Lo scorso 1°
febbraio, Eurostat ha pubblicato l’edizione aggiornata del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD), e molti commentatori
l’hanno interpretata come una campana a morto per la Moneta Fiscale.
Le edizioni
precedenti del MGDD contenevano un concetto molto semplice e chiaro:
concorrevano alla determinazione del deficit e del debito pubblico i crediti verso l’erario che, se non utilizzati
dal titolare per compensare (quindi per ridurre, o azzerare) il pagamento di
tributi, dovevano comunque essere rimborsati cash dalla pubblica
amministrazione. Si parla dei cosiddetti payable
tax credits, e il concetto appare evidente dalla denominazione stessa.
I crediti
utilizzabili in compensazione ma senza diritto al rimborso cash erano invece non payable tax credits, e non concorrevano
al deficit e al debito pubblico.
Il nuovo MGDD
invece introduce un nuovo concetto. Con una capriola semantica e logica degna
di miglior causa, afferma che vanno considerati payable tax credits quelli che hanno elevata probabilità di essere
effettivamente utilizzati, anche se non danno diritto a rimborso, mentre i non payable tax credits sono solo quelli
che, oltre a non essere rimborsabili, hanno significative possibilità di scadere
senza che nessuno li utilizzi.
Per comprendere se
un credito fiscale sia payable o meno,
occorre a questo punto tenere in considerazione vari fattori. Se un credito può
essere ceduto a terzi, le probabilità di utilizzo aumentano, perché il
compratore non effettuerebbe l’acquisto se non prevedesse ragionevolmente di
utilizzarli. Ma ci sono altre cose da tenere in considerazione: la probabilità
di utilizzo aumenta se il credito (anche quando non è trasferibile) ha durata
temporale lunga, o addirittura indefinita; se può essere utilizzato per
compensare una varietà di tributi, e non una sola categoria; se viene attribuito
a soggetti tendenzialmente “capienti”; eccetera.
Riguardo alla “capienza”,
prendiamo per esempio il caso dei super-ammortamenti / iper-ammortamenti, cioè
dei vari provvedimenti che hanno consentito in passato di ammortizzare per un
valore superiore al costo d’acquisto, a fini fiscali, cespiti acquistati da un’azienda.
I super- e
iper-ammortamenti non sono mai stati trasferibili, ma è chiaro che un’azienda,
prima di investire in un bene strumentale, valuta attentamente se sarà in grado
di utilizzare il beneficio fiscale. Naturalmente si può sbagliare, ma è
difficile che i risultati futuri siano così negativi da non permettere mai l’utilizzo
totale del beneficio. A questo punto bisognerebbe affermare che i super-ammortamenti,
gli iper-ammortamenti, ma a ben guardare anche gli ammortamenti ordinari (!),
siano payable tax credits, da
classificare nel deficit e nel debito pubblico.
Un’evidente
assurdità, che nessuno si è mai sognato di sostenere. Ma diventa una
possibilità concreta alla luce del nuovo MGDD.
Sorgono poi
altre domande. Chi determina la probabilità che un beneficio fiscale verrà
utilizzato o andrà perso ? con quali criteri ? a quale percentuale si pone la “significativa
probabilità” che il beneficio fiscale non verrà utilizzato ?
E ancora:
poniamo che la stima probabilistica (effettuata non si sa da chi e non si sa con
quali criteri) dell’utilizzo sia il 90% per un provvedimento, e il 50% per un
altro.
La conseguenza è
che nel primo caso, il costo fiscale del provvedimento sarà sovrastimato del
10% (perché verrà considerato deficit e debito per 100 quando in realtà l’impatto
sarà 90). Nel secondo caso il costo fiscale verrà invece stimato zero: quindi
si ignorerà totalmente, ai fini del calcolo del deficit e del debito, un
provvedimento che comunque genererà, a parità di condizioni, un impatto fiscale
pari a metà dell’importo massimo.
Il nuovo MGDD,
in altri termini, delinea un capolavoro di arbitrarietà, di ambiguità e di
incoerenza.
