Da un po’ di
tempo, Silvio Berlusconi ha assunto le vesti del supereuropeista, cantore delle
magnifiche sorti dell’integrazione politica UE (proprio nel momento in cui il
progetto dà l’idea di essere completamente deragliato…).
Quanto sinceramente
non lo so, visto che in passato i suoi toni e dichiarazioni tendevano, in molte
occasioni, ad essere eurocritiche. Qualcuno maliziosamente ritiene che stia
solo cercando di ingraziarsi l’establishment
per difendere alcuni suoi interessi personali. O magari di assicurare un futuro
politico a qualche suo vecchio sodale (Tajani, Brunetta…).
Ad ogni modo,
una delle sue argomentazioni preferite (anche se non originalissima) è che l’integrazione
europea è necessaria per contrastare un “evidente disegno egemonico cinese, che
sta emergendo con sempre maggiore chiarezza”.
Se il disegno
esista o no, si può discuterlo. Di sicuro le dimensioni della Cina rendevano
inevitabile, nel momento in cui è partito il grande processo di sviluppo della
sua economia, che assurgesse al ruolo di superpotenza.
Quello che rende
non credibile l’argomentazione di Berlusconi (e di tanti altri) è che
trasformare la UE negli Stati Uniti d’Europa sia la strada per evitare la
marginalizzazione dell’economia europea in conseguenza dei mutati equilibri
mondiali.
La ragione è
semplice. La governance economica
della UE, e in particolare dell’Eurozona, è improntata a logiche deflattive, di
contenimento della domanda interna, e di espansione dei surplus commerciali
come leva di crescita.
E’ una strategia
del tutto incoerente perché nessuna area economica di grandi dimensioni può
svilupparsi facendo leva principalmente sulla domanda estera. E il tentativo è
un grave fattore d’instabilità: l’economia mondiale sta rallentando perché le
tensioni commerciali stanno frenando gli interscambi mondiali, e proprio in
questo momento sostenere la domanda interna sarebbe ancora più importante.
Il paradosso è
che le tensioni riguardano in primo luogo i rapporti tra USA e Cina: ma
entrambi – qualunque cosa si pensi della strategia conflittuale sviluppata da
Trump – non hanno intenzione di spingere i loro paesi in recessione. E il
sostegno alla domanda interna, nonché le pressioni dello stesso Trump sulla Fed
per arrestare i rialzi nei tassi d’interesse, fin qui l’hanno in effetti
evitato.
Le politiche
eurozoniche sono invece ostinatamente orientate a comprimere i deficit
pubblici. Gli ultimi dati economici del blocco della moneta unica sono molto
preoccupanti. Ma ancora di più lo è la caparbietà con cui a Bruxelles e a
Francoforte ci si ostina a difendere un sistema che spinge ad azioni procicliche
– quando le cose vanno maluccio, si fa di tutto per farle andare malissimo.
Caro Silvio B.,
l’Europa era economicamente molto più forte quando i singoli paesi sviluppavano, autonomamente, politiche orientate alla crescita (e alla costruzione di un solido e
complessivamente efficace welfare state).
La UE non sta
affatto contrastando il vero o presunto disegno egemonico della Cina. Sta
drammaticamente accelerando la perdita di peso del nostro continente. Molto più
di quanto sarebbe, nei confronti dei paesi emergenti, in una certa misura
inevitabile. E anche nei confronti degli USA.
O si cambia
rotta in fretta, o tra altri vent’anni la UE peserà, nel contesto dell’economia
mondiale, tanto quanto la Scandinavia (con tutto il rispetto) pesa oggi in
Europa. Con l’aggravante che le sue popolazioni staranno molto peggio.
Ecco questa è una cosa che non riesco a capire... ma l'establishment europeo crede davvero di poter tenere testa al resto del mondo distruggendo la propria economia interna ? Vuol competere solo con l'export (ci guadagnano solo loro) ma cosi non si va a schiantare lo stesso dato che Krugman ha pure detto che la prox crisi finanziaria sta per arrivare ? Boh
RispondiEliminaE' una conseguenza dell'ineffabile caparbietà tedesca: siccome con questo meccanismo si sono risollevati, dopo la seconda guerra mondiale, si rifiutano di credere che può funzionare per un paese di 80 milioni di persone (che usa una moneta per lui sottovalutata), non per un'area economica da 300 e passa… e finché i danni li subiranno soprattutto altri, non ci sarà verso di fargli cambiare opinione.
