L’economia
mondiale sta soffrendo per gli aumenti dei costi di energia, materie prime e
input produttivi in genere. Problema già pesante da parecchi mesi, a causa
delle strozzature di offerta causate dalla rimessa in moto delle catene
produttive dopo la conclusione dell’emergenza Covid. Ma diventato ancora (molto)
più grave in conseguenza della crisi ucraina, che ha fatto esplodere il prezzo
di petrolio, gas, commodities agricole
eccetera.
Come affrontare
questa gravissima situazione ?
Una possibilità
da esaminare molto seriamente è la riduzione (diretta o indiretta)
dell’imposizione fiscale che grava, sotto molteplici forme, sui costi degli
input produttivi. Ad esempio:
abbassando l’IVA
sui prodotti alimentari
abbassando le
accise sui carburanti
abbassando gli
oneri di sistema sui consumi di gas
erogando ristori
a favore di famiglie e aziende consumatrici degli input produttivi, o dei
prodotti da essi derivati, che stanno subendo incrementi di costi
eccetera.
Tecnicamente uno
Stato che emette moneta è libero di procedere con azioni di questo tipo. Lo è
anche l’eurozona, alla sola condizione di buttare a mare gli attuali vincoli di
governance (cosa totalmente necessaria,
come era evidente da ben prima che si verificassero queste gravissime tensioni
dal lato dell’offerta), e/o utilizzando l’emissione di Moneta Fiscale.
Si pone una
domanda, relativa agli impatti di azioni di questo tipo sull’inflazione.
Il limite dell’espansione
fiscale infatti non è l’incremento del deficit o del debito pubblico oltre
soglie prestabilite (quello è un problema totalmente inventato, e più che mai
oggi è indispensabile smettere di considerarlo un vincolo).
Il limite
dell’espansione fiscale è l’innesco di livelli di inflazione indesiderata.
Ora, al contrario
della decade 2010, le economie avanzate soffrono attualmente di un problema
d’inflazione troppo alta, non troppo bassa.
Quale effetto
prevale ? l’espansione fiscale rivolta alla riduzione dei costi degli input
produttivi aumenta l’inflazione (perché c’è più potere d’acquisto in
circolazione) o riduce l’inflazione (appunto in quanto mitiga i costi di
produzione) ?
I prezzi alla
produzione e (in misura minore, ma significativa) i prezzi medi al consumo
finale sono, come detto, in tensione da diversi trimestri. Il che indica che le
strozzature dal lato dell’offerta hanno creato uno squilibrio. La capacità
produttiva del sistema economico mondiale ha subito un impatto negativo, creando
un eccesso di domanda e quindi una salita dei prezzi.
Ridurre gli
oneri accessori di natura fiscale che gravano sugli input produttivi non mette
automaticamente a disposizione più petrolio, più gas, più navi da trasporto o
più semiconduttori, ma consente a parecchie aziende di tornare a operare a
condizioni economiche sostenibili. Si evitano quindi ulteriori fermi produttivi
e si rimettono al lavoro una serie di produttori che erano stati costretti a
ridurre o a fermare l’attività.
Ridurre i costi
effettivi di produzione che gravano sulle aziende tende quindi a riequilibrare
il rapporto tra offerta e domanda. Questo effetto è probabilmente superiore
all’impatto sulla domanda generato dalla maggiore disponibilità di potere
d’acquisto che ne deriva per il consumatore finale.
Del resto
abbiamo negli ultimi trimestri assistito al fenomeno opposto: prezzi al consumo
finale in salita nonostante i rincari tendano a limitare i consumi finali.
Abbiamo quindi
necessità di un rapidissimo e significativo intervento di contenimento
dell’imposizione fiscale sugli input produttivi. Gli effetti saranno di vario
tipo, ma tutti positivi:
Evitare fermi
produttivi e riportare alla normalità l’attività di aziende che oggi sono
costrette a lavorare a ritmi inferiori alla loro capacità fisica.
Evitare
penalizzazioni per i consumatori finali, in particolare per le categorie
economicamente disagiate.
Sostenere il PIL
reale evitando di interrompere la ripresa post Covid (che diversamente rischia
invece di lasciare il posto a una ricaduta in recessione).
Avviare
un’inversione del trend di incremento dei prezzi al consumo finale.
Controindicazioni
nessuna, salvo il possibile incremento dei rapporti tra deficit / debito
pubblico e PIL. Ma – fatto salvo che gli effetti positivi sul denominatore
potrebbero essere sufficienti per evitarlo – questi vincoli di finanza pubblica
devono comunque essere mandati al
macero. Il prima possibile.