Grosso modo, le
critiche al progetto CCF / Moneta Fiscale si possono raggruppare in quattro
categorie principali.
La prima
consiste nel negare che l’Italia stia attraversando una depressione dovuta
all’insufficiente livello di potere d’acquisto, e quindi di domanda interna: tesi facilmente smentita dal confronto dei dati macroeconomici pre- e
post-crisi, e dall’enorme differenza tra trend delle esportazioni e trend delle
vendite sul mercato italiano.
La seconda, nel
non ammettere che in periodi di domanda depressa si ottiene un forte recupero
di produzione e occupazione immettendo potere d’acquisto nell’economia – al
contrario dei periodi in cui l’economia viaggia a una corretta velocità di
crociera e la spinta sulla domanda, di conseguenza, crea inflazione, non
maggior PIL. Il cosiddetto “moltiplicatore keynesiano” è alto nel primo caso e
basso del secondo. Le analisi che tentano di mostrare l’inesistenza (o
l’insufficiente livello) del moltiplicatore invariabilmente omettono di tener
conto nel modo appropriato della differenza tra un’economia depressa e
un’economia in condizioni normali.
La terza è
l’affermazione che CCF / MF dovrebbero essere considerati debito al momento
della loro emissione: chi ha studiato trattati, regolamenti e principi
contabili internazionali sa che si tratta di un'asserzione del tutto infondata.
Infine, la
quarta: alcuni commentatori di ispirazione keynesiana (o quantomeno sedicenti
tali) esprimono il sospetto che CCF e MF semplicemente non verrebbero
accettati, che non gli verrebbe riconosciuto valore dagli agenti economici
(cittadini, imprese e investitori) perché “sono una cosa strana” o “non sono
soldi veri” o, ancora, perché “ci puoi pagare le tasse ma nessuno è obbligato a
usarli”.
Di tutte,
quest’ultima è forse la critica più sorprendente. Un titolo che permette di
ridurre pagamenti altrimenti dovuti per tasse, imposte, contributi o qualsiasi
altra forma di impegno finanziario nei confronti dello stato emittente ha valore:
è così intuitivo che faccio fatica a capire perché debba essere spiegato.
Senza scomodare
Knapp e il cartalismo, o la Modern Monetary Theory, prendiamo quanto afferma un
economista keynesiano mainstream,
Paul Krugman (in un recente articolo che spiega come il bitcoin, essendo
un’attività finanziaria priva di qualsiasi sostegno di valore, sia una bolla
destinata a scoppiare).
“Although the modern dollar is a
fiat currency, not backed by any other asset, like gold, its value is
ultimately backed by the fact that the U.S. government will accept it, in fact demands it, in payment for
taxes”.
Traduco (non
perché dubito che sappiate leggere l’inglese, ma perché traducendo metto in atto
un esercizio di riflessione sul testo: esercizio sempre utile…):
“Benché il dollaro moderno sia una moneta fiat,
non convertibile in nessun’altra attività, quale l’oro, il suo valore è in
definitiva supportato dal fatto che il governo USA lo accetterà, in effetti lo richiederà, in pagamento
delle tasse”.
Tutto qui:
un’attività finanziaria accettata dallo Stato ha valore. Naturalmente, esiste
la possibilità che questo valore si deteriori tramite un processo di
inflazione, a sua volta causato da un eccesso di emissione.
Ma riguardo al
progetto CCF / MF, questo rischio si presenta solo nel caso in cui non sussista
un adeguato rapporto tra incassi lordi della pubblica amministrazione (da un
lato) e CCF utilizzabili per onorare i relativi impegni finanziari (dall’altro).
Nel caso della
proposta CCF, questo rapporto di copertura è altissimo: gli incassi lordi della
pubblica amministrazione italiana sono oggi circa 800 miliardi, i CCF utilizzabili
annualmente per conseguire sconti fiscali sono previsti arrivare non oltre,
all’incirca, un centinaio (o poco più anche in caso di situazioni congiunturali
particolarmente sfavorevoli).
Il valore dei CCF
derivante dalla loro utilizzabilità fiscale è, in altri termini, fuori
discussione.
Stefano Sylos Labini: Marco non molla mai. In questo momento è dura perchè nessuno si azzarda a parlare di doppia circolazione monetaria e di una moneta complementare all'euro: la Moneta Fiscale è un tabù. Non sia mai che in Europa non la prendano bene: tutti i partiti stanno facendo a gara per accreditarsi e per legittimarsi presso i centri di potere. Ci vorrà molta pazienza.
RispondiEliminaNon mi interessa che ne parlino ORA, mi interessa che lo facciano DOPO...
EliminaPer quanto riguarda Bitcoin non sono d'accordo con Krugman: il valore di Bitcoin e altre criptovalute simili è dato in generale dal fatto che la tecnologia su cui si basano permette l'eliminazione degli intermediari (che si trovano in una marea di campi: sistema dei pagamenti e del credito, mercati finanziari, assicurazioni, scommesse, gioco d'azzardo, internet of things, cloud computing, ecc.) e quindi la riduzione dei costi. Il fatto che non si possano usare per il pagamento di tasse in questo caso è irrilevante.
RispondiEliminaPoi uno può argomentare che il valore di mercato sia sopravvalutato, ma è un altro discorso: alla fine degli anni novanta durante la bolla delle dotcom la borsa era sopravvalutata ma nessuno si sognava di dire ad esempio che la Microsoft non avesse valore.
Il problema è che non è affatto chiaro come il risparmio dei costi d’intermediazione si traduca in valore dello strumento sottostante. E fino a che il valore del bitcoin oscillerà in modo folle e imprevedibile, un utilizzo massiccio come intermediario di scambio ovviamente è fuori questione.
EliminaBeh il risparmio dei costi d'intermediazione nella maggior parte dei casi è un vantaggio enorme: se ad esempio voglio scommettere su una partita di calcio e devo scegliere tra il classico sito di scommesse che mi chiede X di commissione e un servizio decentralizzato di scommesse che mi fa pagare un decimo o un centesimo di X è chiaro che mi conviene il secondo. Lo stesso discorso è valido per quasi tutte le applicazioni della tecnologia.
EliminaPer quanto riguarda invece i sistemi di pagamento puri come bitcoin l'opinione diffusa è che la volatilità tenderà a diminuire col tempo e non sarà un problema. Tra l'altro bitcoin è famoso giusto perché è stato il primo esempio di utilizzo della tecnologia ma è vecchio di 10 anni, nel frattempo sono stati fatti enormi passi avanti e sono in fase di sviluppo progetti che risolvono quasi tutti i problemi di bitcoin.
Comunque il punto è che la maggior parte delle criptovalute che decentralizzano un servizio hanno valore perché in un modo o nell'altro hanno un vantaggio competitivo rispetto al corrispondente servizio centralizzato.
Si tratta di sviluppi molto interessanti, in particolare per quanto riguarda la tecnologia di gestione delle transazioni, il blockchain. Ma continuano a non giustificare il valore del bitcoin, che ai livelli attuali è, con ogni probabilità, una bolla.
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