Diventa sempre
più chiaro all’opinione pubblica che emettere moneta è un potente meccanismo di
stimolo dell’attività economica. Il Giappone si sta rilanciando stampando
soldi, gli USA l’hanno fatto e continuano a farlo dall’inizio della crisi
Lehman, l’area euro è nei guai perché servirebbe più moneta a Sud – ma non a
Nord - e la moneta è la stessa, eccetera.
Non guasta però
una riflessione in merito alla differenza negli effetti di queste azioni, a
seconda dell’utilizzo che si fa
della maggior quantità di moneta in circolazione.
Le banche
centrali, in condizioni normali, regolano la quantità di moneta in circolazione
tramite la manovra dei tassi d’interesse a breve termine.
Li alzano quando
ci sono segnali di euforia, e la domanda aggregata tende a superare la capacità
produttiva del sistema economico – il che non dà benefici per la produzione e
l’occupazione, ma produce solo inflazione.
Li abbassano nella situazione contraria, quando la domanda è troppo fiacca.
Oggi buona parte
delle economie occidentali si trova in situazione di carenza di domanda, su
scala però particolarmente accentuata. Prima il fallimento Lehman ha lasciato
il sistema finanziario carico di crediti inesigibili, poi è entrato in gravi
difficoltà il sistema euro, soprattutto per effetto delle azioni di austerità con cui
si è cercato (con diagnosi e metodi errati) di risolvere la crisi debitoria dei
paesi meridionali.
C’è una diffusa
situazione di “trappola della liquidità”: le banche centrali forniscono credito
al sistema bancario a tassi prossimi allo zero, ma questo non è uno stimolo
sufficiente perché consumatori e aziende hanno poca voglia, o possibilità, di
spendere.
Non c’è
incentivo a investire perché la domanda è bassa rispetto alla capacità
produttiva esistente, e perché in mezza Europa le tasse sono state fortemente
innalzate lasciando pochi soldi da spendere ai privati – il che ha
ulteriormente depresso la domanda, creato nuove situazioni di insolvenza,
deteriorato ancora di più la qualità creditizia dei clienti (attuali e
potenziali) delle banche, eccetera.
La liquidità
viene fornita dalle banche centrali al sistema finanziario, ma rimane quasi
tutta “intrappolata”, cioè tesaurizzata dagli istituti senza alimentare nuovo
credito e nuova domanda.
In questa
situazione, le banche centrali di Regno Unito, USA e Giappone hanno adottato
politiche “non convenzionali”, la più comune delle quali è il
cosiddetto “quantitative easing” (QE).
Il QE (“facilitazione
quantitativa”, ma si usa quasi sempre il termine inglese) consiste
nell’acquistare, da parte delle banche centrali, ammontari prestabiliti di
attività finanziarie a reddito fisso (titoli del Tesoro, obbligazioni
societarie, mutui ipotecari ecc.). Questi acquisti hanno l’effetto di aumentare
il prezzo delle attività finanziarie e quindi – data la relazione inversa tra
prezzo e tassi – di far scendere i tassi d’interesse di mercato delle categorie
di attività finanziarie oggetto di acquisto.
Il QE è in
effetti concepito come un’estensione (per quanto “non convenzionale”) della
normale politica di tasso d’interesse delle banche centrali. Se finanziare gli
istituti di credito a tasso zero non è sufficiente a riavviare la domanda,
mettiamo in mano soldi al mercato finanziario comprando attività finanziarie,
alzandone il prezzo e riducendone i tassi impliciti.
Si capisce bene
che questa politica entusiasma gli operatori di mercato finanziario, che
ottengono liquidità e aumento di valore della “merce” che trattano.
Ma il problema da
risolvere è un altro: la carenza di credito, di domanda e di produzione, in una
fase di economia depressa e di disoccupazione elevata. A questi fini, quanto è
utile il QE ?
La risposta è:
molto poco. Se l’economia è in trappola della liquidità, non solo le banche ma
tutti gli investitori finanziari hanno difficoltà ad espandere il credito e gli
investimenti nell’economia reale, per gli stessi motivi: carenza di domanda e
di capacità di spesa di consumatori e aziende, clima generale di sfiducia.
Alzare il prezzo
di mercato di un titolo obbligazionario fa molto piacere a chi lo possiede, ma
lo incentiva ben poco a finanziare investimenti e consumi.
In una
situazione di trappola della liquidità, occorrono politiche attive di sostegno
della domanda: i soldi devono andare direttamente
a chi li spende:
Ripristinando spesa sociale.
Sostenendo il
reddito dei ceti sociali disagiati (che hanno per definizione una propensione –
meglio, una necessità – di consumo molto alta).
Riducendo
imposte regressive (esattamente il contrario di quanto è avvenuto in Italia da
metà 2011 in poi).
Riducendo le
imposte sui redditi da lavoro, sia per la parte che grava sui lavoratori, che
per quella che incide sulle aziende (e così ottenendo un immediato recupero di
competitività internazionale).
