Sono un po’ scettico quando leggo certe entusiaste, o pensose, o preoccupate, dissertazioni sull’impatto dell’IA, dell’intelligenza artificiale.
Quando si può realmente parlare di intelligenza ? la mia definizione è che l’intelligenza si identifica con l’autocoscienza. Con la percezione di sé stessi.
Gli esseri umani la possiedono. Gli animali anche. Le macchine no.
Nella cosiddetta IA, non vedo autocoscienza. Vedo un ulteriore sviluppo della capacità di calcolo, di memorizzazione, di esecuzione di istruzioni: capacità che da decenni progrediscono, e senza dubbio lo faranno ulteriormente. Ma senza autocoscienza vale sempre la definizione (scherzosa ma anche no) che cinquant’anni ho letto in un manuale IBM: un computer è un cretino ad altissima velocità.
La velocità da altissima diventa stellare, fotonica, extragalattica: sempre di un’entità non intelligente si tratta. Uno strumento informatico che effettua un fantastiliardo di calcoli al millisecondo e memorizza una zilionata di informazioni non è più intelligente di una gru che solleva dieci tonnellate a trenta metri di altezza.
Quanto al rischio che la IA sostituisca le funzioni lavorative svolte dall’essere umano, generando disoccupazione di massa, anche qui non condivido. Qualche secolo fa lavorava nei campi qualcosa tipo il 70% della forza lavoro. Oggi si può sfamare (e molto meglio di allora) un paese impiegando il 2%. Forse che la disoccupazione è aumentata del 68% ?
Ma la IA, si dice, adesso sostituisce mansioni intellettuali, non mansioni fisiche. Quando le macchine avranno sostituito anche le mansioni intellettuali, che cosa rimarrà da fare agli esseri umani ?
Questa sostituzione però non è una novità. Che fine hanno fatto i copisti, le dattilografe, gli archivisti ? Certe mansioni intellettuali scompaiono, altre se ne creano.
Quanto poi al fatto che le mansioni fisiche siano state eliminate e non se ne creino di nuove, non è vero neanche questo. Le città sono percorse di giorno e ahimè anche di notte, nonostante freddo, pioggia e buio, da ciclisti che consegnano pasti a domicilio. La versione moderna del garzone del fornaio, che si è “evoluto” ma non è affatto scomparso.
La crescita della produttività rende necessario riallocare personale, certo. Ma non crea disoccupazione di massa. Aumenta invece il potenziale produttivo. La disoccupazione di massa la genera un sistema economico che raziona senza ragione la circolazione di mezzi di pagamento, impedendo all’economia di realizzare il suo potenziale. Il problema sta nella governance dell’economia, non nello sviluppo della produttività.
E del resto in Italia soffriamo di una carenza di
posti di lavoro qualificati e ben remunerati dopo un quarto di secolo di mancata
crescita della produttività. E in tutto il mondo occidentale le aziende si
strappavano di mano i lavoratori e i salari reali crescevano in anni (il trentennio
dopo la fine della seconda guerra mondiale) in cui la produttività cresceva
velocemente. Molto più di oggi. IA o non IA.
Luigi Secchi: mmm... molti punti che non condivido Marco. 1) tra intelligenza umana e AI sembra esserci una sola differenza (ovviamente tralascio le opere dell'ingegno e dell'arte): la capacità di formare concetti in modo rapido nell'intelligenza umana; esempio, un bambino vede 5 bruchi e forma il concetto di bruco, l'AI ha bisogno di 50.000 bruchi. Per il resto 1b) l'AI ha grandi capacità di analisi di pattern (come gli uomini) e tra poco passerà il test di turing (fatta eccezione per la formazione di nuovi concetti). 2) il displacement di personale legato all'AI è un po' diverso da quello dell'agricoltura; banalmente, il problema oggi è che lavoratori white collars con low skill potrebbero non essere impiegabili in altri lavori low skill (come era successo da agricoltura a industria), per il semplice fatto che la quantità di lavori low skill diventerà bassa (dove saranno? nell'industria? nell'agricoltura?) 3) l'AI, esattamente come internet, è una tecnologia, come l'automobile e la catena di montaggio, ma mentre l'automobile grazie alla catena di montaggio (prezzi decrescenti) ha potuto beneficiare dell'effetto Jevons (dovuto ad una curva elastica di domanda di mezzi di trasporto da parte dei privati), l'AI e internet non sembrano beneficiare di tale effetto. AI e internet sono, a mio modo di vedere, EFFICIENTATORI, mentre l'automobile e la catena di montaggio erano anche e soprattuto "espansori" del PIL.
RispondiElimina1) come scrivevo la differenza vera è l'autocoscienza 2) l'esempio dei riders che citavo mostra che nuovi lavori low skill continuano a emergere 3) non vedo una differenza qualitativa, per non dire un salto quantistico, tra espansori ed efficentatori.
EliminaGiovanni Albin: La IA creerà il caos nell'informazione e questa è la mia principale preoccupazione... con le potenzialità che ha non sarà più possibile distinguere il vero dal falso: si potrà fare un video fake non distinguibile dal vero, copiando sembianze, movenze tono di voce e labbiale identici al reale e collocandole in ogni tipo di situazione scelte a piacere che NESSUNO sarà in grado di decriptare.... se è vero ciò che ho letto, che già oggi il lavoro degli haker sta causando migliaia di mld di dollari all'anno di danni ad imprese ed istituzioni, abbiamo di fronte un futuro spaventoso!
RispondiEliminaQuesto è un rischio effettivo. Semplicemente si diventerà ancora più scettici riguardo alle informazioni fornite dai media vecchi e nuovi.
Elimina