sabato 20 gennaio 2018

Prodi non è Garibaldi

Qualche tempo fa, un commentatore argomentava che non è giusto prendersela con Prodi per aver portato l’Italia nell’euro. La moneta unica europea è stata costruita e gestita in modo decisamente sbagliato, certo. Ma sarebbe (questa era la tesi) come criticare Garibaldi perché l’Italia poteva essere unificata meglio.

A chi ha formulato questo parallelo sfuggono, mi pare, alcune differenze di grande rilievo.

Le vicende dell’Italia post unificazione hanno molte luci e molte ombre, molto di buono e molto di cattivo. Com’è normale per la storia di qualsiasi nazione.

Si può sostenere che l’Italia andasse costruita in un altro modo. Che dovesse nascere repubblicana come sosteneva Mazzini, o federale come voleva il mio illustre omonimo.

Si può perfino pensare – non è la mia opinione, ma rispetto chi la pensa diversamente – che i siciliani sarebbero stati meglio rimanendo con i Borbone, e i veneti con gli Asburgo.

Però l’Italia è stata una grande realizzazione, e ne sono nate grandi cose. Nel male ma anche e (io penso) soprattutto nel bene. E chi la vede diversamente non può, comunque, presumere che i difetti di costruzione del futuro Stato italiano fossero prevedibili quando i Mille sbarcavano a Marsala.

Non era chiaro, per esempio, che adottare una moneta comune fosse deleterio per il Sud, perché le differenze economiche tra le due parti della nazione non erano evidenti. Con ogni probabilità il gap si è creato successivamente, e le politiche sabaude nei confronti del Meridione ne hanno grandi responsabilità. Ma poteva essere ovvio tutto questo a Garibaldi, nel 1861 ?

Quanto all’euro, invece…

L’euro è una costruzione priva di qualsiasi senso economico, che esponeva l’Italia a due gravissimi rischi: la perdita di competitività delle proprie aziende costrette ad adottare una moneta strutturalmente più forte rispetto ai fondamentali della sua economia; e la trasformazione di un debito in moneta propria (un non-debito, in realtà) in debito in moneta straniera.

Tutto questo era sotto gli occhi di chiunque, negli anni in cui si concepiva e poi si firmava il trattato di Maastricht.

Lo stesso Prodi del resto ne era perfettamente conscio, e a quanto ha affermato lui stesso, il suo fu un atto di fede nel fatto che una futura crisi avrebbe spinto ad adottare i provvedimenti necessari a risolvere le disfunzioni del sistema.

Ma quali garanzie esistevano che questo sarebbe avvenuto ? nessuna, come si è visto.

Quanto all’idea che l’euro avrebbe condotto all’unificazione politica europea, ammesso e non concesso che sia un obiettivo di per sé desiderabile, c’era chi ammoniva con grande lucidità e chiarezza che un’unione monetaria gravemente disfunzionale avrebbe allontanato, non avvicinato, il traguardo.

Se il problema di Prodi & C. sia stata l’incompetenza, la collusione con interessi esterni, l’autoillusione, le prospettive di carriera che si spalancavano, o altro ancora, lo lascio alla riflessione di chi legge.

Ma l’errore è stato catastrofico, e le premesse perché tale si rivelasse c’erano tutte. Per l’Italia, sui due piatti della bilancia c’erano rischi enormi ed evidenti da un lato, e nessun beneficio apprezzabile dall’altro.

La storia sarà durissima nel giudicare “le conseguenze economiche del signor Prodi” – e quindi Prodi stesso. Perché purtroppo queste conseguenze tante, troppe persone le vivono e le subiscono quotidianamente e tragicamente.


21 commenti:

  1. Gentile Marco conosce il Prof. Alain Parguez ? Post keynesiano, mmt ex consigliere economico di Mitterand, conosce personalmente Attali, e parlò addirittura con Von Hayek. Nel suo libro https://www.amazon.it/predatore-nascosta-delleurozona-sfuggire-precipizio/dp/886832010X parla di come fu costruito l'euro e dei motivi storici ideologici e socioeconomici di questa follia. Parla anche di Prodi e certamente ne viene fuori che quest'ultimo non è stato un povero ingenuo. Comunque il libro di Parguez è molto interessante. Parla anche del piano Funk e analisi economica della Germania nazista e Vichy. Il prof. ha collaborato con colleghi storici francesi che hanno fatto luce sulle origini del progetto europeo (di cui la moneta unica è solo uno degli ultimi tragici passaggi) e le loro fonti sono ben solide. Sono andati a rovistare negli archivi storici del Congresso Usa solo per dirne una.