Detto tutto ciò,
la Moneta Fiscale, cioè la possibilità di emettere crediti fiscali non payable (secondo la precedente,
chiara e logica, definizione) e di farli liberamente circolare, è morta ? E
nello specifico, lasciamo nei guai i titolari di crediti fiscali attribuiti a
seguito del Superbonus 110% e degli altri provvedimenti introdotti a beneficio del
settore immobiliare ?
Ma neanche per
idea.
Il nuovo MGDD è
stato pubblicato lo scorso 1° febbraio 2023, ma i suoi contenuti si stavano
delineando già da parecchio tempo. Erano in corso interlocuzioni tra MEF,
ISTAT ed Eurostat, e si stava parlando di quanto poi ha trovato
concretizzazione.
Stefano Sylos
Labini già il 29 giugno 2021 aveva quindi pubblicato su Milano Finanza un
articolo che esprimeva una serie di dubbi e di preoccupazioni.
Pochi giorni
dopo, sempre su Milano Finanza è uscita una replica di Davide Colombo, Direttore
Relazioni Esterne e Ufficio Stampa ISTAT. La parte finale della replica è
illuminante e la riporto testualmente.
“La differenza
tra la spesa [pubblica] di competenza del primo anno e i crediti d’imposta già
usufruiti, dà luogo a una passività finanziaria per lo Stato.
Tale passività
finanziaria è classificata come other
accounts e non rientra tra quelle che concorrono alla definizione del
debito di Maastricht, quindi è errato affermare che la contabilizzazione di crediti
payable abbia un impatto sul debito.
L’utilizzo negli anni successivi dei crediti d’imposta payable da parte dei contribuenti riduce progressivamente tali
passività finanziarie fino ad azzerarle”.
Che cosa
significa ?
Il debito di
Maastricht è quello rilevante per i trattati. Quello che viene costantemente
monitorato e riguardo al quale la Commissione Europea discute con gli Stati gli
obbiettivi di contenimento e di riduzione.
Esistono
passività che sono inequivocabilmente debiti e che vanno quindi pagati, ma che non
concorrono alla determinazione del debito di Maastricht. Sono appunto
quelle che vengono classificate negli other
accounts.
Una fattispecie
di queste passività finanziarie sono i debiti di fornitura della pubblica
amministrazione.
Un’altra
fattispecie sono… i payable tax credits
! L'avevo già constatato diversi anni fa. I payable
tax credits sono semplicemente IGNORATI, NON RICOMPRESI, nella
determinazione del debito di Maastricht.
Sono ignorati
anche se esistono, e in alcuni casi sono anche trasferibili e attivamente
scambiati. Io personalmente ho collaborato per diversi anni con un’organizzazione
finanziaria che compra crediti fiscali a sconto (soprattutto crediti IVA) e poi
aspetta tranquillamente di essere rimborsata, generando così i suoi utili.
Esiste un mercato di dimensioni significative, e molto attivo, che opera in
questo segmento di attività.
Per maggiore chiarezza,
quello che il dottor Colombo dell’ISTAT ci sta dicendo è: i payable tax credit quando sono emessi
costituiscono spesa pubblica. Entro fine anno in parte verranno utilizzati (o
rimborsati), e la parte ancora in essere costituirà una passività finanziaria
dello Stato. Passività finanziaria dello Stato che si estinguerà negli anni
successivi via via che avranno luogo i rimborsi, o le compensazioni, o l’estinzione
per scadenza dei termini. Ma questa passività finanziaria NON È MAI RICOMPRESA NEL DEBITO DI MAASTRICHT.
A questo punto
la conclusione è…
MA CHI SE NE FREGA DEL MGDD ???
L’emissione di
crediti fiscali liberamente trasferibili è perfettamente possibile e non incide
sul debito di Maastricht. Questo, sia che li chiamiamo payable che non payable
che Amilcare che Giovanni.
Liberalizziamo
quindi completamente la circolazione dei crediti d’imposta immobiliari,
Superbonus e altri.
E utilizziamo lo
strumento dei crediti fiscali trasferibili per tutte le azioni di politica
economica che il governo riterrà opportune.
Non avremo
nessun impatto sul debito di Maastricht, mentre recupereremo un amplissimo
margine di autonomia nella gestione della politica economica italiana.