mercoledì 27 luglio 2022

“Disciplina di mercato” e “scelte corrette”

 

Qualche giorno fa, seguivo su twitter uno scambio di opinioni tra “economisti euristi” (quelli che prendono sfondoni su temi di partita doppia, per intenderci).

Questi rinomati ricercatori si davano ragione l’un con l’altro nell’affermare che gli strumenti predisposti dalla BCE per tenere sotto controllo gli spread tra interessi dei titoli di Stato, in particolare quello tra BTP italiano e Bund tedesco, sono moooooolto rischiosi.

E il rischio qual è ? che la BCE, utilizzando acriticamente questi strumenti, smetta di imporre la giusta e sana “disciplina di mercato”, e di spingere all’adozione di “scelte corrette e riforme strutturali”. Spingere chi ? ma naturalmente gli “stupidi” politici (italiani in particolare).

Questi signori (gli economisti euristi) mi danno la netta sensazione di vivere su Marte.

Quanto sia efficace la “disciplina di mercato”, il libero dispiegarsi delle forze della concorrenza, l’abbiamo visto nel 2008, quando queste forze, lasciate a se stesse in un ambiente deregolamentato, hanno portato al collasso metà del sistema finanziario mondiale e prodotto la peggiore recessione degli ultimi ottant’anni. 

Riguardo poi alla capacità di identificare le scelte corrette e le necessarie riforme, la BCE ha un track record altrettanto “lusinghiero”.

Ce la ricordiamo la lettera inviata all’allora presidente del consiglio Berlusconi nell’agosto 2011, a firma congiunta Trichet – Draghi, vero ? un bel programma di “riforme”, largamente attuato da Monti e da Letta tra il 2012 e il 2013.

Con risultati “significativi”: raddoppio della povertà, decine di migliaia di fallimenti, tredici trimestri consecutivi di recessione e un calo del PIL reale del 5%.

E il rapporto debito pubblico / PIL ? è aumentato invece di diminuire, per la motivazione peggiore: il crollo del denominatore.

Tutto questo doveva avere la funzione di risolvere la crisi dello spread. Il quale invece a luglio 2012 era ritornato ai livelli massimi. E che ha invertito la rotta solo in conseguenza del celeberrimo whatever it takes di Mario Draghi.

Il whatever it takes ha raggiunto lo scopo di evitare la rottura dell’euro, certo. Ma non è stato un esempio di “disciplina di mercato”. Al contrario, è stata una plateale interferenza rispetto all’azione del libero scambio e della libera iniziativa.

Gli economisti euristi tutto questo interessante pezzo di storia economica l’hanno convenientemente (dal loro punto di vista) rimosso. O forse non l’hanno mai compreso.

E pretendono ancora di impartire lezioni.

 

martedì 26 luglio 2022

Banche centrali, dipendenze e indipendenze

 

L’indipendenza delle banche centrali dal potere politico è un non senso logico e mina seriamente l’assetto democratico del paese che la accetta. Per il semplice motivo che gestire l’emissione di moneta è una leva fondamentale per attuare la politica economica dello Stato. E senza libertà di azione in materia di politica economica le funzioni dello Stato medesimo sono in larghissima misura svuotate di contenuto.

Inoltre, se un funzionario pubblico è indipendente da meccanismi di controllo democratico gestiti dallo Stato, a chi risponde ? a se stesso ?

In realtà risponde nei fatti alle grandi istituzioni finanziarie e ai grandi poteri economici, spesso esterni al paese. Perché il funzionario di una banca centrale vede come alternativa di carriera le possibilità offerte da quelle istituzioni. Oppure è conscio che il suo percorso nelle gerarchie interne della banca centrale è fortissimamente agevolato dall’essere, da loro, considerato “affidabile”. Affidabile nel promuovere, si capisce, i LORO interessi.

Ma nell’eurozona, siamo riusciti ad andare ancora un passo più in là. Non abbiamo nemmeno l’indipendenza totale della BCE dagli Stati. Abbiamo la dipendenza degli Stati dalla BCE.

