Olivier
Blanchard, già capo economista del Fondo Monetario Internazionale, qualche
settimana fa poneva (su twitter) la seguente domanda.
Tenuto conto che
gli effetti economici del Coronavirus hanno prodotto un fortissimo incremento
del rapporto debito pubblico / PIL in tutto il mondo, qual è il livello massimo
accettabile ? in altri termini, quali dovrebbero essere le linee guida per una
futura strategia di rientro dagli attuali livello di debito ?
Posta in questo
modo, la domanda dà per scontato qualcosa che in realtà non lo è affatto.
Implica infatti che il debito pubblico sia qualcosa di per se stesso potenzialmente
negativo, e che un alto livello sia intrinsecamente più pericoloso di un basso
livello.
Il
Blanchard-pensiero implicito nella domanda in realtà prende le mosse da
assunzioni che non reggono alla prova dei fatti.
In primo luogo,
il debito a rischio d’insolvenza è quello espresso in moneta straniera. Se uno
Stato emette debito ma emette anche la moneta in cui è impegnato a rimborsarlo,
l’impegno di rimborso potrà sempre essere onorato.
In secondo
luogo, uno Stato che emette la propria moneta (o anche un succedaneo quale i Certificati di Compensazione Fiscale) può attuare politiche di espansione della
domanda, e finanziare il suo deficit, senza emettere debito. Il debito pubblico
non ha una ragione d’essere. Al massimo può essere considerato un servizio di
gestione del risparmio offerto ai propri cittadini.
Lo Stato deve
prestare attenzione al livello del deficit pubblico (che, ripeto, non implica necessariamente
l’emissione di debito). Ma il deficit non ha una soglia numerica definita,
oltre il quale è “troppo alto”.
Il deficit deve
essere quanto serve a mettere in circolazione potere d’acquisto e a sostenere
la domanda di beni e servizi, fino al livello in cui si raggiunge la piena
occupazione delle risorse produttive.
Una chiara
indicazione che si è ecceduto è l’innesco di alti livelli d’inflazione. E’
quello il segnale che indica la necessità di contenere il deficit pubblico.
L’altra
variabile da tenere sotto controllo sono i deficit negli scambi commerciali
esteri. Deficit significativi e ricorrenti, se finanziati in moneta estera,
sono un potenziale problema, e possono nascere da un eccesso di potere
d’acquisto disponibile all’interno del paese.
Ma ancora una
volta il deficit e il debito estero possono essere problematici non in quanto
tali, bensì (principalmente) in quanto denominati in una moneta straniera.
Nell’ambito
dell’Eurozona, il problema del debito pubblico esiste (e continuerà ad
esistere) perché l’euro non è emesso da nessuno Stato, e quindi i debiti
pubblici dei 19 membri dell’unione monetaria sono, per tutti, debiti in moneta
straniera.
Questo è un
guaio per gli stati per i quali l’euro è una moneta sopravvalutata rispetto ai
fondamentali della propria economia. E non ci libereremo da questo problema
finché esisterà l’euro.
A meno che i
debiti pubblici degli stati membri non vengano incondizionatamente garantiti dalla BCE, oppure a meno che le politiche espansive necessarie ai singoli
stati non possano essere effettuate tramite un efficace succedaneo della moneta
nazionale (quali i già citati CCF).