Qualche giorno fa, seguivo su twitter uno scambio di opinioni tra “economisti euristi” (quelli che prendono sfondoni su temi di partita doppia, per intenderci).
Questi rinomati ricercatori si davano ragione l’un con l’altro nell’affermare che gli strumenti predisposti dalla BCE per tenere sotto controllo gli spread tra interessi dei titoli di Stato, in particolare quello tra BTP italiano e Bund tedesco, sono moooooolto rischiosi.
E il rischio qual è ? che la BCE, utilizzando acriticamente questi strumenti, smetta di imporre la giusta e sana “disciplina di mercato”, e di spingere all’adozione di “scelte corrette e riforme strutturali”. Spingere chi ? ma naturalmente gli “stupidi” politici (italiani in particolare).
Questi signori (gli economisti euristi) mi danno la netta sensazione di vivere su Marte.
Quanto sia efficace la “disciplina di mercato”, il libero dispiegarsi delle forze della concorrenza, l’abbiamo visto nel 2008, quando queste forze, lasciate a se stesse in un ambiente deregolamentato, hanno portato al collasso metà del sistema finanziario mondiale e prodotto la peggiore recessione degli ultimi ottant’anni.
Riguardo poi alla capacità di identificare le scelte corrette e le necessarie riforme, la BCE ha un track record altrettanto “lusinghiero”.
Ce la ricordiamo la lettera inviata all’allora presidente del consiglio Berlusconi nell’agosto 2011, a firma congiunta Trichet – Draghi, vero ? un bel programma di “riforme”, largamente attuato da Monti e da Letta tra il 2012 e il 2013.
Con risultati “significativi”: raddoppio della povertà, decine di migliaia di fallimenti, tredici trimestri consecutivi di recessione e un calo del PIL reale del 5%.
E il rapporto debito pubblico / PIL ? è aumentato invece di diminuire, per la motivazione peggiore: il crollo del denominatore.
Tutto questo doveva avere la funzione di risolvere la crisi dello spread. Il quale invece a luglio 2012 era ritornato ai livelli massimi. E che ha invertito la rotta solo in conseguenza del celeberrimo whatever it takes di Mario Draghi.
Il whatever it takes ha raggiunto lo scopo di evitare la rottura dell’euro, certo. Ma non è stato un esempio di “disciplina di mercato”. Al contrario, è stata una plateale interferenza rispetto all’azione del libero scambio e della libera iniziativa.
Gli economisti euristi tutto questo interessante pezzo di storia economica l’hanno convenientemente (dal loro punto di vista) rimosso. O forse non l’hanno mai compreso.
E pretendono
ancora di impartire lezioni.
Sergio GS Ruocco: curioso che questi illuminati non siano mai in grado di spiegare come mai le "scelte corrette" non siano giá scritte in un manuale di economia con tanto di prove e dimostrazioni teoriche ed empiriche ma solo evocate come incantesimi misteriosi.
RispondiEliminaQualcuno è anche in buona fede, ma come diceva Milton Friedman, "la buona fede è una virtù molto sopravvalutata". Loro hanno costruito una carriera su un mare di panzane e fanno MOLTA fatica ad accettare che tali sono.
EliminaFrancamente costoro più che degli asini in materia di politica economica mi paiono degli asini tout court, non essendosi nemmeno accorti che il predisposto del TPI è basato proprio sulla ennesima riaffermazione dei soliti negativi principi e meccanismi che lei giustamente denuncia e che loro invece tanto amano. Bah .
RispondiEliminaSanno benissimo che il TPI è basato sui medesimi principi, ma hanno paura che non venga applicato in modo sufficientemente rigido (!!!). Sono senza vergogna.
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