Il meccanismo è sotto gli occhi di tutti. Consiste nel rifiuto di garantire illimitatamente e incondizionatamente il rifinanziamento del debito pubblico. Debito pubblico che, va ricordato, non ha nessuna ragione ineluttabile di esistere: uno Stato che emette la SUA moneta può spendere in deficit senza bisogno di collocare neanche un centesimo di titoli di Stato.

Ma l’eurozona è basata sul principio di sottrarre agli Stati la potestà di emissione monetaria. L’emissione di debito pubblico diventa quindi non un’opportunità ma una necessità, e il potere di condizionamento della BCE sulla politica economica degli Stati sale smisuratamente.

Un’ennesima prova di tutto questo l’abbiamo sotto gli occhi in questi giorni. Il partito del vincolo esterno, il PD, da un lato è agitato per il rischio molto forte di perdere le prossime elezioni politiche (non ne ha più vinta una dal 2006, del resto). Dall’altro si compiace e si bea perché “per fortuna ci sono la BCE e la UE che nel caso rimetteranno le cose a posto”.

A posto come ? reinsediando il PD nelle sue funzioni di proconsole del vincolo esterno. A danno della grande maggioranza dei cittadini italiani, ma questo per il PD non riveste la minima importanza.

 

lunedì 25 luglio 2022

Perché Draghi è caduto

 

Ho sbagliato la mia previsione. Il governo è caduto e, tra le altre cose, in questi giorni si è letto e sentito di tutto in merito a chi ne sia il responsabile. Conte ? Salvini ? Berlusconi ?

A me risulta chiaro che la caduta di Draghi è la diretta conseguenza di come Draghi stesso ha condotto la sua attività di governo.

Si è constatata, in questi diciassette mesi, una chiara ed evidente (per quanto condotta con molta scaltrezza e abilità) tendenza a far bere agli alleati “meno simpatici” una serie di cose che erano chiaramente antitetiche rispetto ai loro programmi originari e alla sensibilità del loro elettorato.

Il M5S ha quindi dovuto trangugiare, tra le altre cose, le armi inviate all’Ucraina, lo smontaggio del reddito di cittadinanza, l’insabbiamento del superbonus (con bugie spudorate di contorno per cercare di giustificarlo – l’insabbiamento, non il superbonus).

Alla Lega, la ripresa massiccia dell’immigrazione clandestina, le restrizioni Covid, la riforma del catasto.

In pratica la posizione di Draghi era: metto in atto tutte le cose che a voi non piacciono (e che, guarda caso, piacciono invece al PD), voi muti e zitti e applaudite pure.

Se Draghi avesse voluto, in buona fede, cercare una mediazione politica, come è (dovrebbe) essere la norma per chi conduce un governo di coalizione, aveva ampi spazi per riuscirci. Ma non ci ha affatto provato, evidentemente non era il suo scopo.

Lo scopo era creare costanti difficoltà agli “alleati antipatici”, eroderne il consenso elettorale (operazione in larga misura riuscita, poi vedremo se almeno in parte l’effetto potrà essere recuperato nei due mesi da qui alle elezioni).

E attuare la SUA (e del PD, e dei suoi referenti internazionali) agenda.

 

mercoledì 20 luglio 2022

La “credibilità” di Mario Draghi

 

Scrivo senza ancora sapere come finirà il tormentone di questa crisi-non-crisi di governo. Previsione mia Draghi rimane dov’è, vediamo.

Mi hanno fatto comunque sorridere, devo dire, i media di regime, i giornaloni paludati, che hanno passato giorni e giorni a stamburare h 24 che non possiamo fare a meno di lui perché “nessun altro in Italia possiede il suo livello di credibilità, soprattutto nei confronti delle controparti internazionali”.

Beh, a titolo di esempio: ve la ricordate la proposta congiunta italo-francese di revisione dei meccanismi di funzionamento dell’eurozona e di gestione dei debiti pubblici ? proposta presentata a fine 2021 ?

Probabilmente parecchi di voi se la sono scordata, e non li biasimo. Perché quella proposta (che a me beninteso non piaceva per niente: la trovo arzigogolata, inutilmente complessa, e comunque del tutto inadeguata) è completamente caduta nel vuoto.