Altrimenti
detto: non soldi alle banche e ai mercati finanziari, ma ai privati, alla spesa
sociale e alle aziende.
E tutto questo,
in situazione di domanda depressa e di inflazione molto bassa, può essere
finanziato direttamente mediante
emissione di nuova moneta. Non ci sono rischi di inflazione finché la
domanda e l’occupazione non sono ritornati a livelli normali, in linea con le
capacità del sistema economico.
Tutto molto
semplice: eppure si scontra contro un dogma radicatissimo nella mentalità degli
ambienti finanziari e politici tradizionali, l’indipendenza delle banche
centrali dal potere politico. Dogma che prescrive che gli interventi di
sostegno alla domanda (spesa o riduzione delle imposte) del sistema pubblico non debbano essere finanziati da
emissione di moneta – la banca centrale deve agire solo tramite interventi sul
mercato creditizio e finanziario.
Allo scopo, si
dice, di prevenire interferenze e distorsioni rispetto ai vincoli di mandato
della banca centrale. Ma essere indipendenti dal potere politico significa
essere svincolati dal controllo democratico, che con tutti i suoi limiti è
l’argine che evita a un centro di potere di diventare una tecnocrazia
autoreferenziale.
La soluzione della crisi passa attraverso il
superamento di questo dogma. Che significa ridare allo Stato il potere di
finanziare politiche attive di sostegno della domanda mediante emissione di
moneta. Anche nell’ambito di Stati legati da un’unione monetaria – unico
esempio mondiale, oggi, l’eurozona – dove gli Stati possono riacquistare autonomia
monetaria mediante l’introduzione di strumenti monetari propri (vedi i
Certificati di Credito Fiscale).
concordo al cento per cento GFC
RispondiEliminaCaro Cattaneo,dopo il suo post,sono incappato nel post di Keynes
RispondiEliminablog intitolato " Keynes e la macchina stampa soldi".
A conferma.....GFC
Eh sì, coincidenza aver parlato lo stesso giorno dello stesso argomento... il Maestro-di-tutti-noi Keynes anche qui aveva le idee chiarissime. I suoi epigoni meno: il pur ammirevole Krugman non sembra distinguere così bene tra soldi dati ai mercati finanziari e soldi che vanno direttamente all'economia reale...
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
Eliminasaluti a Branca....Johnny
EliminaBravo...! Il problema é la domanda,non l'offerta...e si incrementa con la leva fiscale e altri mezzi indicati nell'articolo.
RispondiEliminaIl QE comunque,pur essendo una misura temporanea ed emergenziale di stimolo,almeno stando ai dati,qualche effetto positivo su disoccupazione er ripresa in Usa e Giappone l'ha avuto.Certo la liquidità servirebbe maggiormente al sistema dell'economia reale e non a restare nel circuito finanziario.Non parliamo poi di quello della BCE,solo bancario...e con il sospetto di salvare certi interessi particolari.
La faccenda è che noi Italia,non possiamo stampare ed immettere un bel niente,nè controllare i tassi di interesse.E sappiamo tutti il perchè...
Questo bell'articolo l'abbiamo pubblicato sul sito della Federazione movimenti Antieuro
Paolo Tinti - https://www.facebook.com/groups/noeuropa/
e Johnny doe - www.stavrogin2.com
I CCF sono appunto il modo per emettere moneta senza uscire "a strappo" dal sistema euro.
EliminaCondivido la considerazione sul QE USA e giapponese, nel senso che della liquidità messa in giro, qualcosa all'economia reale filtra. Ma la scala è 1:10 o qualcosa del genere rispetto all'effetto che avrebbe indirizzarla direttamente su consumatori e aziende...
In Giappone tra l'altro la manovra è forse meno intermediata dal settore finanziario, e quindi anche più efficace. Dico forse, devo ancora approfondirne i dettagli.
A proposito di uscire dalla Ue,ti segnalo questa iniziativa:http://goofynomics.blogspot.it/2013/05/manifesto-di-solidarieta-europea.html
EliminaDi cui ancora mancano i dettagli operativi per giudicare,cosa non certo secondaria dati gli interrogativi che possono suscitare...vedremo quando ce li spiegheranno.
Non conosco bene i CCF di cui parli (vedrò di studiarli dal link di questo blog),ma io credo che dovremmo uscire dalla gabbia usuraia dell'euro in cui siamo.La illusoria speranza di un'Europa che faccia concorrenza a Usa,Cina...è illusoria,così come una unione politica.Noi comunque ci difenderemmo bene,come sempre abbiamo fatto,anche come Stato sovrano,propria moneta e cambio fluttuante....insomma ritornare alla struttura ante 1981
A proposito di uscita dall'euro,ti segnalo questa iniziativa : http://goofynomics.blogspot.it/2013/05/manifesto-di-solidarieta-europea.html....di cui ancora,per giudicare,mancano i dettagli operativi,cosa non indifferente datà la complessità della cosa.vediamo quando ce li spiegheranno.
