domenica 29 agosto 2021

Deficit e debito pubblico non impoveriscono l'economia nazionale

 

Occorre sgombrare il campo da alcune affermazioni insensate che purtroppo ancora orientano (anche se per fortuna meno che in passato) il dibattito economico, nel nostro paese e altrove.

In particolare, si sente tuttora dire che il deficit e il debito del settore pubblico costituiscono gravami per l’economia di un paese.

L’affermazione è sbagliata, e la ragione fondamentale è che il deficit del settore pubblico è l’eccesso della spesa del settore pubblico medesimo, rispetto al prelievo fiscale. Questo eccesso di spesa, per evidenti ragioni contabili, si tramuta in un saldo positivo a disposizione del settore privato. Se il pubblico spende più di quanto tassa, il privato riceve più di quanto paga: incrementa, quindi, i suoi redditi e i suoi risparmi.

Il deficit pubblico PUO’ rappresentare un problema ma SOLO in presenza di una di queste due situazioni: l’immissione di potere d’acquisto nell’economia crea (a) livelli di inflazione indesiderata, OPPURE (b) scompensi nei saldi commerciali esteri (il potere d’acquisto immesso dal settore pubblico defluisce verso l’estero).

L’Italia NON soffre oggi di nessuna di queste due situazioni: l’inflazione è da una decina d’anni inferiore alle medie dell’Eurozona, nonché ai target BCE; la NIIP (Net International Investment Position) è positiva; i saldi commerciali con l’estero sono, dal 2014 in poi, positivi per ammontari annui di 40-60 miliardi, tendenti a crescere.

In tutti questi anni, in altri termini, maggiori deficit pubblici avrebbero generato un ARRICCHIMENTO per il paese, senza controindicazioni. Avrebbero messo a disposizione del settore privato nazionale capacità di spesa, senza innalzare l’inflazione a livelli indesiderati (anzi, casomai l’avrebbero avvicinata ai target BCE), e senza creare scompensi nei conti con l’estero.

Quanto al debito pubblico, un paese che emette la sua moneta non ha bisogno di emettere debito per finanziare la spesa del suo settore pubblico. Spende, semplicemente, accreditando le controparti tramite i suoi conti correnti presso l’istituto di emissione.

In questo modo, come visto, immette risparmio finanziario nell’economia. L’emissione di debito pubblico è un servizio offerto al settore privato per impiegare, in un investimento a basso rendimento ma sostanzialmente privo di rischio, il risparmio stesso. Non ha però una necessità logica; è un evento successivo, che potrebbe anche non aver luogo.

La gravissima disfunzione dell’euro consiste proprio nell’aver spossessato gli Stati membri dalla possibilità di effettuare spesa pubblica netta senza passare tramite il collocamento di debito presso i mercati finanziari; e di averli costretti ad emettere debito in una moneta di cui nessuno degli Stati membri ha il controllo.

Gli Stati sono quindi costretti a utilizzare, come canale pressoché esclusivo di finanziamento dei deficit, un debito che incorpora un rischio di default che in circostanze normali (emissione di moneta sovrana) non sarebbe esistito.

Si tratta di una disfunzione pesantissima perché impedisce, in varie circostanze, agli Stati di effettuare politiche economiche anticicliche. Ne segue il rischio – già concretizzatosi in passato – di aggravare in modo disastroso situazioni di difficoltà economica che adeguate politiche anticicliche avrebbero consentito di superare rapidamente.

lunedì 23 agosto 2021

Sicurezze & sicumere

 

Sono spesso colpito (mi veniva da dire affascinato) dalla sicurezza con cui commentatori variamente (diversamente ?) qualificati esprimono opinioni su vaccini, talebani, contagi, geopolitica mediocentrorientale, euro, fisco, immigrazione, climate change e tanti altri argomenti.

Non dal fatto che abbiano una specifica opinione su UN argomento, ma che l’abbiano su TUTTI, e che affermino perentoriamente che “bisogna credere agli esperti che affermano quello e smentiscono quest’altro”.