Si sa, su questi temi (come su molti altri) nell’ambito della UE e dell’eurozona non si fa nulla se non sono d’accordo i tedeschi. E i tedeschi come hanno reagito ?

Non hanno reagito.

Non hanno detto, magari con toni accesi, “non siamo d’accordo”, spiegando perché.

Non hanno dato il minimo segno che qualcuno avesse detto qualcosa.

La proposta non è stata ritenuta meritevole di un qualsiasi tipo di considerazione.

Tra l’altro, l’aveva sostenuta anche Macron, e nel team di economisti che l’ha elaborata c’era del resto anche un francese. Ma non è cambiato nulla: il che chiarisce le idee anche a chi sostiene che ottenere cose nei confronti della Germania è possibile se si fa “fronte comune” con altri.

La Francia in particolare ha senz’altro un peso politico superiore al nostro. Ma il fronte comune con loro non porta comunque da nessuna parte. La Germania non concede nulla, salvo far capire ai francesi con una strizzata d’occhio “non preoccupatevi, tanto le martellate sulle gengive continueremo a tirarle agli italiani, voi vi terremo esenti”.

Quando si legge che “Draghi è altamente credibile a livello internazionale” significa che è altamente affidabile come esecutore di ordini che arrivano dall’esterno.

Se cerca di muoversi di sua iniziativa, con proposte non allineate agli interessi della NATO / USA o della UE / Germania, è “credibile” esattamente quanto Conte, Salvini, Berlusconi, Meloni, Letta.

Zero.

 

venerdì 15 luglio 2022

La moneta sovrana non risolve tutti i problemi ma


Siccome l’euro lo usano 19 paesi (dal 2023, 20 con la Croazia, good luck) e una duecentina di altri invece no, ovviamente tra gli altri 200+ qualcun altro ha qualche problema (di tipo economico, s’intende) pur disponendo della propria moneta.

Per cui ogni giorno si leggono articoli e commenti che parlano caso per caso dell’Argentina o della Turchia o del Venezuela o di qualcun altro e pensano di dire qualcosa d’intelligente formulando domande retoriche tipo “ma come ! guarda qui ! come lo spiegano questo i sovranisti ?”.

Caso per caso, le spiegazioni dei guai di questi paesi ci sono (vedi ad esempio qui e qui) e guarda un po’ tendono a ricollegarsi all’utilizzo di una moneta straniera. Mi preme però sottolineare un fatto molto più elementare ma non per questo sufficientemente compreso.

Usare la propria moneta è in primo luogo una questione di AUTODETERMINAZIONE NAZIONALE.

Con la MIA moneta, ho spazio per condurre politiche economiche decise e gestite DA ME, DI MIA INIZIATIVA.

Se invece uso una moneta che non emetto, che non gestisco, e che è sopravvalutata rispetto alle condizioni della mia economia, DIVENTO DIPENDENTE DA DECISIONI PRESE ALTROVE.

Se decido da solo sforzandomi di fare il mio interesse, posso sbagliare, certo, ma con ogni probabilità sono in grado di cambiare rotta, di correggere il tiro, e di superare tutta una serie di problemi.

Nell’altro caso, le decisioni mi vengono invece IMPOSTE DALL’ESTERNO. E chi sta all’esterno ha la non simpaticissima ma umana e comprensibile, e comunque inevitabile, tendenza a perseguire i SUOI interessi, e non i miei.

Per cui magari, guarda un po’, una situazione economica negativa dura da anni e anni, i “suggerimenti” provenienti dall’esterno non la risolvono, e più si cede potere meno le cose funzionano, e più qualcuno pretende che sia necessario cederne ancora di più.

Stiamo parlando della storia italiana degli ultimi 20-25 anni.

Una storia brutta, sgradevole, insensata, alimentata da avidità e ipocrisie.

Più brutta di quanto mi aspettassi quando è stato introdotto l’euro. E non mi aspettavo niente di buono.

martedì 12 luglio 2022

Riscrivere l’articolo 81 della Costituzione

 

Attuale formulazione

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di effetti eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e se non per periodi non superiori a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso della pubblica amministrazione sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.

