Fossi un cittadino
britannico, avrei votato per l’uscita, per una ragione molto semplice: il
progetto di integrazione UE è fallimentare, e anche se il Regno Unito – grazie al
fatto di essere fuori da Maastricht, da Schengen e dal Fiscal Compact – subisce
le conseguenze di questo fallimento in misura molto inferiore rispetto (per
esempio…) all’Italia, non vedo l’utilità di rimanere associati a una
costruzione in pieno sfaldamento.
Detto questo,
posso capire che sulla base di valutazioni strettamente opportunistiche e di
breve termine la scelta del Remain fosse difendibile. Ridefinire un sistema di
accordi commerciali, di circolazione delle persone e di cooperazione economica
è complesso e richiede tempo. Sono convinto che verrà fatto senza particolari
effetti distorsivi né inefficienze (rispetto alla situazione odierna, quanto
meno). Però si poteva sicuramente valutare – e molti Remainers senz’altro
avranno ragionato così – che in termini di stretta convenienza, per il Regno
Unito le ricadute negative di essere nella UE (ma non in Maastricht, non in
Schengen, non nel Fiscal Compact) non giustificassero le complicazioni del
passaggio Brexit.
Tuttavia, pur rispettando
queste argomentazioni, avrei votato Leave perché dover affrontare alcune complicazioni non
giustifica - come alternativa - accettare di ridurre spazi di democrazia – e la UE è un’istituzione
la cui antidemocraticità si definisce sempre più chiaramente.
Dal punto di vista
di chi nella UE ci rimane, e in particolare dell’Italia e degli altri Stati
membri dell’Eurozona, sarebbe auspicabile che il Brexit fosse un punto di
svolta per correggere le paurose disfunzioni dell’Eurozona: patti di stabilità, Fiscal Compact, regolamentazione bancaria eccetera. Francamente non me lo
aspetto. L’incapacità di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte di comprendere e correggere l’impostazione
del sistema è stata fin qui totale, e segnali di ripensamento non ne vedo.
Gli scenari di
possibile soluzione del problema mi sembrano essere i due seguenti. Azioni
unilaterali di singoli Stati, che correggano l’inefficienza del sistema senza
sfasciarne l’architettura: e in merito al tema euro, il progetto CCF è in grado di
ottenere questi risultati.
Oppure, la UE che
perde altri tasselli – Francia, Olanda, Italia, Austria, paesi dell’Est ? –
avviando, nei fatti, un processo di scioglimento. Al termine del quale una cosa
che si chiama UE potrebbe anche continuare a esistere, ma limitata a un sistema
di accordi commerciali e di cooperazione economica. La vecchia CEE, per
intenderci.