RispondiEliminaNon conosco bene i CCF (ma approfitterò del link di questo blog per studiarli),ma io credo che dobbiamo comunque uscire da questa gabbia usuraia dell'euro.L'illusoria ipotesi che un'eropa unita faccia concorrenza ad Usa,Cina....è una utopia (e questo era uno dei motivi dell'Unione....degli altri e meglio non parlarne,talmente il fallimento è sotto i nostri occhi).
Noi comunque,come Stato sovrano,a propria moneta e cambi flessibili,ci difenderemmo bene,come sempre abbiamo fatto.Forse siamo l'unico paese a cui maggiormente converrebbe....tornare alla condizione ante 1981,una data sciagurata...saluti
L'obiettivo è assolutamente lo stesso: cambiare il sistema monetario europeo, che nella forma attuale sta causando enormi danni al tessuto economico e sociale. I CCF sono una modalità alternativa, a mio parere (sul piano politico e operativo) più facile da attuare rispetto al break-up.
EliminaIl QE è una espansione monetaria. Così come le assunzioni di stato sono un QE statale. Visto che professate lo statalismo per far ripartire la domanda è ovvio che è facile notare come lo "statalismo" non ha una garanzia di svalutazione in caso di crisi successiva come invece ce l'hanno le attività finanziarie. Essendo quindi fuori dal ciclo economico, è pericoloso per l'economia. E' di gran lunga migliore un welfare più economico per il singolo ma a vantaggio di tutti e non solo di una parte.
RispondiEliminaAssunzioni di stato ? statalismo ? qui si parla di 200 miliardi, di cui almeno 150 destinati a riduzioni di fiscalità (non a spesa pubblica), in funzione dei costi di lavoro e a beneficio sia dei lavoratori che delle aziende.
Eliminaok ma solo per aziende che non lavorano per lo stato. in caso contrario è una truffa che poi va a carico delle tasse su chi invece ha lavorato tra privati facendo girare i soldi e quindi reggendo l'economia.
EliminaMa abbassando la fiscalità a carico delle aziende diventeranno automaticamente più competitive: e la crescita di fatturato la otterranno nell'ambito del settore privato, non di quello pubblico.
Eliminacome fanno gli italiani a lavorare col privato (e non con lo stato) se tutti i servizi sono in mano allo stato? a parte pizzerie e gelaterie...
EliminaQuale che sia la situazione di partenza, se miglioro la competitività delle aziende immediatamente esporto di più e sostituisco importazioni con produzioni interne. E questo vuol dire crescita nel settore privato, non nel settore pubblico.
Eliminama le produzioni che ci chiedono all'estero sono tutte sotto licenze e "stron.....te" varie come dop doc igp. il mondo ci chiede tonnellate di queste cose e noi concediamo la licenza solo a poche decine. la colossale domanda di questi prodotti viene addirittura servita da finti prodotti italiani fatti all'estero. la gente ci chiede tonnellate di questi prodotti e noi impediamo per legge la produzione. pensi se in america la coca cola dicesse ok produco solo 100 litri al giorno con etichetta DOC.....hahahah che ridere....
EliminaL'Italia deve dichiarare default, accettare la troika e chiedere ufficialmente gli aiuti del fondo salva stati e accettare tutte le regole che i paesi avanzati già usano da anni. Basta con questa farsa del "salvarsi da soli" che sta devastando il paese.
EliminaL'Italia si salva da sola, senza problemi, ripristinando la sovranità monetaria. Gli aiuti sono condizionati ad ulteriore austerità e se salvano qualcuno sono i creditori: non certo i paesi i cui vengono "concessi".
EliminaGli aiuti non sono condizionati ad austerità sono condizionati a segare la spesa pubblica folle tenuta in piedi da tasse che stanno distruggendo mezza Italia che lavora.
EliminaMa ridurre la spesa pubblica è una forma di austerità. Intendiamoci, a me ridurla potrebbe anche andare bene se le tasse calassero in MISURA MAGGIORE. Ma allora non servirebbe nessun aiuto, basterebbe la garanzia BCE sul finanziamento del maggior (temporaneo) deficit. Garanzia che di fatto ormai c'è, ma non serve a far ripartire l'economia se non si permette al saldo tra spesa pubblica e prelievo fiscale di aumentare. Questo non lo si consente, e verrebbe richiesto esattamente l'opposto (RIDUZIONE del saldo spesa / tasse) se venissero richiesti ed erogati gli aiuti.
Eliminaridurre la spesa pubblica è austerità per chi lavora nel pubblico o con il pubblico ma non per chi lavora nel privato che avrà meno tasse come appunto sottolinea lei. gli aiuti bce servono solo se vanno al privato senza passare per lo stato.
EliminaStampare i soldi dal nulla è proprio il motivo che ha fatto scoppiare la crisi, nel lontano 1971. Volete risolvere la crisi con lo stesso mezzo che l'ha causata?
RispondiEliminaStiamo parlando di un'altra crisi...
EliminaTroppo logico ed intelligente per essere capito !!
RispondiEliminaClaudio Zanasi
Ciao Claudio :) !
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