Il problema di affidarsi agli esperti è saper distinguere chi lo è veramente da chi magari no. Perché persone con titoli accademici e professionali e CV più o meno lunghi spesso dicono cose in contrasto tra loro.

Io credo che sia necessario restare all’interno del proprio circolo di competenza (cit. Warren Buffett), che per lo più comprende al massimo UNO di questi argomenti.

Nel mio caso è l’economia: riguardo alla quale faccio leva su quarant’anni tra università, esperienza professionale e ricerca autonoma (pur non essendo io né un docente né un ricercatore accademico).

Quanto parlo di alcuni temi economici mi sento di essere assertivo. Su tutto il resto leggo, rifletto, mi informo, ma opinioni ferme, per non dire perentorie, proprio non ne ho.

Certo rimango perplesso e anche un filo divertito da chi trancia giudizi netti ora su questo ora su quello. Coprendo tutti i temi. E dicendo però totali scemenze sui pochi argomenti ove io mi autoriconosco competenza per giudicare. Come in particolare la macroeconomia.

Mi viene difficile, ad esempio, prendere sul serio qualcuno che si beve la propaganda euroausterica e nello stesso tempo SA, SENZA ALCUN DUBBIO, se i vaccini sono indispensabili o no, se i lockdown erano necessari o no, dove ci porterà il climate change da qui a trent’anni, cosa dovrebbero (o avrebbero dovuto) fare in Afghanistan gli USA, la NATO, la UE, l’Italia - eccetera.

Al massimo, arrivo a dar credito (pur senza poter avere certezze) a persone che non parlano a vanvera di temi che non conoscono, ma dicono con pacatezza la loro su argomenti in merito ai quali appaiono seriamente informati.

Se ad esempio il direttore di un centro vaccini – che su altre questioni si informa e pone domande intelligenti, ma non sputa sentenze – con pacatezza dice che i vaccini anche se non eliminano il contagio lo riducono sensibilmente, io non ho la competenze per esserne sicuro, ma tendo, appunto, a fidarmi.

Oltre, non vado. E non suggerisco di andarci.

 

mercoledì 18 agosto 2021

Una differenza tra spesa pubblica e spesa privata


In merito alla (erronea) equivalenza tra bilancio pubblico e bilancio privato, riflettete un po’ su quanto segue.

Se un soggetto privato – un individuo, un’azienda, una famiglia – spende, si ritrova con SOLDI IN MENO. 

Se il settore pubblico di un paese spende, il paese medesimo si ritrova invece con SOLDI IN PIU’ (alla sola condizione che i soldi non vengano destinati all’acquisto di beni o servizi di produzione estera). A fronte della spesa, vengono prodotti beni o servizi; MA NON SOLO: il produttore dei medesimi beni o servizi si ritrova con più reddito e con più risparmio.

Se la spesa pubblica netta aumenta per effetto di maggiori trasferimenti o minori tasse, non c’è invece (nell’immediato) maggiore produzione di beni e servizi, ma comunque si verifica un incremento di reddito e di risparmio da parte dei soggetti privati che ricevono i trasferimenti o beneficiano delle minori tasse; che presumibilmente con quel risparmio spenderanno di più in acquisto di beni e di servizi di nuova produzione.

Il paese nel suo complesso si ritrova con SOLDI IN PIU’, ma non è per questo vero, tuttavia, che il suo settore pubblico si debba trovare con debiti in più. Questo avviene solo se il settore pubblico rinuncia ad emettere moneta (bene che può essere prodotto a costo zero). Rinuncia che non ha motivazioni economiche sensate.

La spesa pubblica netta NON può per questo essere espansa all’infinito: ma i vincoli sono la disponibilità di risorse produttive (se sono sature, non potranno essere prodotti beni o servizi in più se non riducendo la produzione di altri) e i saldi commerciali esteri.

Al contrario, NON è un vincolo nessun predeterminato livello di deficit o di debito del settore pubblico. A meno che, appunto, il settore pubblico del paese abbia cessato di emettere moneta, e/o abbia deciso di indebitarsi in moneta estera: come è avvenuto dall’introduzione dell’euro in poi.

Quest’ultima è la disfunzione che va corretta.