 

Nuova formulazione

Lo Stato assicura che la differenza tra spese ed entrate del proprio bilancio immetta nel sistema economico le risorse finanziarie coerenti con la piena occupazione e con un armonico e stabile sviluppo dell’economia nazionale, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

L’immissione di risorse finanziarie nel sistema economico, da effettuarsi mediante la differenza tra spesa ed entrate del bilancio dello Stato, dovrà essere definita, in quantità e modalità, anche con l’obiettivo di assicurare la stabilità dei prezzi nel tempo.

La differenza tra spese ed entrate prende la forma di strumenti finanziari utilizzabili per pagare tasse e imposte future (moneta fiscale), senza dar luogo a impegni di rimborso da parte dello Stato.

Il ricorso all’indebitamento da rimborsare in moneta non emessa dallo Stato può essere adottato, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, solo al verificarsi di effetti eccezionali.

Il rapporto tra indebitamento da rimborsare in moneta non emessa dallo Stato e reddito nazionale deve essere, salvo il verificarsi di eventi eccezionali, ridotto anno dopo anno.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte, mezzi che includeranno anche l’emissione di moneta fiscale da parte dello Stato.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e se non per periodi non superiori a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’armonico sviluppo dell’economia nazionale sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.

 

domenica 10 luglio 2022

Risparmio privato e investimenti

Ogni tanto penso (e non vorrei che mi fosse imputato di assumere atteggiamenti elitari…) che prima di commentare dati e fatti economici occorrerebbe che chi parla dimostrasse di aver sostenuto un esame di contabilità nazionale, o quantomeno (o forse meglio ancora) di ragioneria e partita doppia.

Per carità, elitario mai. Tutti hanno diritto di parola e di opinione.

Però debunkare alcuni ragionamenti apparentemente sensati, ma in realtà sconnessi dalla realtà, è un esercizio utile, anzi doveroso.

Ad esempio, un classico è l’affermazione che “l’Italia ha un enorme risparmio privato ma viene utilizzato per alimentare investimenti esteri, bisogna che rimanga qui e sostenga la crescita italiana”. E quindi via con le proposte sugli incentivi fiscali alle quotazioni in borsa, o roba del genere.

Come al solito, meglio guardare i dati e rifletterci un po’ sopra.

Ecco qui di seguito la Net International Investment Position del nostro paese, dati Bankitalia al 31.12.2021.



Sulle prime si potrebbe pensare che i dati diano ragione ai commentatori sopra citati. I residenti italiani detengono la bellezza di 3.339 miliardi di investimenti all’estero.

Soltanto che, a loro volta, gli stranieri hanno investito in Italia e il controvalore dei loro investimenti è dello stesso ordine di grandezza: 3.207 miliardi.

Il saldo netto è positivo – gli italiani hanno investito all’estero più degli stranieri nel nostro paese – ma la differenza non è una cifra eclatante: 132 miliardi.

Tra parentesi l’accumulo di un controvalore positivo è la conseguenza di surplus commerciali esteri generati in passato. Quei 132 miliardi si sono formati negli ultimi anni, in cui l’Italia ha prodotto saldi commerciali esteri positivi. Nel 2022 potrebbero calare, perché il saldo estero dai 60 miliardi circa annui degli anni recenti sta puntando verso lo zero, o forse diventando leggermente negativo, per l’impennata dei prezzi di gas, petrolio (principalmente) e altre materie prime. Le cause (rotture delle catene di fornitura post fine Covid lockdown, guerra in Ucraina) sono ben note.

In realtà c’è un sistema molto sicuro per fare in modo che gli investimenti italiani all’estero divengano inferiori a quelli stranieri in Italia: andare in deficit negli scambi di beni e servizi con l’estero. Ma visto che questo deficit lo dobbiamo finanziare in una moneta straniera (l’euro o casomai il dollaro) non mi sembra una grande idea.

Tra l’altro per ogni commentatore che si lamenta del “risparmio italiano che scappa all’estero” un altro puntualmente strepita contro “gli stranieri che vengono a colonizzare l’Italia comprandoci le aziende”.

Poi vedi che gli investimenti diretti azionari italiani all’estero (488 miliardi) sono superiori a quelli stranieri in Italia (361).

