Il Social Network
Commentator (SNC) è un personaggio già noto ai lettori di questo blog, e si
caratterizza in quanto legge molto più di quanto capisca, per poi dispensare al
mondo le sue opinioni in merito (anche e soprattutto) a quanto NON ha capito. Su
vari argomenti, ma principalmente in tema di macroeconomia.
Un paio di
settimane fa un suo tweet affermava
grosso modo quanto segue: attenzione a dire che con la lira l’Italia stava
meglio che con l’euro. Infatti:
UNO, i tassi
d’interesse erano più alti di oggi e assorbivano una quota di PIL superiore a
quella odierna, anche se negli anni Sessanta e Settanta il rapporto debito /
PIL era pari al 60-70%, cioè alla metà di quello odierno.
DUE, “si
mendicavano” prestiti dal Fondo Monetario Internazionale, dagli USA e dalla
Germania.
TRE, la
disoccupazione era comunque pari – come oggi – al 10% (almeno in alcuni
periodi).
Considerazioni che
possono riuscire convincenti a chi non le esamina con un minimo di
approfondimento. Ma in realtà:
UNO, i tassi
nominali erano più alti ma i tassi reali (al netto dell’inflazione) no. E la
crescita del PIL era tale per cui il rapporto debito / PIL rimaneva stabile.
Tutto ciò fino all’ingresso dell’Italia nello SME: a quel punto, per evitare di
svalutare (senza poi riuscirci, peraltro) l’Italia è entrata in un regime di
tassi d’interesse reali particolarmente elevati, e questo ha prodotto l’incremento del debito / PIL (anche se l’economia
cresceva). Lasciando fluttuare la lira (senza correre dietro alle sirene del
cambio fisso) i tassi reali sarebbero stati molto più bassi e il debito / PIL
non sarebbe salito.
DUE,
contrariamente a quanto credono parecchi difensori dell’attuale assetto
economico-monetario (non solo SNC), i prestiti contratti dall’Italia non
servivano per “pagare le importazioni”, ma per costituire riserve valutarie:
che poi venivano regolarmente bruciate nei (vani) tentativi di tenere bloccato il cambio. Esempio eclatante quello del 1992 – 50.000 miliardi di lire di
riserve sono stati inutilmente dispersi per sostenere la permanenza italiana
nello SME. Anche in questo caso, un regime di cambio variabile lo avrebbe
evitato.
TRE, la
disoccupazione è arrivata in certi anni a essere a due cifre anche con la lira,
ma il fenomeno dell’occupazione precaria e/o part-time era molto meno
sviluppato. Era molto inferiore, in altri termini, la quota di persone
teoricamente occupate ma con forme d’impiego di fatto insufficienti a
sostenersi decentemente. La situazione del mercato del lavoro era quindi enormemente
migliore di oggi.
L’Italia stava
meglio con la lira ? eh sì. Le politiche intraprese per entrare nell’euro
prima, e per rimanerci dopo, per l’Italia sono state un’autentica sciagura. E
le ragioni, per chi le vuole vedere, sono chiarissime.
A quanto ammontano in euro attuali i 50.000 mld di riserve in lire perse grazie al fu "genio" Ciampi ? 25 mld di euro ? O di più dovendo considerare la rivalutazione ?
RispondiEliminaA potere d'acquisto attuale, oltre 40 miliardi.
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