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    1. Non ho letto il libro ma conosco le tesi di Parguez. Spero che ci siano delle esagerazioni. Però gli eventi di questi ultimi anni non hanno fornito molti elementi per smentirle...

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    2. Sicuramente il Prof ci và giù pesante, ma se solo le confessioni private di Attali e Hayek e di altri burocrati francesi tipo Postel-Vinay sono vere.. Tutto fa pensare che quello che accade (soprattutto in Grecia) sia voluto e sia frutto di follia ideologica. In fondo se ci pensiamo, nella Storia di follie ce ne sono state moltissime. Questa è solo l'ultima e le vittime sono i popoli europei!

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    3. Follie ce ne sono state, ma a questo livello di pianificazione minuziosa e con orizzonti pluridecennali faccio fatica a crederlo. Credo che l’incompetenza e l’opportunismo abbiano giocato un ruolo almeno altrettanto importante. Posso sbagliarmi, beninteso.

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    4. Senz'altro hanno avuto anche quelle un ruolo importante, certo. I politici attuali soprattutto non sono certo statisti che difendono interessi nazionali specie in Italia

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  2. Dimenticavo una cosa: sicuramente è un fatto che i trattati europei (Maastricht e successivi) ricalchino per filo e per segno l'impostazione socioeconomica tedesca di Von Hayek Von Mises Funk e francese di Perroux Rueff e compagnia bella.

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    1. Su Hayek si potrebbe discutere. Era ideologicamente contrario all'espansione del ruolo decisionale dello Stato, ma non per trasferirlo a una superburocrazia ipercentralizzata. Ed era a favore delle monete in libera concorrenza tra di loro, l'antitesi della moneta unica sovranazionale.

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    2. Dovevo specificare meglio: Hayek riguardo il mercato ordoliberista più che la moneta unica (che infatti secondo Parguez ha origine francese. Da Perroux fino ad Attali). Grazie per lo scambio è un piacere parlare con lei.

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  3. Vi è un'altra ragione terribile che depone contro l'operato di Prodi : è l'esperienza dello SME. Se c'era qualcuno che pensava funzionasse, dopo la prova pratica dello SME era evidente che non potesse funzionare..... gli Inglesi lo capirono chi governava l'italia no. In più chi governava l'Italia era un prof di economia!!!!

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    1. Sì, è incredibile che dopo quell'esperienza non si sia capito che un sistema rigido per l'Italia era pericolosissimo. Bisognava continuare con il cambio flessibile... e questi ti vanno a fare l'unione monetaria con la Germania !!

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  4. A libertarian Eurosceptic: Soprattutto, Garibaldi era un uomo d'armi incaricato di occupare i territori richiestigli; un braccio, non la mente. Prodi è parte dell'élite che ha pianificato le strutture in cui ci ha condotto, e di cui ha sempre mostrato di conoscere bene le conseguenze.

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  5. Follow the money". L'Europa e'un progetto dirigista che, soprattutto nel suo strumento principale, la moneta unica, ci dimostra come il potere economico riesce a dominare il potere di rappresentanza della politica.
    Basti pensare che i trattati europei sono stati influenzati dalle principali lobbyes economiche come Europe Businnes ed ERT. Quindi con questi presupposti, almeno dal mio punto di vista, nessuna giustificazione per Prodi, x i vertici del PD e x tutti quei figuranti dei partiti minori pro-Europa come la Bonino.

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    1. E se invece fosse stata incompetenza e non collusione, non sarebbe un'attenuante, anzi...

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  6. COME RILANCIARE L'ECONOMIA
    di Lorenzo Toglia*(Gia dirigente presso il Dipartimento del Tesoro del MEF)

