sabato 24 febbraio 2024

Le dieci cose (più una) da capire su deficit e debito pubblico

 

UNO: uno Stato che controlla e gestisce la propria moneta non ha bisogno di emettere debito: semplicemente può realizzare deficit spendendo più di quello che tassa.

DUE: automaticamente, quando lo Stato fa deficit, il settore privato aumenta il suo risparmio. Se lo Stato spende più di quanto tassa, il settore privato incassa più di quanto sborsa.

TRE: quindi il deficit pubblico non drena MA CREA risparmio privato. L’eccesso di spesa rispetto alle tasse rimane nelle tasche del settore privato e ne incrementa il risparmio finanziario.

QUATTRO: l’emissione di moneta attuata dallo Stato mediante il deficit è normale e fisiologica, perché in un’economia che cresce i mezzi di pagamento in circolazione devono aumentare. Se lo Stato non fa deficit l’alternativa è espandere solo il credito privato, il che oltre certi livelli è destabilizzante.

CINQUE: il deficit può essere eccessivo, ma non in conseguenza del superamento di un limite numerico prestabilito, bensì dell’eventuale generarsi di tensioni inflazionistiche.

SEI: l’altra variabile da tenere sotto controllo è il saldo commerciale estero (export meno import). Se il saldo estero peggiora, il deficit pubblico alimenta comunque risparmio privato, ma in questo caso si tratta di risparmio privato estero e non nazionale.

SETTE: il debito pubblico in moneta propria non è altro che uno strumento che lo Stato offre al settore privato per impiegare il risparmio privato generato dal deficit pubblico. NON E’ UN ONERE SULLE FUTURE GENERAZIONI.

OTTO: il debito pubblico in moneta propria NON è un problema per lo Stato emittente, che è SEMPRE sicuro di poterlo rifinanziare.

NOVE: non esistono limiti numerici precisi, validi in qualsiasi circostanza, che il deficit e il debito pubblico non dovrebbero superare. Il deficit va regolato tenuto conto di altre variabili – inflazione, disoccupazione, crescita, saldi commerciali esteri.

DIECI: l’unico debito pubblico veramente pericoloso è quello emesso in moneta straniera sopravvalutata rispetto alle condizioni della propria economia. Quindi l’euro è pericoloso per l’Italia (perché è più forte di quanto era la lira) ma non per la Germania (perché è più debole di quanto era il marco). La Germania quando volesse potrebbe tornare a emettere marchi, che varrebbero più dell’euro: nessun problema a rifinanziare il debito. L’Italia emetterebbe lire che varrebbero meno dell’euro: potenziali problemi a rifinanziare il debito.

DIECI BIS: QUEST’ULTIMA E’ LA PRINCIPALE RAGIONE PER CUI L’ITALIA NON DOVEVA ENTRARE NELL’EURO.

(Dieci cose, più una, che gli economisti mainstream, i media paludati e la maggioranza dei politici ASSOLUTAMENTE NON CAPISCONO. O fanno finta, ma se fingono sono molto bravi a fingere).

(Dieci cose, più una, che l’opinione pubblica DEVE ASSOLUTAMENTE ARRIVARE A COMPRENDERE).

mercoledì 21 febbraio 2024

Debito buono, debito cattivo e limiti del Draghipensiero

 

Non tanti anni fa, prima del periodo alla presidenza del consiglio, Draghi ha fatto parlare di sé (ancora più del solito) a seguito della sua affermazione che non tutto il debito, e in particolare non tutto il debito pubblico, è cattivo. Esiste anche il debito buono.

Con questo Draghi intendeva che dipende dalle finalità: se l’assunzione di debito genera rendimenti positivi, aumenta il reddito nazionale e migliora (cioè abbassa) il rapporto debito / PIL, può essere considerato “buono” e può essere corretto aumentarlo.

Ai tempi questa affermazione fu considerata, dai giornaloni e dagli altri media paludati, geniale e rivoluzionaria. Naturalmente era invece, grosso modo, la scoperta dell’acqua calda. Ma certo si distaccava dai mantra euroausterici e fu quindi salutata come una grande innovazione.

Un passo avanti lo si era fatto, ma non è durato molto. A fine 2023 la UE ha messo in cantiere una riforma del patto di stabilità che da un lato ha fallito completamente l’obiettivo di semplificarlo e di razionalizzarlo; dall’altro, ancora peggio, ha riaffermato il concetto che il debito pubblico va ridotto. Perché ? perché sì. Perché l’unico debito buono è il debito morto.

In realtà Draghi aveva fatto un passettino in avanti, ma molto modesto. Anche rispetto al suo approccio di allora, ci sono da dire cose molto più vere e molto più incisive.

C’è da dire che l’unico debito pubblico veramente pericoloso è quello emesso in moneta straniera sopravvalutata rispetto alle condizioni della propria economia.

