mercoledì 10 aprile 2019

Che cosa serve per far partire la Moneta Fiscale


Le casematte del potere sono parecchie, e vanno conquistate una per una

Una delle domande che, da un po’ di tempo, mi viene posta con maggiore frequenza è la seguente: abbiamo una maggioranza parlamentare e un governo composto da due schieramenti politici (Lega e M5S) che sono informati del progetto Moneta Fiscale / CCF, e che ne comprendono le valenze. L’economia ha un’urgentissima necessità di essere rilanciata. Allora, perché il progetto ancora non decolla ? che cos’altro serve per sbloccarlo ?

Capisco perfettamente chi è impaziente. Anzi, per quello che vale ne condivido in pieno i sentimenti.

Ma la mia risposta – non ho la certezza che sia quella giusta, ma non ne vedo una più plausibile – è che controllare parlamento e governo non è sufficiente.

La ragione è che esistono molti altri soggetti che hanno un potere (più o meno elevato) d’influenza, d’interdizione, di insabbiamento del processo decisionale ed esecutivo.

Il più importante e il più visibile di questi soggetti è il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella è uomo PD, quindi totalmente ossequioso del principio per cui non si deve fare nulla che non sia esplicitamente approvato, gradito, meglio ancora caldeggiato da Bruxelles.

Spiegare che la Moneta Fiscale funziona ed è perfettamente compatibile con i trattati e i regolamenti UE per lui non è sufficiente, temo.

Potrebbe Mattarella rifiutarsi di firmare il testo di legge che introduce i CCF e rimandarlo alle Camere ? una volta sì, la seconda (in caso di nuova approvazione) no. Ma il diniego in sede di prima firma sarebbe con ogni probabilità sufficiente ad agitare le acque e a creare turbolenze sui mercati finanziari.

Qualcuno afferma, inoltre, che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, sia in effetti un’emanazione di Mattarella. Forse è vero, forse no, forse lo è in parte. Ma in ogni caso, l’apparato tecnico-burocratico dei ministeri economici, per non parlare della Banca d’Italia, fa in larga misura riferimento alle strutture di comando preesistenti, quindi a persone che in gran parte sono le stesse rispetto a prima delle elezioni del 4 marzo 2018.

E il progetto Moneta Fiscale / CCF ridà poteri agli stati nazionali, sottraendoli a soggetti che danno attualmente per conseguito, per scontato, di essersene appropriati in modo irreversibile: in primo luogo le grandi istituzioni finanziarie internazionali, nonché la UE stessa e la BCE.

Il progetto MF / CCF inoltre minerebbe, si sente a volte affermare, il processo d’integrazione politica che l’euro era nato (almeno, così si disse ai tempi) per promuovere.

Questo processo d’integrazione peraltro è a fortissimo rischio di fallimento, e potrebbe al contrario essere rilanciato proprio da una diversa governance dell’Eurozona e da un forte rilancio della crescita e dell’occupazione.

E il rilancio dell’economia è proprio quanto il progetto MF / CCF consente di ottenere. Ma questo lo penso (con fortissima convinzione) io, non credo che lo pensi Mattarella, e mi sembra anche che non lo pensino le persone a cui il presidente presta orecchio (in particolare sui temi economici).

E’ una situazione senza vie d’uscita ? no, su questo sono più ottimista. Mattarella durerà in carica ancora tre anni (scarsi), fino a marzo 2022. Forse sono proprio i tre anni che mancano alla svolta.

In primo luogo perché, se l’attuale maggioranza parlamentare regge (cosa di cui sono personalmente convinto) avrà i numeri per eleggere il prossimo presidente della Repubblica: dopo tanto tempo, quindi, ci sarà la possibilità di avere un presidente senza il marchio PD.

Ma – forse non meno importante - anche perché si verificherà un graduale processo di avvicendamento nell’ambito delle strutture tecnico-burocratiche, sia del governo che delle istituzioni pubbliche.

In soldoni, circoleranno in quelle strutture meno persone che non si permettono neanche di concepire linee di azione prive dell’imprimatur della più stretta ortodossia eurocratica; e più persone dotate invece della convinzione e della volontà che la svolta possa e debba essere attuata.

Potrà anche accadere che i tempi siano più rapidi, e nel caso questo sarà dovuto alla spinta delle circostanze esterne: per esempio da una nuova recessione e da un nuovo appesantimento del malessere economico che grava in particolare sull’Italia, ma in effetti sulla maggior parte dell’Eurozona.

Di sicuro, tuttavia, questa non è una guerra che si vince con un blitz nelle sue fasi iniziali (che si sono in realtà – le fasi iniziali - già esaurite, tenuto conto che il governo Conte è in carica ormai da nove mesi).

Si sta invece combattendo una guerra di posizione e di logoramento. Assomiglia molto più alla prima guerra mondiale che alla seconda. E il terreno quindi va conquistato metro per metro.

Non dubitate, però: è una guerra che si può vincere.

4 commenti:

  1. Mi perdoni tutto giusto ma se guardiamo per esempio le recenti nomine di Bankitalia non. mi pare sia cambiato granché... chi ci assicura che il prossimo PdR e altre cariche chiave saranno rinnovate con gente pro Eu invece che sostituite da gente fedele alla Repubblica ?

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    1. Nessuno ci assicura niente. Però maggioranze alternative a questa ci darebbero invece la CERTEZZA che nel 2022 verrebbe eletto un nuovo Mattarella. Quanto a Bankitalia, sulle nomine proposte (di direttore e vicedirettori generali) il governo aveva facoltà di esprimere un parere, ma non di proporre nomi. L'elezione del Presidente della Repubblica è invece piena responsabilità del Parlamento (integrato dai delegati regionali): una situazione un bel po' diversa.

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    2. Quindi a chi spetta eleggere i vertici bankitalia? Al PdR o al Mef ?

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    3. Per direttore generale e vicedirettori generali: decreto del Presidente della Repubblica su proposta del governo, ma sulla base di nomi indicati da Bankitalia stessa.

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