Il punto è che in Italia si investe troppo poco in beni reali e produttivi, certo. Ma non perché il risparmio italiano scappi all’estero più di quanto quello straniero arrivi in Italia.

In Italia si investe poco perché da un quarto di secolo, dall’euroaggancio in poi, ci siamo assoggettati a un sistema di regole che impone la costante compressione della domanda interna e dei deficit pubblici.

Con il risultato che in beni produttivi si è disincentivati a investire. Il settore pubblico perché gli si chiede sempre e solo di tagliare. Il settore privato perché non investi dove la domanda è compressa.

L’incentivo a “mobilitare il risparmio per investire in Italia” non viene dalle agevolazioni fiscali alla quotazioni in borsa, o cose del genere (posso capire che le chiedano gli operatori attivi in queste transazioni. Ma loro cercano di fare – legittimamente – gli interessi propri, a costo di raccontare – un po’ meno legittimamente – che coincidono con quelli del paese).

L’incentivo a investire, facendo ripartire occupazione e crescita, verrà, se verrà, dalla rimozione dell’attuale, delirante assetto dell’eurosistema.


giovedì 7 luglio 2022

Il deficit pubblico, alimentatore dell’economia

 

Ogni volta che ci penso (e data la mia attività professionale e i miei interessi non potrei fare a meno, anche se volessi evitarlo, di pensarci spesso) sono sbigottito da come ancora si perpetui il consueto equivoco – o la consueta frode, scegliete voi.

Quale equivoco, quale frode ? che il deficit pubblico sia un problema, un onere, un macigno, un dramma che incombe sull’economia di un paese.

Il deficit pubblico immette risorse finanziarie nel sistema economico. Lo Stato spende più di quanto tassa, e i privati quindi si ritrovano con più mezzi finanziari.

Il deficit pubblico è UN ALIMENTATORE. Fornisce al settore privato i mezzi di pagamento e di scambio che DEVONO crescere con lo sviluppo dell’economia.

In assenza di deficit pubblico, questi mezzi dovrebbero provenire solo dal credito privato (che è prociclico e quindi potenzialmente destabilizzante) o da surplus commerciali verso l’estero (ma allora qualcun altro deve essere in deficit: quindi creo debito all’esterno del paese, generando problemi ai miei vicini).

Chiaro, l’alimentazione può creare problemi se è eccessiva o mal direzionata. Ma questo significa che occorre regolarla e tararla correttamente, NON che sia di per sé un problema.

Posso annegare nell’acqua, o posso bere troppo velocemente e mandarmela di traverso. Nessuno direbbe per questo che dell’acqua si deve fare a meno.

Tutto questo è così semplice ed evidente che si fa fatica a credere nella buona fede di certe autorità pubbliche quando sostengono che il pareggio di bilancio è un obiettivo di primaria importanza “per rendere solide le finanze pubbliche”.

Di sicuro l’equivoco – o la frode – fa molto comodo a chi deriva posizioni di potere, di influenza, di controllo, di imposizione politica, perché è nella condizione di “razionare l’acqua”.

E se qualche volta la “raziona” per motivi sensati, molte altre volte ha tutta l’aria di farlo perché, appunto, c’è sempre una buona ragione (nella testa del razionatore) per incrementare i presupposti del proprio potere, della propria influenza, della propria capacità di controllo.

 

domenica 3 luglio 2022

Ancora su come mitigare l’inflazione

 

Come detto in post precedenti, la strategia migliore per mitigare l’inflazione e i suoi effetti, nel contesto attuale, mi pare decisamente la riduzione di accise, oneri di sistema, IVA, imposte indirette in genere, con particolare riferimento ai beni energetici (bollette, carburanti) e ai beni di prima necessità.

Qualche intervento di questo tipo, per esempio sulle accise che gravano sui carburanti, è stato effettuato, ma si può fare molto, molto di più.

Il governo ha varato anche provvedimenti, tipo il bonus 200 euro per le categorie disagiate, che in sé hanno una loro utilità ma non riducono i prezzi e non abbassano quindi la dinamica dell’indice dei prezzi ai consumo. E tra l’altro sono anche più complicati da attuare. C’è sempre il problema di burocrazia e controlli, di identificare correttamente chi ha diritto al bonus in base per esempio all’ISEE, eccetera.