C’è da dire che uno Stato che controlla e gestisce la propria moneta non ha bisogno di emettere debito: semplicemente può realizzare deficit spendendo più di quello che tassa.

C’è da dire che l’emissione di moneta attuata dallo Stato mediante il deficit è normale e fisiologica, perché in un’economia che cresce i mezzi di pagamento in circolazione devono aumentare.

C’è da dire che il deficit può essere eccessivo, ma non in conseguenza del superamento di un limite numerico prestabilito, bensì dell’eventuale generarsi di tensioni inflazionistiche.

C’è da dire che il deficit pubblico non ha bisogno di essere finanziato e non drena MA CREA risparmio privato. L’eccesso di spesa rispetto alle tasse rimane nelle tasche del settore privato e ne incrementa il risparmio finanziario.

C’è da dire che il debito pubblico in moneta propria non è altro che uno strumento che lo Stato offre al settore privato per allocare questo risparmio. NON E’ UN ONERE SULLE FUTURE GENERAZIONI.

Insomma Draghi aveva fatto un passettino, ma ne servivano molti altri.

Nel frattempo l’ineffabile UE ha fatto marcia indietro anche rispetto a quel passettino.

 

lunedì 19 febbraio 2024

Nord comanda Sud ? anche no

 

La tesi di parecchi euroausterici è che la garanzia integrale della BCE sui debiti pubblici dei vari Stati aderenti all’Eurozona sarebbe possibile solo se agli Stati del Nord fosse esplicitamente attribuito il controllo sulla finanza pubblica degli Stati del Sud.

Motivo ? il Sud ha livelli di debito pubblico più alti, e percepiti come più rischiosi dai mercati. Se il Nord si deve sobbarcare un costo è giusto che abbia il controllo della situazione. E se questo è politicamente inaccettabile, non ci può essere garanzia BCE.

L’argomentazione ha una sua logica APPARENTE. Ma in realtà è infondata.

La garanzia della BCE non costa assolutamente niente al Nord. Se la BCE dichiara che il BTP italiano non renderà più del 2%, quello diventa il tasso di mercato, a cui i BTP vengono comprati e venduti. La Germania e gli altri paesi del Nord non devono pagare NULLA.

La garanzia sui debiti pubblici, insistono gli euroausterici, spingerebbe però il Sud ad aumentare deficit e debito ancora più di oggi. Ma questo è un problema solo per le sue potenziali conseguenze sull’inflazione. La garanzia BCE dovrebbe quindi essere condizionata non al rispetto di determinate soglie di deficit o di debito (che non hanno senso) ma casomai al mantenimento, paese per paese, di determinate soglie di inflazione.

In altri termini, la BCE dovrebbe dire: sei pienamente garantito purché la tua inflazione non superi determinate soglie, o non si discosti se non marginalmente dai target BCE, o dalla media dell’Eurozona. Qualcosa del genere.

Va peraltro notato che la correlazione tra deficit, debito e inflazione è a dir poco dubbia. Oggi l’Italia ha un’inflazione decisamente più bassa rispetto alla Germania. Il Giappone ha il 260% di debito / PIL ma la sua inflazione è inferiore, da decenni, rispetto alle medie occidentali.

La garanzia BCE sui debiti pubblici non costa nulla a nessuno. La sua assenza al contrario è un danno enorme per l’Eurozona, perché produce vincoli che creano un pesantissimo svantaggio competitivo rispetto agli USA, al Giappone, alla Cina eccetera. L’assenza di garanzia crea un rischio d’insolvenza sul debito pubblico che non ha senso di esistere, e infatti non esiste per le economie che gestiscono la propria moneta e fanno deficit con quella.

L’euro doveva servire (non si è mai capito come, ma questo era quanto si dichiarava) a competere meglio con gli altri grandi blocchi economici. Con le regole attuali al contrario l’eurosistema costringe i suoi Stati aderenti a “combattere” con le mani legate dietro alla schiena.

sabato 17 febbraio 2024

Il deficit non è un doping

 

L’elenco delle cretinate che mi sono stufato di sentire da parte dei commentatori economici mainstream è lungo, ma una posizione di rilievo la occupa senz’altro l’affermazione che “il paese x ha ottenuto una forte crescita del PIL, certo, ma è una crescita dopata dal deficit pubblico”.

La crescita economica non è mai dopata dal deficit pubblico. Il deficit stimola la domanda e quindi la produzione e l’occupazione, certo, ma entro il limite della capacità produttiva del sistema economico (per definizione: se ho prodotto 100 avevo la capacità per farlo – evidentemente).

Il deficit pubblico immette capacità di spesa nel sistema economico: se lo Stato spende più di quanto tassa, il settore privato incassa più di quanto sborsa. E la capacità di spesa crea domanda, produzione e occupazione: fino al limite della capacità produttiva, e non oltre.