 

mercoledì 11 agosto 2021

Senza eccesso di domanda non c’è inflazione

 

Cerco (non per la prima volta) di fare un po’ di chiarezza sull’equivoco della cosiddetta “inflazione da costi”. Equivoco perché l’inflazione da costi, nel senso in cui la si intende comunemente, NON ESISTE.

Quando parlo di inflazione, intendo una crescita media, persistente, dell’indice dei prezzi al consumo. NON intendo la crescita di un singolo bene o servizio.

Bene. Se il costo di determinati fattori produttivi aumenta, è intuitivo attendersi che si verifichi un impatto sull’indice dei prezzi, giusto ? poche settimane fa, un CEO mi diceva “ho incrementato i listini del 10%, mi riesce facile giustificarlo dato che materie prime e componenti sono salite così tanto”.

Come giustificazione funziona, certamente, e il comportamento di quel CEO è del tutto normale.

Però, pensateci un attimo. I clienti finali accettano prezzi più alti perché anche la LORO domanda / capacità di spesa è in crescita. Altrimenti non ci starebbero, semplicemente perché il loro conto economico non reggerebbe gli incrementi di costo.

Un’azienda che paga più cari gli input produttivi ma che non beneficia di una crescita di domanda per i SUOI prodotti, non è in grado di alzare i prezzi. Semplicemente, vede i margini comprimersi.

E se il mio prodotto è indispensabile per la clientela ? se il cliente non ha alternative ?

Se non ha alternative pagherà di più, ma se la domanda globale nell’ambito dell’economia è statica, si pagheranno di più certi beni e certi servizi MA SI AVRANNO MENO SOLDI PER ALTRI: quindi avremo crescita per i prezzi finali dei prodotti A, B, C ma calo per D, E, F. E l’indice GENERALE dei prezzi non salirà.

Non basta la crescita di prezzo di materie prime o componenti. Non basta neanche la svalutazione del cambio. L’inflazione si alza solo se cresce la domanda generale nell’ambito del sistema economico, il che richiede che aumenti la disponibilità di potere d’acquisto, di strumenti di pagamento. E che aumenti in presenza di capacità produttiva sostanzialmente satura: altrimenti la maggiore domanda è compensata da maggiore offerta (produzione) e non c’è impatto rilevante sui prezzi finali.

Finché la domanda è depressa, finché rimane fortemente inferiore alla capacità produttiva, potrete avere tutte le crescite di costi che volete: l’inflazione GENERALE, l’indice MEDIO dei prezzi al consumo, non salirà.

 

sabato 7 agosto 2021

La menzogna del deficit che impoverisce

 

Non so se vi rendete pienamente conto di quanto sia colossale la bugia dell’”impoverimento del paese a causa dell’alto livello di debito pubblico”.

Cos’è il debito pubblico ? la risposta tipica è “la somma dei deficit cumulati nel passato”. Ma in realtà uno Stato non dà origine a un deficit di bilancio emettendo debito. Il deficit è la differenza tra spesa pubblica e prelievo fiscale. Questa differenza rimane in tasca al settore privato e lo Stato PUO’ (ma non necessariamente DEVE) emettere debito e offrirlo al settore privato medesimo, in cambio dei soldi che i privati si sono ritrovati in tasca.

Ciò premesso, se come detto il deficit pubblico nasce da uno Stato che spende più di quanto incassa, questo fenomeno comporta un impoverimento per la collettività ?

NO. Si tratta di una modalità per immettere moneta, quindi capacità di spesa, altrimenti detto potere d’acquisto, nell’economia. Se lo Stato spende più di quanto incassa, qualcuno incassa più di quanto paga in tasse. Questo “qualcuno” è più RICCO in termini nominali, non più povero.

Naturalmente, “più ricco in termini nominali” non vuol dire necessariamente “più ricco in termini reali”. Ma questo dipende dall’inflazione, non dal livello di deficit e/o di debito pubblico. E in Italia l’inflazione è troppo bassa (cioè sotto i target BCE) da DIECI anni. Come si può affermare che un maggior deficit avrebbe impoverito il paese, se non esisteva eccesso di inflazione ? se anzi, al contrario, la BCE cercava disperatamente, senza riuscirci, di AUMENTARE l’inflazione ?