Sarò malizioso ma i bonus mi sembrano “utili”, dal punto di vista del governo, per annunciare interventi sostanziosi che poi si sgonfiano a livello di applicazione pratica. Per intenderci: stanzio quattro miliardi, ne impiego solo due perché le complessità attuative limitano l’erogato effettivo, e poi mi faccio bello (io Ministro dell’Economia) dicendo che “ho risparmiato” e che i conti pubblici sono “meglio del previsto”.

La Lega sta proponendo di introdurre l’indicizzazione all’ISTAT di salari e pensioni. Ma quella sui salari mi solleva qualche dubbio, non perché inneschi necessariamente una spirale salari-prezzi (quella richiede una domanda di fondo molto più solida rispetto alla situazione odierna) ma perché rischia di comprimere ulteriormente l’offerta di posizioni lavorative da parte delle aziende. Più utile, probabilmente, indicizzare le pensioni, dove il problema sopra menzionato non esiste.

Un grosso scostamento di bilancio per attuare una rilevante, molto rilevante, riduzione delle imposte indirette mi pare la via migliore. Unitamente magari (in Germania l’hanno fatto) alla riduzione delle tariffe su servizi di pubblica utilità, tipo i trasporti pubblici.

 

venerdì 1 luglio 2022

Banche centrali, finte divinità

 

La principale funzione, il principale obiettivo delle banche centrali – quello che tutte condividono – è il controllo dell’inflazione. Ma sono realmente in grado di perseguire questo obiettivo ?

Per anni si è dato credito alla tesi di Milton Friedman – “l’inflazione è sempre un fenomeno monetario” – e quindi alla teoria seconda la quale se controlli la moneta controlli l’inflazione.

Alla prova dei fatti, la teoria non regge.

Per svariati anni il mondo occidentale è stato alle prese con un problema di inflazione troppo bassa, al di sotto degli obiettivi, che sia la Fed che la BCE ponevano al 2%. Il Quantitative Easing è stata l’arma utilizzata per alzare i livelli d’inflazione – ed ha fallito, nonostante anni e anni (se non decenni, vedi Giappone) di sforzi.

Dopo la fine dei lockdown e complice anche la crisi ucraina, l’inflazione è finalmente salita – troppo. Ma le cause vanno identificate molto più nella situazione dell’offerta (rottura delle catene produttive, problemi di approvvigionamento di gas, petrolio e materie prime in genere, aggravati dalla crisi ucraina) che in quella della domanda.

In effetti le banche centrali sono in grado di raffreddare la domanda alzando i tassi d’interesse e in generale imponendo condizioni più restrittive per l’accesso al credito. Ma nelle condizioni attuali un’azione di questo genere sarebbe efficace (nel senso di ottenere un calo rilevante dell’inflazione) solo a costo di produrre una recessione violentissima.

Non è meglio allora lasciar fare alla politica fiscale, che può anch’essa agire – e in modo anche più diretto - sulla domanda aggregata ? e in più – molto importante – è in grado di mitigare, sia congiunturalmente che strutturalmente, le cause dell’attuale inflazione: abbassando accise e imposte indirette su beni energetici e prodotti di prima necessità; e incentivando investimenti nelle diversificazione delle risorse produttive (materie prime e componenti).

Se queste ultime azioni non vengono attuate, o non nella misura e nelle modalità necessarie, la ragione sono i vincoli (inventati) di finanza pubblica. Perché preoccuparsi di deficit e debito pubblico se vengono utilizzati per attuare interventi che mitigano l’inflazione ? solo per la pretesa (insensata sul piano economico) che gli Stati non possano emettere direttamente moneta, e perché ci si preoccupa di un potenziale default del settore pubblico.

Preoccupazione quest’ultima che è assurda se il debito è in moneta sovrana; mentre è reale nel manicomio dell’Eurozona, ma solo perché si è creato un assetto – la “moneta senza Stato” – privo di qualsiasi logica economica.

Abbiamo divinizzato le banche centrali, ma i loro poteri sono tutt’altro che divini. E la loro effettiva necessità e utilità è, a dir poco, molto ma molto dubbia.