Il deficit può essere eccessivo, certo: e la conseguenza dell’eccesso è un’inflazione troppo alta. Il che non vuol dire “dopare la crescita”, ma far crescere i prezzi senza necessità.

Secondo gli euroausterici qualsiasi deficit pubblico è un doping per l’economia. Al contrario, il deficit pubblico è la condizione tipica, media, naturale di qualsiasi Stato. Immette nel sistema potere d’acquisto, che deve aumentare di pari passo con la crescita. Altrimenti occorrerebbe fare affidamento solo sull'espansione del credito privato, che è prociclico e potenzialmente destabilizzante.

Chi afferma che il deficit pubblico è un doping manca della più basilare conoscenza della macroeconomia. Il deficit pubblico non droga la crescita; al contrario, la sua insufficienza genera stagnazione e disoccupazione.

martedì 13 febbraio 2024

Che cosa sono i titoli di Stato

 


"Che cosa sono i titoli di Stato ?

Conti per depositare i risparmi accumulati, al netto delle tasse.

Il governo offre la possibilità, fino a un limite ARBITRARIO, di utilizzare un mezzo per immagazzinare moneta: un conto di risparmio che paga interessi.

Non è un cattivo affare per chi ha soldi extra da parcheggiare in questi conti."

Ma la cosa FONDAMENTALE da comprendere è che per lo Stato NON E' necessario collocare titoli di Stato per finanziare il deficit. Il deficit pubblico GENERA risparmio privato, i titoli di Stato sono uno strumento per impiegarlo. Un'opportunità per i cittadini, NON una necessità per lo Stato.


venerdì 9 febbraio 2024

Compromessi e assurdità

 

Uno dei ritornelli più frequenti degli europeisti è che “l’integrazione politica è indispensabile altrimenti l’Europa diventa marginale, in un mondo in cui le nazioni più grandi hanno centinaia di milioni se non miliardi di abitanti. Ci sono visioni e interessi differenti, certo, ma occorre trovare una linea di compromesso accettabile per tutti e poi fondersi in un’entità unica”.

Di fronte a questa argomentazione, il mio primo commento è che le megapotenze di cui si parla sono tre. Gli USA, la Cina e l’India. Che certo, fanno il 40% della popolazione mondiale. Però poi ci sono una duecentina di altre nazioni che sul piano economico e anche demografico pesano in genere meno, spesso molto meno, dei singoli maggiori Stati europei.

Per cui, perché solo per noi europei dovrebbe essere vitale “integrarsi politicamente” ?

L’altro commento è che i compromessi sono utili e spesso anche indispensabili. Ma i compromessi hanno un senso se costituiscono una mediazione tra posizioni sufficientemente sensate.

In ambito UE, e con riferimento alla governance economica, la posizione euroausterica non è “sufficientemente sensata”. E’ completamente priva di logica. Affermare che un sistema economico debba avere come obiettivo primario la riduzione del debito pubblico perché ci si costringe ad utilizzare una moneta non controllata da nessuno Stato; lasciare campo libero alla speculazione nel condizionare la finanza pubblica; imporre politiche procicliche in contesti recessivi o depressivi: sono tutte posizioni infondate, assurde.

Ma su queste assurdità è impostata la definizione delle politiche economiche dell’Unione Europea.

La via di mezzo tra una posizione sensata e una assurda è un’impostazione un po’ meno assurda, ma comunque disfunzionale. E’ come pensare che un compromesso accettabile tra prendere l’ascensore e buttarsi dall’ottavo piano sia buttarsi dal quarto piano.

Quand’anche l’integrazione politica fosse realmente un’esigenza vitale (e non lo è); quand’anche popoli e Stati europei la desiderassero (e non la desiderano); quantomeno riguardo alla dimensione economica, il “compromesso” sulle regole di funzionamento non è una possibilità concreta, non è uno scenario sensato: né sul piano pratico, né su quello politico.

mercoledì 7 febbraio 2024

Giustificare Prodi ???

 

Considero Prodi il più disastroso uomo politico italiano dal 1945 in poi, e la motivazione principale di questo giudizio naturalmente è la catastrofica, scellerata decisione di portare l’Italia nell’euro.

Pochi giorni fa, mi sono imbattuto (in una conversazione da social network) in un’affermazione peraltro ricorrente: non è colpa di Prodi, entrare nell’euro non era sbagliato, anzi era un’idea fantastica, solo che per funzionare occorreva “fare le riforme” e “mettere sotto controllo il debito pubblico”. Non è colpa del buon Romano se non gliel’hanno lasciato fare.

Ovviamente non ci credo per nulla. Ma facciamo finta che.

Immaginate di essere l’azionista di una società. E immaginate che il vostro amministratore delegato vi proponga di lanciare un nuovo prodotto, sostenendo che è un’idea fantastica.

