bene e di campare altri cent'anni...) c'è anche da capire quanto a lungo B sarà ancora il deus ex machina di Forza Italia, vista l'anagrafe e le condizioni di salute. Grazie e a presto !
EliminaSalve Professore ho anch'io una domanda: ma secondo lei l'obbiettivo nei prossimi anni da parte di Francia e Germania è di continuare a mandare avanti la baracca ancora per un po' o di imbrigliarci e fare un superstato (cosa che mi fa tremare al solo pensiero) Grazie
RispondiEliminaMolto in sintesi, i francesi (o almeno le loro elites) credono al superstato, i tedeschi solo a trarre il massimo profitto da una situazione favorevole alla loro grande industria esportatrice.
EliminaE le elites francesi ci credono perché pensano di ricoprire un ruolo politico chiave. Autoillusione, in larga misura.
EliminaProf il punto è questo: fin quanto potrà durare il guadagno della Germania?
EliminaVabè che in Italia c'è ancora molto da arraffare ma prima o poi si arriva a un punto di rottura. Spero solo che prox governo applichi la moneta fiscale. Anche perchè Weidmann incombe.. in effetti mi sa che fra un anno e mezzo sapremo se la Germania vuole staccare la spina o meno.
Ma il guadagno della Germania non sta (non principalmente almeno) nell’arraffare, sta nel poter utilizzare una moneta sottovalutata rispetto al marco, ideale per il loro modello mercantilistico. Non possiamo contare che siano loro a staccare la spina, dobbiamo agire autonomamente.
EliminaCertamente tocca a noi. Per arraffare intendevo più che altro l'acquisizione di know how delle imprese italiane (non solo la Germania). Però mi permetta se non in Italia, sicuramente in Grecia le elite tedesche si sono rivelate davvero dei falchi predatori (coadiuvate dal governo greco certo) non crede ?
EliminaSì, ma non so quantificare quale sia stato il beneficio di queste azioni predatorie. Mentre mi è chiarissimo che per loro è essenziale continuare a crescere sui surplus commerciali grazie al marco indebolito, alias all'euro. Almeno finché gli USA non imporranno un cambiamento di rotta: ma non abbiamo nessuna influenza su se, quando e come questo avverrà. Mentre l'introduzione autonoma della Moneta Fiscale è solo una questione di volontà politica italiana.
EliminaCerto infatti ho scritto che spero che almeno prox governo faccia il primo passo e la introduca. I segnali non si vedono moltissimo a parte Borghi che parla di minibot.. sarà strategia per carità. Incrocio le dita. Comunque di sicuro se non fanno questo passo saranno tutti politicamente morti (intendo il cdx, la falsa sinistra è già uno zombi). La ringrazio ancora!
EliminaBorghi è l'unico sulla strada giusta ma troppi dettagli sono ancora oscuri. Strategia ? può essere. Tornerò sull'argomento a breve. A presto !
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