    Leggo stamane sul Corriere della Sera che Berlusconi ha inserito nel programma elettorale la dismissione di beni pubblici per abbattere il debito pubblico. Ciò mi conforta poiché da vari anni propongo la stessa cosa.
    Qualche mese fa anche l’amministratore delegato di Banca Intesa Carlo Messina ha rilasciato un’intervista la necessità di vendere una parte del patrimonio immobiliare pubblico per avviare l’auspicato risanamento dei conti pubblici ed il conseguente rilancio dell’economia.
    La proposta del dr. Messina, pur essendo esposta sinteticamente, appare, nelle modalità di attuazione, non convincente poiché, se si dovesse vendere all’asta il patrimonio pubblico (come si deduce dall’articolo), sarebbero pochi i compratori in grado di poter acquistare stabili di enorme cubatura e, conseguentemente, di prezzo elevato. Essi pertanto si coalizzerebbero per far andare deserte le aste fino a far crollare i prezzi. Inoltre, beneficerebbero soltanto loro dell’azione di valorizzazione degli immobili e le operazioni di vendita sarebbero molto lunghe, poiché l’offerta di milioni di metri quadri sul mercato contemporaneamente causerebbe la depressione del livello dei prezzi.
    Peraltro, la mancanza di un piano organico delle dismissioni potrebbe portare a destinazioni d’uso improprie di beni di grande valenza culturale.
    La proposta che qui si avanza invece consiste nel privatizzare il patrimonio immobiliare pubblico per circa 500 (1) miliardi di euro (cifra quantificata in due studi giacenti presso il MEF), con le modalità appresso descritte.
    D'altronde privatizzare non significa necessariamente lasciare ai privati la gestione del patrimonio.
    Infatti, con i fondi di investimento nei quali potrebbe confluire il patrimonio, la gestione potrebbe far capo ad un’apposita società - SGR, società di gestione del risparmio vigilata dalla Banca d’Italia - di proprietà pubblica.
    Questa cifra rinveniente dalla privatizzazione, posta in detrazione dallo stock di debito pubblico, genererebbe:
    - risparmio di almeno 12 miliardi circa di euro per interessi passivi all'anno sul debito pubblico, subito utilizzabili;
    - risparmio di altri 20 miliardi circa di euro per interessi passivi all'anno sul debito, a regime, per effetto del quasi azzeramento dello spread, dovuto al fatto che il rapporto debito/PIL sarebbe quasi equivalente a quello tedesco (grazie all’abbattimento del debito e all’incremento del PIL) e quindi anche i tassi sui nostri titoli pubblici si allineerebbero verso quelli tedeschi;
    - investimenti per circa 150 miliardi, provenienti dal sistema bancario-finanziario (anche dall’estero), per la ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare ex pubblico.
    La cifra di 30 miliardi di interessi risparmiata ogni anno può essere utilizzata per stimolare la domanda interna di beni (causa primaria della crisi), e la riduzione della pressione fiscale. Ciò, insieme ai circa 40 miliardi derivanti dai tagli alla spesa pubblica improduttiva (spending revue) consentirebbe il riavvio delle linee di produzione ferme con l'assorbimento di buona parte dei cassintegrati, e la creazione di nuove imprese e di nuovi occupati. Ex cassintegrati e nuovi occupati, a loro volta, contribuirebbero a far lievitare la domanda di beni, innescando quel ciclo di crescita economica da tutti auspicato.
    Lorenzo Zanellato

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    1. Eh, ancora la storia del megafondo patrimoniale per ridurre il debito. Non funziona, ecco perché.

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  7. Mi chiedo perchè lo stato debba avere un patrimonio e un debito tartassando i cittadini, quando essi si potrebbero annullare abbassando la pressione fiscale. Io mi sento più ricco a possedere direttamente una casa, non se la possiede lo stato. Non si capisce perchè se lo stato ha un debito non è un problema, mentre se lo stato ha un attivo allora i cittadini si debbono sentire più ricchi. E' una visione molto ideologica quella che hanno i post comunisti nostrani, perchè ammettetelo siete e rimanete comunisti. Poi leggere che invece si vuole emettere moneta per far diventare più ricchi i cittadini, beh siamo alla follia.
    Tramite economista finanziario
    Lorenzo zanellato

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    1. Se lo Stato ha un attivo i cittadini sono più ricchi a condizione che quell'attivo venga utilizzato per fini di comune utilità, vedi per esempio il caso di un ospedale o di un ponte.

      Il debito non è un problema se è espresso in moneta propria e se non viene alimentato con immissioni di potere d'acquisto (deficit pubblico) tali da produrre inflazione eccessiva o peggioramenti nei saldi commerciali esteri. Ma finché le emissioni mettono al lavoro persone e aziende sottoutilizzate, non ci sono problemi ma solo vantaggi.

      Per una spiegazione circostanziata di questi temi, vedi qui.

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    2. Pardon: "finché le IMmissioni mettono al lavoro persone e aziende sottoutilizzate".

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  8. E se lo stato ha immobili inutilizzati e quote di aziende che non c'entrano nulla con il fine pubblico?

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    1. Quelli vanno ceduti e i proventi utilizzati per finalità pubbliche. Ma la vendita deve avvenire alle migliori condizioni, quindi non quando l’economia è depressa - altrimenti, si svende.

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