Aggiungendo però che funzionerà senz’altro, a condizione di sostenere il lancio con una campagna di marketing che costa dieci milioni di euro.

Gli chiedete “ma li abbiamo dieci milioni ?” risposta “no”. Domanda successiva “ma sai dove andarli a trovare ?” risposta “non ne ho la minima idea. Però il prodotto bisogna lanciarlo quindi lo lancio”.

Vi pare che possa funzionare ?

Per carità, Napoleone quando gli chiedevano quale fosse la sua strategia per la battaglia rispondeva (dicono) on s’engage, et puis on voit.

Ma era Napoleone, non Prodi.

E anche per Napoleone, in definitiva, questo approccio ha funzionato finché non ha funzionato più.

Prodi ha portato l’Italia nell’euro sulla base del presupposto che “le riforme” l’avrebbero fatto funzionare benissimo ? delle tre l’una (o tutte e tre, le ipotesi non si escludono): o queste “riforme” non esistevano, o non erano quelle giuste, o lui (Prodi) non era minimamente in grado di assicurare che si sarebbero fatte.

Risultato ? Prodi ha causato all’Italia un danno gigantesco.

E no, non c’è giustificazione.

 

lunedì 5 febbraio 2024

Le armi agli ucraini

 

Stiamo continuando a finanziare la resistenza ucraina contro i russi. E’ la mossa giusta ? è utile ? è coerente ?

Se dico che temo di no, il mio interlocutore spesso mi obietta “e allora sbagliavano gli alleati a dare armi ai partigiani, durante la seconda guerra mondiale ?”.

La mia risposta è che no, non sbagliavano. Ma la situazione ucraina di oggi è diversa.

Era giusto dare armi ai partigiani, come era giusto dare armi, soldi e materiali ai sovietici che combattevano contro i tedeschi. Ma la differenza è che quella guerra gli alleati la stavano combattendo con tutte le loro forze. Si poteva vincere, e anzi la stavano vincendo.

Dare armi ai partigiani aiutava a velocizzare la vittoria e la fine del conflitto.

Mentre in Ucraina… si può vincere ? si possono espellere i russi ?

Forse sì ma solo a una condizione. Che l’Occidente anzi la NATO anzi gli anglosassoni anzi USA e UK decidano di combatterla, questa guerra, non solo di finanziarla (e di farla finanziare agli europei).

Per essere ancora più chiari: una possibilità di espellere i russi dall’Ucraina c’è solo se si combatte Putin con un esercito schierato sul campo.

Certo, è una strategia molto rischiosa. La guerra sul campo non è affatto scontato che si vincerebbe. E Putin potrebbe reagire con le armi nucleari. Ma si può anche arrivare alla conclusione che non ne avrebbe il coraggio.

Quindi per quanto rischiosa è una strategia coerente, e potenzialmente di successo.

Quello che non è coerente, e che sicuramente è destinato all’insuccesso, è continuare a sostenere gli ucraini in un conflitto senza dar loro la possibilità di vincerlo. Serve solo ad allungarlo, il conflitto, e ad aumentare i costi in termini, in primo luogo, di vite umane. Soprattutto di vite ucraine.

Ed è però quello che sta facendo l’Occidente. Finanziare una guerra per procura.

Ha senso ? non mi pare.

 

sabato 3 febbraio 2024

Bagnai detesta la Moneta Fiscale perché non la capisce

 

Non riesco a spiegare in altro modo l’acredine di Alberto Bagnai nei confronti della Moneta Fiscale, se non con le sue evidenti carenze su temi di macroeconomia. L’ho già detto in precedenti occasioni: è un divulgatore molto efficace, potenzialmente anche un ottimo scrittore comico, ma lì finisce. Come economista, le sue carenze sono evidenti.

Non contento di essersi preso una prima dose di scapaccioni quando sosteneva che la proposta CCF non gestiva i differenziali di competitività tra paesi;

non soddisfatto di essersi esposto a ulteriore ridicolo affermando che il trattamento contabile della Moneta Fiscale viola la partita doppia;

pochi giorni va (vedi i minuti finali di questo video) il nostro ha toccato nuove vette di comicità sostenendo che la Moneta Fiscale è una “cura palliativa” rispetto al problema dei delta d’inflazione nell’ambito dell’Eurozona.

Quando, se avesse studiato il progetto (o se, avendolo magari letto, l’avesse capito, o se non avendolo capito avesse chiesto spiegazioni, che sarei stato ben disponibile a fornirgli) saprebbe che il progetto Moneta Fiscale fornisce gli strumenti per raggiungere la piena occupazione mantenendo l’inflazione a livelli stabili e moderati (vedi D19 e D20 qui), e anche per gestire problemi di shock dal lato dell'offerta quali abbiamo sperimentato durante l’ultimo paio d’anni.

Peccato.