giovedì 13 ottobre 2016

Quali problemi crea “rimuovere l’euro” ?


Da quattro anni mi affaccendo a sviluppare e promuovere una soluzione ai problemi nati dall’introduzione dell’euro come moneta comune di un gruppo di paesi europei – tra cui, purtroppo per noi, l’Italia.

La soluzione identificata, la Moneta Fiscale o CCF o Certificati di Credito Fiscale, è una forma di strumento monetario parallelo, che supera le disfunzioni dell’euro senza che lo si debba “rompere”.

E i motivi per evitare la rottura sono fondamentalmente due.

Da un lato, si tratterebbe di un fenomeno complicato da gestire sul piano tecnico e operativo.

Dall’altro (probabilmente ancora più importante) è difficile costruire il necessario consenso politico per attuare un passaggio “deflagrante”.

Tutto ciò premesso, trovo che siano parecchio fuori strada alcuni commentatori i quali (1) condividono la valutazione negativa del progetto euro; (2) concordano che sarebbe stato di gran lunga meglio non avviarlo; ma (3) delineano scenari catastrofici nell’eventualità che l’euro venga meno. Questo, non solo e forse neanche principalmente per la complessità del passaggio tecnico-politico, ma per la presunta ingestibilità della situazione che si verrebbe a creare successivamente.

Un esempio. In questo articolo, co-firmato da alcuni economisti di ottima fama, si legge a un certo punto che “rimosso l’euro, ci ritroveremmo quindi comunque in un vincolo esterno di domanda estera che difficilmente ci permetterebbe di perseguire politiche espansive, una volta tolto il cordone ombelicale con la BCE e senza più accesso al mercato dei capitali”.

L’Italia ha “un vincolo esterno di domanda estera” ? l’Italia nel 2016 sta generando un surplus commerciale di 60 miliardi e la posizione finanziaria netta sull’estero è negativa solo in misura modesta (23% del PIL, grosso modo gli stessi livelli di Francia, Regno Unito e USA) e declinante (grazie appunto ai surplus commerciali).

L’Italia non ha un problema di deficit nell’interscambio estero. L’Italia ha subito una pesantissima contrazione della domanda interna. Nel 2015 i consumi interni sono stati pari (a valori corretti per l’inflazione) a 1.313 miliardi di euro contro 1.385 nel 2007 (l’ultimo anno prima dell’inizio di questa crisi infinita). Gli investimenti, a 273 miliardi contro 386.

Stiamo parlando di oltre 70 miliardi di consumi e di oltre 110 miliardi di investimenti in meno. Per contro, il saldo commerciale estero è migliorato di quasi 50 miliardi su base annua.

L’Italia non ha bisogno di fare affidamento su un boom dei saldi esteri. Ha bisogno di rilanciare il potere d’acquisto domestico: cosa ottenibile superando i vincoli dell’Eurosistema grazie all’utilizzo di una moneta nazionale. Per ottenere questo, non serve “il cordone ombelicale della BCE” e neanche “l’accesso al mercato dei capitali” internazionale.

Sicuramente importante, peraltro, è migliorare la competitività delle produzioni domestiche, ma la ragione non è l’esistenza di un deficit commerciale da riequilibrare: al contrario che nel 1992, siamo in posizione di surplus. Il miglioramento di competitività – che può essere ottenuto con un riallineamento valutario oppure, come propone il progetto Moneta Fiscale, con la riduzione del cuneo fiscale a beneficio (anche) delle aziende – serve a ottenere un altro obiettivo: a evitare che una parte dell’espansione di domanda interna si disperda a seguito di maggiori importazioni.

Uscendo dai vincoli dell’Eurosistema, l’Italia può rilanciare domanda, occupazione e PIL a saldi commerciali esteri invariati. Senza far affidamento sulla domanda estera – e senza scaricare problemi propri sui partner commerciali.

Peraltro, che introducendo una moneta nazionale l’Italia perderebbe “l’accesso al mercato dei capitali” è l’ultima delle preoccupazioni. In primo luogo, perché questo accesso non è certo mancato ai tempi della lira, e non si vede perché debba venir meno a una delle prime dieci economie mondiali, tra l’altro in posizione attiva nei rapporti commerciali con l’estero.

In secondo luogo, perché l’azione espansiva sulla domanda interna può e deve fare affidamento su risorse nazionali: e la vera, principale risorsa è costituita dalla capacità produttiva oggi inutilizzata, dai disoccupati da rimettere al lavoro, dalle aziende da riportare al pieno utilizzo degli impianti.

Certe affermazioni danno l’impressione di basarsi sull’ipotesi implicita che la moneta nazionale italiana non sarebbe (come invece, naturalmente, era prima nell’euro) convertibile, dotata di valore e attivamente scambiata sui mercati finanziari. Siamo in altri termini alla teoria della “pizza di fango”: tutte le economie di dimensione minimamente significativa (Eurozona esclusa, per propria scelta) emettono moneta, tutte queste monete hanno un valore, ma - per motivi arcani e imperscrutabili - per noi non sarebbe così. L’unica alternativa all’euro, per l’Italia, è il baratto ? scherziamo ?

Va anche notato che la preoccupazione in merito a un presunto mancato accesso al mercato dei capitali internazionali, oltre a essere infondata, lascia anche perplessi in quanto proprio la dipendenza da questi mercati è all’origine di tensioni e crisi finanziarie che affliggono tantissimi paesi, in particolare in quest’ultimo paio di decenni. Si parla sempre più frequentemente di regolamentare i flussi di capitale: bene, la regolamentazione migliore è averne bisogno il meno possibile, e il modo migliore per averne bisogno il meno possibile è disporre della propria moneta…

Proprio pochi giorni fa Thomas Fazi rammentava una celebre citazione di John Maynard Keynes, che con la consueta eleganza faceva luce su questo tema: “I sympathize… with those who would minimize, rather than those who would maximize, economic entanglement between nations. Ideas, knowledge, art, hospitality, travel – these are the things which should of their nature be international. But let goods be homespun whenever it is reasonably and conveniently possible; and above all, let finance be primarily national”.

Above all, let finance be primarily national.


6 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Complimenti professore, post molto chiaro e articolato. Aggiungo che leggerei con piacere un suo secondo libro, magari di aggiornamento del primo con i nuovi e più recenti dati macro

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    1. E sarebbe bello che ci fosse anche da aggiornarlo in funzione di un'evoluzione positiva del quadro politico... serve però un governo diverso, credo. L'attuale continua ad abbaiare (con la UE) e a non mordere. Io farei il contrario: introdurrei la Moneta Fiscale affermando (ed è la verità) che è il modo per rilanciare l'economia senza aumentare il debito (da rimborsare in euro) di un centesimo. Ma senza proclami e senza strombazzamenti mediatici.

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  3. Grazie prof.Cattaneo.E se qualcuno proponesse quanto lei indica come possibile soluzione?

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    1. Lo stiamo proponendo eccome, a tutti gli schieramenti politici. Incluso al governo (ma dubito che succederà qualcosa fino a quando non ci sarà un avvicendamento).

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  4. Grazie prof.Cattaneo.E se qualcuno proponesse quanto lei indica come possibile soluzione?

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