E il debito pubblico ? il debito, come visto, non è affatto necessario emetterlo e collocarlo sul mercato, se lo Stato utilizza la SUA moneta. Il debito pubblico è un’opportunità offerta a chi si trova in tasca moneta, quindi risparmio, di ottenere una remunerazione.

Non c’è necessità di offrirla, questa remunerazione. Si può decidere di farlo, ma è una scelta del tutto discrezionale, che le autorità pubbliche possono effettuare – ma anche no.

In sintesi:

Se un paese usa la moneta che emette, il deficit pubblico può essere un problema per il suo impatto inflattivo, NON per il suo livello numerico.

E il debito pubblico non è affatto necessario emetterlo. E se lo emetti decidi TU che tasso d’interesse concedere. E questo tasso lo paghi nella TUA moneta. Che non è una risorsa scarsa, quando lo Stato dispone della potestà di emissione.

Il debito pubblico non comporta nessun impoverimento del paese. Genera spesa per interessi, ma è una scelta del tutto discrezionale allocare ai risparmiatori una quota di risorse economiche. Non è in nessun modo qualcosa di necessario al funzionamento dell’economia.

Il debito pubblico è un vincolo finanziario, per l’Italia, solo perché si è SCELTO che lo sia, emettendolo in una moneta straniera (l’euro), sopravvalutata per i fondamentali della nostra economia. E una moneta straniera effettivamente è (al contrario della moneta nazionale) una risorsa scarsa, che l’Italia potrebbe non riuscire a reperire in quantità adeguata.

Di tutto questo, non esisteva alcuna necessità economica. Nessuna. Zero.

 

lunedì 2 agosto 2021

“La moneta o è scarsa o è troppa” ? un’ennesima assurdità euroausterica

 

Discutendo con gli euroausterici, l’obiezione forse più ricorrente – e forse più insensata – che si sente formulare è che utilizzare l’espansione fiscale finanziata con moneta propria implica con ogni probabilità, per non dire NECESSARIAMENTE E AUTOMATICAMENTE, di esagerare, aprendo quindi le porte all’inflazione incontrollata.

In sintesi: o sei la Germania (quella ordoliberista del secondo dopoguerra, non quella di Weimar) o sei l’Argentina (per non dire lo Zimbabwe o il Venezuela). Il giusto mezzo o una situazione comunque ragionevolmente equilibrata non c’è, non esiste, non è possibile. I governi PER DEFINIZIONE si comportano male, sempre eccedendo sul piano del lassismo, mai viceversa.

Come dire, se stai morendo di sete non puoi bere un bicchier d’acqua. Motivo ? perché lo zio acquisito di tuo cugino ottant’anni fa si è ubriacato di vodka.

Già questo dovrebbe far comprendere la “solidità” dell’obiezione. Ma c’è di più: sbagliare per difetto è molto più pericoloso che sbagliare per eccesso, perché se l’obiettivo d’inflazione è il 2%, sbagliare di quattro punti in meno (cioè produrre una deflazione del 2% su base annua) comporta effetti devastanti sull’economia. Mentre quattro punti in più (6%) sono una situazione non ideale ma assolutamente gestibile. La valutazione degli scostamenti dovrebbe quindi essere molto più benevola per quelli inflattivi che per quelli deflattivi.

Tra le proposte di revisione dei meccanismi di governance dell’Eurozona, per inciso, una proposta che avrebbe senso – ma che salvo mi sia sfuggito qualcosa non sento formulare da nessuno – è di legare i livelli di deficit pubblico dei vari Stati membri all’inflazione.

Se è vero, come è vero, che da una decina d’anni l'inflazione italiana è INFERIORE a quella tedesca (nonché ai target BCE), l’Italia dovrebbe essere autorizzata e anzi SPRONATA ad aumentare i deficit di bilancio pubblico. E la BCE dovrebbe farsene garante e ringraziare pure, per il contributo fornito al raggiungimento dei target d’inflazione.