EliminaMa anche la Germania è in recessione specie la parte Est
EliminaDubito che basterà a smuoverli dalle loro posizioni...
EliminaQuindi è come penso io. Siamo in mano a fanatici e ignoranti e finché ci guadagneranno sono disposti anche a farci saltare per aria. Chissà per quanto durerà ancora. Sempre che non arrivi pure una guerra tra USA e Cina/Russia. Non so se ha visto l'intervista di Savegnago de Il Vaso di Pandora con l'esperto geopolitico Lombardini a riguardo
EliminaAlla guerra non credo, temo di più il rischio di non smuovere l'ostinazione di Bruxelles e Francoforte - spalleggiata dalla connivenza delle elites di vari paesi, primo tra i quali purtroppo il nostro.
EliminaBeh la discussione si basa su un documento ufficiale della Difesa Usa. Ovvio che alla fine probabilmente sanno bene che se si va allo scontro è la fine per tutti, ma con la tecnologia attuale un rischio serio di errore nelle decisioni di pochi minuti esiste.
EliminaI ministeri della difesa studiano moltissimi possibili scenari, compresi quelli la cui attuazione è del tutto improbabile (almeno spero…).
EliminaCome rischio di probabilità il documento parla di 40%. L'arco temporale va da adesso al 2024. Le zone di attrito sono ovviamente gli Stai al confine con la Russia, Bielorussia per l'Occidente e Taiwan Mar cinese del sud e Nord Korea per l'Asia
EliminaCmq di sicuro la probabilità maggiore è che l'Europa collassi dal punto di vista economico se si continua cosi..
RispondiEliminaPuò spiegare cos'è il Nairu ? È vero che in base a questo parametro l'eurozona mantiene un tasso disoccupazione sempre stabile (per l'Italia intorno al 12%)? A me sembra follia pura: invece di mantenere inflazione al 2 in questo modo non si crea solo deflazione?
RispondiEliminaNAIRU sta per Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment, ed è la stima del tasso di disoccupazione scendendo sotto il quale l'inflazione sale a livelli indesiderabili. Si collega al concetto di output gap: se non c'è output gap, la disoccupazione è all'incirca, appunto, a livello NAIRU. Il problema è che la commissione UE (e anche FMI e OCSE) utilizzano stime del NAIRU e dell'output gap totalmente irrealistiche. Affermano in pratica che in Italia attualmente non c'è output gap o quasi (!), quindi non si può stimolare la crescita con incentivi fiscali perché altrimenti l'inflazione andrebbe fuori controllo. Un'affermazione ridicola se non fosse tragica. E' la copertura che si tenta di dare ai catastrofici risultati delle politiche di austerità prescritte dalla UE.
Elimina"Un'affermazione ridicola se non fosse tragica. E' la copertura che si tenta di dare ai catastrofici risultati delle politiche di austerità prescritte dalla UE".
EliminaProfessore, lei è troppo buono. non ci sono errori di valutazione, ma diversi parametri di convenienza a mantenere alta la disoccupazione e bassa l'inflazione.
Il loro perfido giochetto consiste nel riuscire perennemente a giustificare politicamente questa situazione, senza che le masse si ribellino.
Ma qualcosa comincia a vacillare.
A.
Ah, che questa copertura venga utilizzata in buona fede, io non l'ho detto e non lo do per certo...
EliminaGiorgetti parla di possibile manovra correttiva in primavera. Secondo lei aumenteranno l'iva ?
RispondiEliminaSi parla di mezzo punto o un punto di Pil addirittura..
RispondiEliminaSarebbe un'assurdità totale. La manovra correttiva dev'essere espansiva, non restrittiva.
EliminaChe sia assurdo è più che lampante. Ma secondo lei potrebbe succedere? O magari taglieranno su sanità o altro ?
EliminaIn questa (assurda e spero irrealistica) eventualità, penso che agirebbero su tagli e slittamenti di spese, non su aumenti di tasse (che hanno detto, ribadito e urlato di non voler toccare).
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